Reader’s – 5 marzo 2023. Rassegna web di nandocan magazine

A quanto sembra di poter capire da Piero Orteca su Remocontro nell’articolo che segue, a preoccupare il governo USA sarebbe ora anche l’annuncio di una sospensione del trattato sul controllo dei “reciproci armamenti nucleari” da parte del Cremlino. Perché questo obbligherebbe gli Stati Uniti a spendere “un sacco di soldi in piú” nella corsa a nuovi test atomici e missilistici. Nella folle convinzione che sia questa corsa e non un disarmo controllato il solo modo realistico di preservare il pianeta dalla catastrofe nucleare. Mentre la “guerra mondiale a pezzi” continua ad obbligare migliaia di disperati nel mondo ad affrontare il rischio di una morte in mare su imbarcazioni fatiscenti per scampare a quella nel proprio paese, per il “dolo eventuale” di Cutro di cui scrive Massimo Marnetto. La sfida millenaria tra istinti di morte e amore per la vita (ne scrive in coda Lamagna) continua nonostante quello che ci ostiniamo a chiamare “progresso”. (nandocan)

Blinken-Lavrov a sorpresa per parlare di ‘New Start’ e minaccia nucleare

Piero Orteca su Remocontro

Giovedì a New Delhi, in India, il segretario di Stato americano Antony Blinken e il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov hanno avuto un breve colloquio a margine di una riunione del G20. Il più importante incontro tra un rappresentante degli Stati Uniti e uno della Russia in più di un anno di guerra.
Blinken ha detto di aver parlato di fine della guerra e negoziati di pace con l’Ucraina, ma soprattutto di aver perorato un ripensamento russo sulla sospensione del New START (Strategic Arms Reduction Treaty), il trattato sul controllo dei reciproci armamenti nucleari.
«Non importa cos’altro stia accadendo nel mondo e nelle nostre relazioni», ha detto Blinken.

Diplomazia internazionale, si naviga a vista

La guerra in Ucraina sta gettando lo scompiglio nella diplomazia internazionale. Ormai si naviga a vista e non passa giorno senza che non ci siano sorprese. Ieri, in India, alla riunione del G20 dei Ministri degli Esteri, dopo un anno si sono incontrati e parlati (prima l’avevano fatto solo per telefono) l’americano Antony Blinken e il russo Sergei Lavrov. Un segnale evidente che il conflitto comincia a pesare, per tutti, oltre ogni più pessimistica previsione.

Accordi raggiunti e inciampo Ucraina

A New Delhi si dovevano affrontare temi di scottante attualità, come la crisi alimentare mondiale, i cambiamenti climatici, il rialzo dei costi delle materie prime e dell’energia, la lotta al narcotraffico. Su molti punti si è raggiunto un accordo complessivo, ma non sull’Ucraina. L’India ha cercato una mediazione, ma è stato tutto inutile, Russia e Cina si sono messe un di traverso. Così, Blinken e Lavrov hanno rotto il ghiaccio, quasi alla chetichella, guardandosi negli occhi ai margini della conferenza.

I segreti tra i due

I due diplomatici hanno discusso per una decina di minuti, secondo notizie fornite da funzionari del Dipartimento di Stato ‘che hanno familiarità coi fatti’. Al primo posto, nell’improvvisata agenda del colloquio (che pare sia stato proposto da Blinken), è spuntato un ‘danno collaterale’ che potrebbe avere ricadute devastanti: il ritiro dei russi dal trattato nucleare ‘New Start’, del 2011. È stata una mossa di Putin, che ha sparigliato le carte, gettando lo scompiglio nelle segrete stanze della Casa Bianca.

Le armi nucleari strategiche

L’accordo, infatti, finora ha bloccato la corsa alle armi nucleari strategiche (quelle balistiche intercontinentali, per intenderci) che garantiscono la mutua distruzione di Russia e Stati Uniti. Il ‘New Start’, insomma, regola l’equilibrio del terrore e, assicurando controlli incrociati, permette di abbassare la soglia di rischio di un Armageddon atomico. Il trattato, dunque, copre un fianco veramente esposto della sicurezza nazionale Usa, quello nel mirino dei missili ICBM. Ma siccome la sicurezza costa, senza il ‘New Start’ (che comunque doveva scadere nel 2026, per poi essere rinnovato) gli Stati Uniti dovranno spendere un sacco di soldi in più.

