Reader’s – 7 settembre 2022. Rassegna web

Sanzioni, crisi energetica, è il tema del giorno. Ennio Remondino ce ne parla sul suo Remocontro traendo spunto e materiale dall’analisi di Michele Soldavini su Limes. “L’intera Europa può precipitare davvero nel caos? Dal punto di vista energetico, i costi di energia elettrica, gas e derivati petroliferi a imprese e famiglie, il caos è già tra noi”

L’arma di Putin è davvero mortale?

Il gas russo è l’arma per punire l’Europa dell’appoggio all’Ucraina, infliggendole un trauma socioeconomico. Dalla decurtazione dei flussi via Nord Stream al disseccamento della direttrice ucraina, l’ammanco è ormai esteso. Ci abitueremo alla crisi? E l’intera Europa può precipitare davvero nel caos?

L’Italia elettrica peggio di tutti

«Il prezzo giornaliero dell’energia elettrica in Italia in questi primi sette mesi del 2022 è stato superiore in media del 426% allo stesso periodo degli ultimi nove anni». E scopriamo che l’Italia sconta alcuni nodi irrisolti: la configurazione della rete elettrica nazionale spesso obsoleta, la dislocazione sbilanciata della capacità rinnovabile, le necessità di import da Francia e Svizzera, la denuncia di Soldavini. «Anche se l’aumento esorbitante del costo dell’elettricità che compone e sorregge il nostro benessere acquisito quanto le nostre necessità di base coinvolge tutta l’Europa». Ma non è affatto vero che il ’Mal comune’ sia ‘mezzo gaudio’.

Tetto ai prezzi di petrolio e gas della Russia

I paesi del G7, ormai un club ristretto di schieramento occidentale, (Usa, Canada, Regno Unito, Germania, Francia, Italia, Giappone) e l’Unione Europea hanno concordato di imporre un tetto massimo al prezzo del petrolio della Russia nel tentativo di colpire la capacità di Mosca di finanziare la guerra in Ucraina e o di colpire tutta l’economia europea già sull’orlo della recessione. Ma un tetto economico, una sorta di embargo non lo fissa chi è pronto a comprare meno per punire rincari eccessivi?

G7 e Ue a colpi di altre sanzioni

Il regionamento è quello della prova di forza. Fissare un tetto al prodotto altrui e punire chiunque eventualmente paga di più. Arzigogolo già difficile da pensare, peggio ad attuarlo moltiplicando contenziosi internazionali e nuove ipotetiche sanzioni. Comunque ne discuteranno i ministri dell’Economia nel Consiglio dell’Unione Europea presieduto dalla Repubblica Ceca del 9 settembre

Riedizione della guerra fredda

«Le iniziative del G7 e dell’Ue in materia energetica contribuiscono al crescente disaccoppiamento geoeconomico delle sfere di influenza sul Vecchio Continente – Occidente e Russkij mir, il mondo russo, in una sorta di riedizione della guerra fredda», avverte Mirko Mussetti. Vero è che il vicepremier russo Aleksandr Novak ha subito annunciato l’interruzione delle forniture di petrolio e dei prodotti derivati ai paesi che decideranno di limitarne il prezzo. Col Cremlino che aggiunge: stesso trattamento per il gas della Federazione.

Boomerang industriale dell’Europa occidentale

Paesi di trasformazione come Italia e Germania subiranno il contraccolpo più duro a causa dello scarso accesso a materie prime essenziali – idrocarburi, minerali, derrate alimentari – degli accresciuti costi dell’energia e della riduzione delle quote di mercato verso «lo spazio di pertinenza geopolitica russa». In aggiunta all’inflazione galoppante che minaccia il benessere socio-economico della classe media europea.

Mosca con più riserve anche sociali

Mosca è ragionevolmente sicura di poter reggere il colpo delle sanzioni messe a punto a Washington e Bruxelles, grazie alle riserve accumulate e all’innalzamento dei prezzi a livello globale, valuta tra gli altri Limes. Meno petrolio e gas venduti, più soldi incassati, il paradosso. Almeno per tutto il prossimo anno, poche conseguenza sociali insufficienti a far muovere le piazze certamente non libere a mobilitabili come quelle occidentali.

Russia diplomatica e mondo non occidentale

«La diplomazia moscovita usa la crisi energetica, stipulando accordi con i paesi Brics votati alla produzione di materie prime e con i paesi Opec per il contingentamento della produzione petrolifera». E subito l’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio ha deciso di ridurre la produzione di 100 mila barili al giorno a partire dal 1° ottobre 2022, alle porte della stagione fredda dell’emisfero nord quando s’impenna la richiesta di idrocarburi.

