25 aprile 2024

Un triste 25 aprile per Lamagna e di certo almeno in parte lo è, considerando il quadro politico imposto al paese dalle ultime consultazioni elettorali e le scarse prospettive di mutarlo in meglio alle prossime. Tuttavia, considerando il precario contesto internazionale, finché la nostra Costituzione resterà indenne ai tentativi di cambiarla in senso autoritario avremo anche il dovere ( e il piacere) di continuare a festeggiarla insieme alla Resistenza al nazifascismo da cui è nata. E soprattutto di impegnarci ad attuarla compiutamente, ciò che non è stato fatto finora. A cominciare dal radicamento popolare dei partiti e del dibattito pubblico, per lo più ancora riservato ai vertici dei partiti e ai salotti del potere che controllano i grandi media. Senza questo radicamento personalismo e protagonismo continueranno ad avere la meglio, immiserendo il confronto tra i valori e il dibattito delle idee che sono il pane della democrazia. (nandocan).

di Giovanni Lamagna

Quello di quest’anno è un 25 aprile indubbiamente strano, a voler usare un eufemismo. Un 25 aprile, per meglio dire, assai triste, nel quale c’è ben poco da festeggiare.

Perché sancisce, come non mai, la realtà di un Paese frammentato, anzi diviso, anzi lacerato, tra opposte fazioni, schierate su barricate contrapposte, che si considerano tra loro nemiche.

Un Paese – per dire – che formalmente si regge ancora sulla Costituzione, nata nel 1948, sulle macerie del Fascismo e che con questo voleva creare, quando fu scritta, una netta soluzione di continuità, nella sostanza (per i valori da cui traeva ispirazione) e nella lettera col ripudio solenne e si sperava definitivo della dittatura mussoliniana che aveva portato l’Italia alla rovina.

Un Paese, però, che, allo stesso tempo, è oggi governato da forze politiche che a quella Costituzione, per la loro provenienza ideologica, si contrappongono nella sostanza e, in alcuni casi, anche nella forma, nel dettato letterale, anche se tendono a nasconderlo (mica tanto però!) o a non dichiararlo esplicitamente, ma per pura ipocrisia e opportunismo “politici”.

Un Paese, per giunta, nel quale le forze di opposizione formalmente si dichiarano antifasciste e fanno (almeno lo fa il PD) di questo “antifascismo” addirittura il perno ideologico della loro contrapposizione all’attuale governo, ma che sono state le prime a tradire la Costituzione del 1948 nello spirito, quando hanno accettato di fatto, al momento della loro fondazione, il sistema neoliberale come l’unico sistema possibile, senza alternative praticabili.

Oltre a questi due, esiste poi un terzo Paese, molto vasto, forse maggioritario, che è confuso, disperso, in diaspora, disincantato, che ha perso ogni punto di riferimento, che sostanzialmente non crede più a niente e a nessuno, che fa di ogni erba un fascio e che perciò rinuncia ad esercitare anche il primo dei diritti che gli viene riconosciuto dalla Costituzione: quello del voto.

C’è, infine, un quarto Paese, costituito da piccolissime, infime minoranze, che nella Costituzione del 1948 si riconosce ancora, non solo nella forma, ma anche nella sostanza; ma è un Paese però troppo piccolo e oramai ridotto ai margini; per giunta anch’esso frastagliato e diviso in correnti spesso estremamente litigiose tra di loro.

In molti, anzi nella maggior parte dei casi, afflitte da una nostalgia sterile e malsana per un passato (pieno, tra l’altro, di sconfitte) con il quale non hanno saputo fare i conti, per trarne lezioni, legate a vecchie e superate categorie interpretative della realtà, incapaci, quindi, di guardare con spirito aperto al futuro con le nuove e inedite sfide che questo pone.

Ecco perché – a mio dire – quello di quest’anno è un 25 aprile particolarmente triste, per il quale c’è ben poco da festeggiare.


  • Il nome e la cosa. Capipartito e democrazia (Michele Prospero su CRS)
    Se, come osserva Prodi, la candidatura del leader, per un incarico che in ogni caso non coprirà, infligge una “ferita” alla democrazia, la fiamma tricolore ha già vinto nella sua missione di tramortire la Repubblica: tutti i partiti, eccezion fatta per Lega, M5S e Alleanza verdi sinistra, mettono in lista segretari, ministri, deputati, presidente del Consiglio. Il voto diventa così un congegno senza soggetto, un rito oscuro di sostegno indefinito a un nome sganciato da qualsiasi legame programmatico nell’espletamento delle funzioni di rappresentanza.
  • Maggio e le rose
  • Abbiamo la nausea di guerre e armi: no alla sfilata – Lettera aperta alla Presidente Meloni
    Al mio vecchio amico Massimo Marnetto, strenuo e meritorio difensore di cause perse, do sempre volentieri la parola nella speranza comune che prima o poi una classe dirigente degna di questo ruolo voglia almeno prenderla in considerazione (nandocan) Presidente Giorgia Meloni, la guerra in Ucraina, poi quella in Israele ci hanno portato a un’indigestione di immagini… Leggi tutto: Abbiamo la nausea di guerre e armi: no alla sfilata – Lettera aperta alla Presidente Meloni
  • Islam, la rabbia dei popoli contro i despoti amici d’America e Israele
    «Mentre la rabbia per Gaza cresce – titolava ieri il New York Times – i leader arabi reprimono le proteste». Un articolo, quello del giornale americano, che ha il merito di spostare la nostra riflessione su un aspetto finora trascurato della crisi mediorientale: quello relativo agli umori ‘divergenti’ delle popolazioni, rispetto alle politiche ufficiali dei loro governi
  • Indignazione
    Dobbiamo ringraziare gli studenti se a Israele arriva un forte segnale di indignazione per la carneficina di inermi che ha consumato a Gaza e per quella che vorrebbe ripetere a Rafah.  Il bestiale attacco di Hamas del 7 ottobre – con stupri e oltraggi alle salme che vanno oltre l’atto di guerra – non giustifica la metodica distruzione del popolo palestinese in atto, preceduta dalla metodica sottrazione di terra in Cisgiordania. E dove c’è metodo dello sterminio, c’è Olocausto.

Scopri di più da nandocan magazine

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continue reading