Senza controlli nuova corsa atomica

Congelati i controlli, infatti, si riaprirà la corsa a nuovi test atomici e missilistici. Inoltre, sempre maggiori risorse dovranno essere destinate alla ricerca per scopi militari, nel campo aerospaziale. Quantificare tali somme, in questo momento, non è facile. Ma, all’orizzonte, già si prefigurano scenari che metterebbero in difficoltà qualsiasi sistema economico. Anche prospero e collaudato come quello americano. Così, alla contabilità della guerra in Ucraina, a quella derivante dalle tensioni con la Cina e dal binomio inflazione-recessione, Joe Biden e i suoi adviser ora dovranno/dovrebbero aggiungere anche i costi (imprevisti) di un possibile riarmo atomico.

Componente missilistica

Bisogna sottolineare che, quando parliamo di ‘riarmo atomico’, ci riferiamo soprattutto alla componente missilistica. È quello, infatti, il settore in cui Russia, Usa e Cina stanno cercando di progredire, mediante vettori ‘ipersonici’, impossibili da intercettare e abbattere. Anche perché i limiti delle testate, già prefissati, assicurano un reciproco annichilimento. Il ‘New Start’ impone a ognuna delle parti di possedere non più di 1550 testate, sganciabili da missili intercontinentali, sottomarini (SLBM) e aerei. Questi ultimi vettori vanno divisi tra ‘schierati’ (circa 700) e ‘lanciatori’ da armare (800).

È chiaro, secondo lo spirito del trattato, che gli Usa tendono a proteggere prima di tutto il loro territorio nazionale, cautelandosi contro i nuovi missili di Mosca, come ‘Avangard’ e ‘Sarmat’ (tempo di volo necessario per colpire dalla Russia: mezz’ora).

Le premura di Biden

La ‘premura’ di Blinken in conto terzi per un abboccamento con Lavrov, è stata sicuramente dettata da questo nuovo scenario. Si è parlato anche di un cittadino Usa detenuto in Russia, con l’accusa di spionaggio. L’ultimo capitolo dell’incontro-flash, ovviamente, ha riguardato l’Ucraina. Forse sarà stata una ‘excusatio non pentita’, ma fonti (anonime) dell’Amministrazione Biden, hanno chiarito che Blinken ha ribadito la volontà di assistere Kiev senza riserve, ‘fino a quando sarà necessario’. Smentendo così, è stato aggiunto, le voci che parlavano di ipotetiche divergenze di vedute, all’interno degli States o con gli altri alleati della Nato. Insomma, la partita a poker continua, fatta di rilanci e controrilanci, nell’attesa che qualcuno decida di vedere le carte.

Certo, quello di Putin sul ‘New Start’ è stato un colpo che costringerà molti strateghi americani a rifare i conti. D’altro canto, basta leggere la presentazione ufficiale che il Dipartimento di Stato ha fatto di questo trattato: «Ci offre la flessibilità necessaria per dispiegare e mantenere le forze nucleari strategiche, in un modo che serve al meglio gli interessi di sicurezza nazionale degli Stati Uniti». 


“Dolo eventuale”

Ansa- Pipita

di Massimo Marnetto

Ammettiamo che il messaggio di Frontex sul barchino fosse non esplicito sul pericolo di affondamento. Resta il fatto che di messaggi impliciti di rischio di naufragio ce n’erano parecchi: linea di galleggiamento bassa indice di pieno carico; segnale termico intenso proveniente dalla stiva, che equivale ad affollamento di passeggeri; previsione di imminente peggioramento meteo fino a mare forza 7. 

Allora chiedo alla Presidente Meloni – guardandola negli occhi: serve altro per far salpare la Guardia Costiera? Nessuno accusa di dolo il Governo per aver scelto di far affogare volutamente i migranti a Cutro. Ma è legittimo chiedersi se non ci sia un ”dolo eventuale” in questa vicenda, ovvero l’indicazione politica a non ”intuire” i naufragi, per poi usare mediaticamente le bare come deterrente per future partenze.


Sulla stagnazione melanconica del lutto

di Giovanni Lamagna

La “stagnazione melanconica del lutto” – di cui parla Massimo Recalcati a pag. 46 del suo “La luce delle stelle morte” (2022 Feltrinelli) – è, a mio avviso, una (quasi) diagnosi, il sintomo patologico acclarato in una persona di un insufficiente, carente, “amore per la vita”.

Quell’amore di cui ognuno di noi nasce dotato, in una misura più o meno adeguata, che potremmo identificare con l’istinto di sopravvivenza; o, meglio, con la “volontà di vivere”, di cui parlava Schopenhauer.

Nella persona incapace di elaborare un lutto in tempi ragionevoli si fronteggiano, competono, confliggono “l’amore per la vita” e “l’amore per la morte”: dell’esistenza di questi due amori ci ha parlato l’ultimo Freud, che li considerava e chiamava addirittura “istinti”.

