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Tre riflessioni sulla crisi di governo

Roma – Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella con il Presidente del Consilgio Giuseppe Conte, in occasione della ricorrenza della firma dei Patti Lateranensi e dell’Accordo di Revisione del Concordato, oggi 12 febbraio 2020. (Foto di Paolo Giandotti – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

***di Giovanni Lamagna, 28 gennaio 2021

Con questo articolo gli diamo benvenuto tra i nostri collaboratori (nandocan)

1. Fermo restando che la decisione di Renzi di mettere in crisi la maggioranza del governo Conte 2, di cui faceva parte, sia stata una scelta egoistica ed irresponsabile, bisognava forse prendere atto immediatamente, da parte di tutti, che una fase politica si era chiusa e che occorreva immediatamente aprirne un’altra, diversa.

Di conseguenza possiamo dire ora – è diventato molto chiaro a posteriori – che Conte doveva fare già due settimane fa quello che ha fatto solo ieri: andare a rassegnare le dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica, per consentire in forma chiara e trasparente l’apertura della nuova fase.

2. E qui si pone subito una questione: potrà essere lo stesso Presidente del Consiglio, quello uscente, a gestire la nuova fase politica? La mia risposta a tale domanda è che , a questo punto, al netto delle simpatie e antipatie, no, non potrà essere Conte a gestire questa nuova fase politica.

Conte in due anni e mezzo e con due governi da lui presieduti ha giocato oramai tutte le sue cartucce; ha, certo, un suo zoccolo duro di consensi, ma questo non basta a garantirgli una maggioranza solida: i suoi oppositori sono in maggioranza nell’attuale Parlamento.Per cui le vie di uscita da questa crisi mi sembrano solo due: – il ricorso alle elezioni anticipate, se PD e M5S (lo zoccolo duro che si è formato attorno a Conte) si impuntano sul nome del Presidente del consiglio dimissionario; – l’incarico ad altra persona in grado di aggregare attorno a sé ed al suo programma una nuova maggioranza.

3. Credo che, anche se a malincuore e con tanti mal di pancia (compresi quelli del sottoscritto), la seconda opzione sia da preferire: non si può andare ad elezioni anticipate in una fase come questa e per due ragioni fondamentali.

La prima: siamo in piena pandemia (lontana ancora dall’essere risolta) e in piena campagna di vaccinazione (che sta incontrando molti imprevisti e ostacoli); non ci possiamo consentire due/tre mesi di vuoto politico e campagna elettorale.

La seconda: a giudicare dai sondaggi, l’esito delle elezioni sarebbe un quasi certo governo delle Destre; ma questo governo si reggerebbe con molte probabilità su una maggioranza non molto più coesa di quella che in questi giorni è andata in crisi.

Inoltre rimetterebbe quasi sicuramente in discussione il rapporto con l’Europa, faticosamente intessuto da Conte (sia nel primo che nel secondo dei suoi governi), e, di conseguenza, i fondi che l’Europa ha promesso all’Italia col Ricovery plan.

Entrambe tali ipotesi sarebbero disastrose non solo e non tanto per lo schieramento politico che ha sostenuto in questo ultimo anno e mezzo il governo, ma per l’intero popolo italiano, compreso quello di destra, benché questo non ne sia consapevole.

Perciò penso che le elezioni anticipate vadano evitate (quasi) ad ogni costo. Il “quasi” è legato alla condizione che la salvezza della legislatura avvenga in nome del superiore interesse del Paese e non per poco nobili interessi di natura personale.

Ma su questo c’è ben poco da essere ottimisti.

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