Una maggioranza “larga e plurale”

Roma, 20 febbraio 2021 – Che il governo Draghi appena varato risulti avere dai sondaggi la fiducia di larga parte degli elettori non dovrebbe sorprendere data l’adesione di quasi tutto il Parlamento e dell’informazione mainstream al completo. Dopo l’appello del Capo dello Stato che segnalava i gravi rischi di una campagna elettorale anticipata, la sola alternativa sarebbe stata il rinvio di Conte alle Camere. Dove l’ex premier sarebbe quasi certamente riuscito a trovare una maggioranza, non solo alla Camera dove PD, M5S e LEU avevano ancora i numeri, ma anche al Senato sia pure con forti limiti alla sua affidabilità.

Che il governo “di salvezza nazionale”, promosso da Mattarella ma da tempo auspicato negli ambienti conservatori, riesca a dare più garanzie di stabilità sarebbe difficile crederlo considerando il contrasto di idee, valori, interessi e obbiettivi delle forze politiche chiamate a collaborare. A meno che questa collaborazione non si limiti all’ordinaria amministrazione e all’emergenza della pandemia, dove più forte è l’esigenza di una mediazione con le regioni. Lasciando il controllo delle riforme e la programmazione degli investimenti a Mario Draghi e agli altri illustri “tecnici” da lui cooptati.

Marco Travaglio, dalla Gruber per “Otto e mezzo, si è dichiarato sorpreso dalla continuità del programma letto da Draghi alle Camere con quello della coalizione giallorossa. Trascurando, ma forse solo per opportunismo dialettico, che l’ex banchiere ha trattenuto per se e altri eminenti tecnocrati che la pensano più o meno come lui le principali leve di comando, compreso quel super ministero per la transizione ecologica che aveva entusiasmato Grillo e il gruppo dirigente dei Cinquestelle. Come ho letto su un quotidiano, “a voi le ‘politics’, a noi la ‘policy”, il piano di azione. Solo per questo l’appoggio internazionale e mediatico su cui il governo Draghi può contare potrebbe essere più forte di quello accordato al precedente governo.

Insomma, possiamo “stare sereni” che le scelte di politica economica e le priorità degli investimenti indicate dal nuovo governo per il Next Generation Eu non scontenteranno l’establishment europeo né la grande finanza. Naturalmente spero di sbagliarmi, convinto come sono della radicalità delle misure necessarie ad assicurare per le nuove generazioni una reale giustizia sociale, fiscale e ambientale. Nel frattempo però quel che resta della sinistra dentro e fuori il PD farà bene a darsi da fare per riorganizzarsi e diventare qualcosa di più concreto, “largo e plurale” di uno slogan stancamente ripetuto nei salotti televisivi.

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