Vantaggio russo limitato nel tempo

«Le previsioni e le iniziative di Mosca sono sensate, ma tengono conto di una prospettiva temporale limitata», l’analisi di Mussetti. «La perdita dell’accesso alla tecnologia occidentale potrebbe alla lunga danneggiare anche i pochi ma strategici settori di eccellenza russa (industria spaziale, armamenti) e generare insoddisfazione nella popolazione più giovane che anela a stili di vita più agiati».

Sempre più Cina

Per non perdere terreno rispetto ad altre potenze e per soddisfare le esigenze di parte del suo popolo, la Russia dovrà importare beni di consumo e tecnologia di rilievo dalla Cina. La Cina non solo come “fabbrica del mondo”, ma anche il “magazzino del pianeta”. E come tale già si comporta. Citato con dovuto rilievo quanto già svelato da Remocontro giorni addietro (https://www.remocontro.it/2022/09/03/il-gas-russo-travestito-da-cinese/).

Il gas russo travestito da cinese

Gran parte del gas liquefatto importato dall’Europa nelle ultime settimane proviene dalla Cina, sebbene Pechino non ne sia produttore. Si tratta evidentemente di gas triangolato proveniente da mercati cui sono applicate restrizioni, come la Russia appunto.


“Paurazione”

di Massimo Marnetto

Spaventare gli italiani (”soffrirete questo inverno”) e farli sentire utili idioti (”per decisione della UE e Usa”) per i russi deve sembrare una cosa facile. Un popolo dove l’individualismo domina e il familismo segna il perimetro di dedizione non è in grado – pensano – di compiere un gesto collettivo come resistenza e sacrifici. Naturale quindi che Maria Zakharova, portavoce del Ministero degli Esteri russo, sia incaricata di insistere nella ”paurazione” dei mangia-spaghetti, come ci ha definiti Medvedev.

Abboccheremo? A giudicare da come alcuni politici stanno cavalcando il panico termico – Salvini in primis – sembra che i russi abbiano centrato qualche bersaglio.

Ma se la UE riuscirà a sganciare il costo (basso) dell’energia da rinnovabili da quello (altissimo) dell’energia da gas, allora la propaganda di Mosca riceverà un duro colpo.

Presto arriveranno decisioni da Bruxelles, ma saranno efficaci solo se la speculazione di alcuni Stati-membri sarà sostituita da strategie solidali. Se questa mossa riuscirà, sarà un passo importante verso un’Europa più politica, solidale, autorevole. Un obiettivo implicito (coesione) molto più importante di quello esplicito (gas).


FreeAssange, da Venezia l’appello dei giornalisti: «A rischio il diritto di cronaca e il dovere di informare»

Un’altra iniziativa della FNSI per reclamare la liberazione del fondatore di Wikileaks ha avuto luogo lunedì scorso alla Casa degli autori del Lido. Con il presidente Giuseppe Giulietti e la segretaria del sindacato veneto, Monica Andolfatto, anche Vincenzo Vita, Andrea Purgatori, Laura Delli Colli. Il presidente del Cnog, Carlo Bartoli e la segretaria Paola Spadari hanno virtualmente consegnato la tessera dell’Ordine a Julian Assange.

Accolta sul palcoscenico internazionale della Mostra del Cinema, l’iniziativa – seguita da centinaia di persone anche sui social – ha inteso riportare l’attenzione su una vicenda che è dirimente sul fronte della libertà di stampa e dei diritti umani. «Se Julian Assange verrà estradato negli Stati Uniti e condannato nessun giornalista sarà più libero».

Assange viene accusato di spionaggio quando invece ha svolto il proprio lavoro di cronista e ha diffuso notizie di interesse pubblico. Il giornalista ha il dovere di farlo, lo hanno sancito diverse sentenze delle Corte Europea. Il segreto con Assange viene invocato non per tutelare la sicurezza dei cittadini, ma al contrario per tutelare la criminalità di Stato.

Rispetto alle carte di cui è venuto in possesso prima di renderle pubbliche, con la sua redazione ha provveduto a cancellare i nomi di tutte le persone che potevano essere messe in pericolo. Il fatto è che non gli è stato perdonato di aver mostrato le foto delle torture a Guantanamo.

“Siamo qui per rivendicare la liberazione di Assange e anche di tutti gli altri giornalisti incarcerati per avere correttamente informato i cittadini, in Messico, in Siria, in Turchia, in Egitto, in Russia», ha detto Giulietti. La decisione dell’Ordine dei giornalisti di conferirgli la tessera ad honorem di iscritto è una decisione coraggiosa perché siamo consapevoli che Assange è divisivo, ma noi dobbiamo guardare l’oppressione in quanto tale e non il suo eventuale colore».

