I crimini di guerra sono violenze oggettive o colpe ‘variabili a protagonisti’?

da Remocontro

L’Onu chiede una inchiesta internazionale sulle fosse comuni scoperte nei due principali ospedali della Striscia di Gaza. L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ha sottolineato la necessità di «indagini indipendenti, efficaci e trasparenti nel clima prevalente di impunità».

«Le fosse comuni sedimentano l’orrore nell’immaginario globale», denuncia Chiara Cruciati sul Manifesto. Ma non tutte le fosse comuni sono eguali. Anche l’orrore è dispari. Quella di Bucha, in Ucraina, resterà nell’immaginario europeo grazie ai leader politici che vi hanno fatto visita. «Quelle di Gaza no. Quelle di Khan Younis e dello Shifa no. Sui giornali non si trovano, se si trovano sono messe in dubbio: erano combattenti, è un video posticcio, forse è stata Hamas».

La fossa comune trovata al Nasser Hospital

Domenica un bombardamento israeliano su Rafah ha ucciso sedici bambini e sei donne. Nelle stesse ore veniva alla luce una nuova fossa comune, all’ospedale Nasser di Khan Younis, dopo il lungo assedio israeliano terminato il 7 aprile: 283 corpi dentro buste di plastica, molti legati, tanti uccisi da distanza ravvicinata, probabilmente giustiziati. Donne, bambini, anziani.

I dettagli dell’orrore, Michele Giorgio

«Vorrei dargli una sepoltura degna e pregare sulla sua tomba, solo questo», diceva una donna affacciata sulla fossa comune accanto all’ospedale Nasser di Khan Younis. Parlava del figlio 21enne scomparso da due mesi nella zona del complesso medico occupato dalle truppe israeliane nelle scorse settimane. Ma non potrà identificarlo. Troppi giorni dall’assassinio, corpi gettati e coperti dalla terra. Recuperato, quello che resta dei corpi viene subito avvolto in sudari e portato via. Ieri ne sono stati recuperati altri 73, da tre fosse comuni. In quella più grande, scoperta sabato, sono stati trovati 210 cadaveri di giovani, donne e anziani.

Criminali di guerra

«Alcuni dei trucidati erano ammanettati e spogliati, altri sono stati giustiziati a sangue freddo», colpo alla nuca modello mafioso (o peggio), ha detto un medico del Nasser accusando l’esercito israeliano di aver cercato di «nascondere i suoi crimini seppellendo frettolosamente i morti». La stessa accusa rivolta a Israele dalle squadre della Protezione civile che nei giorni scorsi hanno recuperato i corpi di circa 300 persone uccise dentro e intorno all’ospedale Shifa di Gaza city.

Khan Younis, altre fosse comuni

«Ci aspettiamo di trovare altri 200 corpi nelle fosse comuni di Khan Younis», la previsione, ma il calvario di quello che resta della città non è terminato. Nella parte orientale della città ridotta in macerie, ieri sono rientrate all’improvviso le truppe israeliane mettendo in fuga le famiglie tornate da pochi giorni nelle poche abitazioni ancora in piedi. Sono scappate ad Abasan oppure hanno raggiunto i rifugi dell’Onu già pieni di sfollati.

Bombe anche su Rafah

Un milione di sfollati attendono l’assalto di Israele. Netanyahu due giorni fa ha annunciato l’avvio di operazioni militari a Gaza come unica strada per «distruggere Hamas e riportare a casa gli oltre 100 ostaggi israeliani». Tra domenica e lunedì i raid aerei hanno uccisi 22 civili e numerosi bambini nella zona di Rafah. Morti e feriti anche a Bureji e Shujayeh (Gaza city). I medici dell’ospedale degli Emirati hanno fatto venire alla luce un bimbo con un taglio cesareo sulla madre, uccisa da un raid aereo. Un bambino nato già orfano.

Cisgiordania Far West delle bande di Coloni

In Cisgiordania, almeno 14 palestinesi uccisi durante la lunga incursione dell’esercito israeliano nel campo profughi di Nur Shams e in alcune aree della città di Tulkarem. Cadono nel vuoto le proteste per i raid dei coloni israeliani nei villaggi palestinesi tra Nablus e Ramallah. Dopo l’uccisione di un adolescente israeliano, almeno quattro palestinesi, tra cui un autista di ambulanza, sono stati uccisi dal fuoco di coloni.

Quando l’offensiva finirà, a Gaza si camminerà sui cadaveri

Dopo simile cronaca, si torna alla sotto rappresentazione dei crimini di guerra compiuti da Israele – se non il loro occultamento – che ha radici storiche. «La questione israelo-palestinese è fin dalle sue origini un confronto per la terra. Ma è stata, ed è tuttora, anche un confronto tra narrazioni». Chiara Cruciati senza sconti: «Colonialismo di insediamento, apartheid e oggi genocidio sono la cassetta degli attrezzi nel mondo accademico per descrivere la natura dello stato israeliano. Nell’indifferenza. Fino a oggi».

Italia acriticamente servile

In Italia prevale l’adozione acritica della narrazione israeliana. Buona parte della stampa italiana applica quel modello. Le vite palestinesi non contano, come contano meno quelle dei migranti. «Gli effetti sono visibili: il ricorso al linguaggio israeliano anche quando in palese contraddizione con i dettami del diritto internazionale, l’assenza di chi agisce la violenza (con i palestinesi morti di guerra, morti di esodo), la messa in discussione delle testimonianze palestinesi, la rimozione del contesto storico».

Una simile sotto rappresentazione non ricade solo sui palestinesi. Ricade su di noi: è il prodromo alla criminalizzazione di chi dissente, accusato di antisemitismo nel ‘migliore dei casi’, manganellato nel peggiore.

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