In questo tipo di persona l’amore per la vita non riesce ad averla vinta sull’amore per la morte. Il secondo blocca il fluire normale, l’affermarsi del primo, lo neutralizza e, talvolta, vince, prevale sul primo. In tal caso il soggetto afflitto da un lutto irrisolto imbocca una strada di regressione che gli intossica l’esistenza sul piano psichico; non solo; talvolta può rovinargli persino la salute fisica.

Un bisogno di espiare la propria sopravvivenza morendo in qualche modo con l’altro

Da cosa è causata una simile dinamica, cosa spiega una tale deriva spirituale ed umana? Provo a dare una risposta, in base a ciò che ho spesso osservato in persone afflitte da tali problematiche. Il soggetto di cui stiamo qui parlando non può accettare in buona sostanza che l’altro sia morto e che lui sia, invece, ancora vivo; si sente in colpa per questo e, quindi, bisognoso di espiare; espiare vuol dire morire in qualche modo con l’altro, assieme a lui.

Lo stesso fenomeno (anche se in forme più blande e meno tragiche) può verificarsi anche di fronte alla “semplice” sofferenza (quindi non la morte) dell’altro. In questo caso il soggetto predisposto alla “stagnazione malinconica del lutto” non può accettare che la sua vita goda dei piaceri e delle gioie che una vita normalmente (salvo rari casi eccezionali) è in grado di donare.

Allora deve fare in modo di angustiarsi, di rovinarsi l’esistenza – anche quando non ce ne sarebbero le ragioni personali oggettive – per poter condividere il dolore, il patire dell’altro. Sarebbe, infatti, per lui insostenibile stare bene o anche solo non stare male mentre l’altro sta male e soffre; se ne sentirebbe insopportabilmente in colpa.

Colpa che può essere lenita, in qualche misura, solo dalla sofferenza propria, dalla condivisione sulla propria pelle della sofferenza dell’altro. Quasi a conferma dell’antico proverbio, che, come tutti i proverbi, una qualche verità la dice: mal comune è mezzo gaudio.


  • Sulla valutazione dei magistrati
    Si vuole introdurre la valutazione della Magistratura? Bene, allora li si faccia anche per gli altri poteri dello Stato. Per il Parlamento vedrei bene l’adozione del ‘’criterio di laboriosità’’: un quinto degli onorevoli e senatori più assenteisti nel biennio vengono sostituiti con elezioni suppletive programmate.
  • ‘Peggio del presente, a Gaza, c’è solo il futuro’: Eric Salerno
    Altri ostaggi sono tornati a casa, tutti sembra, in relativamente buone condizioni di salute anche se traumatizzati dal rapimento e dalla prigionia nelle mani degli uomini di Hamas. In Israele manifestazioni di giusta felicità miste a paura per quello che è accaduto il 7 ottobre e per quello che potrebbe ancora succedere. Centinaia di video passano di mano in mano. In Israele e fuori.
  • La differenza
    È infatti enorme la differenza tra la guerra e la pace. E la tragedia è proprio questa, che la guerra si concede una pausa per riprendere ancora più incondizionata di prima. E ciò perché questa non è neanche degna di essere chiamata guerra, perché le guerre si fanno per ottenere qualcosa, che è la posta in gioco della guerra. Invece questa è una guerra che ha per fine la negazione reciproca dell’esistenza dell’altro. E attraverso un rovesciamento di ciò, nella costruzione di una umana convivenza tra i membri del popolo palestinese e i cittadini ebrei dello Stato di Israele, che può istituirsi, non una tregua, ma la pace
  • Scendere
    Mi tocca difendere il Ministro Lollobrigida, perché la sua richiesta di fermata del treno in ritardo, per proseguire in auto, era motivata da un interesse pubblico istituzionale, prevalente su quello privato degli altri passeggeri. Ovvero la sua presenza come Ministro – cioè a nome dello Stato – a Caivano, per inaugurare un parco ad alto valore simbolico, come riscatto di un territorio abbandonato al degrado e alla criminalità. (Marnetto)
  • La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con Israele
    La feroce rappresaglia di Israele nella striscia di Gaza, accompagnata da un’ aggressiva reazione dei coloni nella Giordania occupata, rischia ora di compromettere, a vantaggio di Hamas, anche il fragile compromesso con i paesi arabi moderati, avviato col “patto di Abramo” e la compiaciuta assistenza degli Stati uniti. La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con Israele.I Paesi arabi moderati, gli alleati di sempre, il lato debole della geopolitica americana prigioniera di Netanyahu in Medio Oriente. Prima tra tutti la Giordania. Re Abdullah II di fronte alla devastante reazione israeliana ai massacri di Hamas, sta per rivedere la trentennale ‘pacificazione’ con Tel Aviv, ma anche le relazioni privilegiate con Washington
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