.”Siamo qui per difendere Assange e tutti quei giornalisti che ogni giorno si battono per svolgere il proprio lavoro con la schiena dritta. Sotto accusa non c’è solo una persona bensì il diritto/dovere di cronaca», ha rimarcato Il Presidente dell’ordine Carlo Bartoli.

«Mai come oggi il giornalismo d’inchiesta è sotto attacco non solo in Italia ma anche negli altri paesi e questo conferma quanto sia importante il ruolo di chi fa informazione tra tanti bavagli, compresi quelli legati al precariato», ha aggiunto Monica Andolfatto, segretaria regionale del Sindacato giornalisti Veneto. E Andrea Purgatori ha portato la sua testimonianza di cronista “scomodo”, sotto pressione da più fronti per le inchieste che ha svolto e sta svolgendo.

«Il giornalismo non è un reato e non bisogna mai dimenticare il prezzo che Assange sta pagando in termini di affetti che mette a dura prova anche i suoi familiari», ha sottolineato Tina Marinari, coordinatrice delle campagne di Amnesty International. Accanto a lei Donatella Mardolla coordinatrice del neonato Comitato veneto proAssange.

Mentre Manuela Piovano vicepresidente nazionale dell’Associazione degli Autori ha ribadito l’impegno mai venuto meno della sua categoria. Non hanno voluto mancare all’incontro l’attrice Ottavia Piccolo e Laura Delli Colli, presidente del Sindacato nazionale giornalisti cinematografici italiani (Sngci). A ribadire che quando sono in ballo libertà e diritti ognuno deve fare la propria parte.

A condurre i lavori, Vincenzo Vita, presidente di Aamod, l’Archivio audiovisivo del movimento operaio, senza la passione militante del quale questa occasione di mobilitazione unitaria, cui ha aderito anche l’associazione Articolo21, non ci sarebbe stata.


  • La differenza
    È infatti enorme la differenza tra la guerra e la pace. E la tragedia è proprio questa, che la guerra si concede una pausa per riprendere ancora più incondizionata di prima. E ciò perché questa non è neanche degna di essere chiamata guerra, perché le guerre si fanno per ottenere qualcosa, che è la posta in gioco della guerra. Invece questa è una guerra che ha per fine la negazione reciproca dell’esistenza dell’altro. E attraverso un rovesciamento di ciò, nella costruzione di una umana convivenza tra i membri del popolo palestinese e i cittadini ebrei dello Stato di Israele, che può istituirsi, non una tregua, ma la pace
  • Scendere
    Mi tocca difendere il Ministro Lollobrigida, perché la sua richiesta di fermata del treno in ritardo, per proseguire in auto, era motivata da un interesse pubblico istituzionale, prevalente su quello privato degli altri passeggeri. Ovvero la sua presenza come Ministro – cioè a nome dello Stato – a Caivano, per inaugurare un parco ad alto valore simbolico, come riscatto di un territorio abbandonato al degrado e alla criminalità. (Marnetto)
  • La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con Israele
    La feroce rappresaglia di Israele nella striscia di Gaza, accompagnata da un’ aggressiva reazione dei coloni nella Giordania occupata, rischia ora di compromettere, a vantaggio di Hamas, anche il fragile compromesso con i paesi arabi moderati, avviato col “patto di Abramo” e la compiaciuta assistenza degli Stati uniti. La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con Israele.I Paesi arabi moderati, gli alleati di sempre, il lato debole della geopolitica americana prigioniera di Netanyahu in Medio Oriente. Prima tra tutti la Giordania. Re Abdullah II di fronte alla devastante reazione israeliana ai massacri di Hamas, sta per rivedere la trentennale ‘pacificazione’ con Tel Aviv, ma anche le relazioni privilegiate con Washington
  • Professione reporter dopo il 7 ottobre. I dubbi di Eric Salerno (e non soltanto)
    Come è stata l’informazione dal 7 ottobre a oggi, ossia da quando i palestinesi –‘militanti di Hamas’, ‘terroristi’, ‘nazisti’, ‘criminali di guerra’, ‘partigiani’, ‘combattenti per la libertà’ o altri termini scelti da chi giudicava e raccontava – hanno dato l’assalto a Israele? Cosa sono oggi i giornalisti o fotografi ‘embedded’? Cosa rappresentano i palestinesi arabi che lavorano per i grandi media; giovani o meno che raccontano da Gaza? E la stampa israeliana? Quella italiana?
  • Pazzo
    Guardo l’Argentina e penso all’Italia. Nella nazione del Sud America la povertà si è talmente diffusa da risucchiare nell’angoscia metà della popolazione. I poveri prima smettono di votare (astensione), dopo scelgono il ”pazzo” più distruttivo del sistema che li ha affamati.  E questo processo è più rapido se c’è l’elezione diretta del presidente (o del premier). (Marnetto)
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