Rassegna web di nandocan magazine
Benedizione
Gli anziani come me ricorderanno che nei primi decenni del dopoguerra l’allineamento della nostra politica estera alla leadership degli Stati Uniti non era dato per scontato come è adesso da parte di tutte o quasi le forze politiche italiane. E non soltanto da sinistra. Anche nei partiti di governo a cominciare dalla DC vi erano aspetti e momenti della politica internazionale americana che erano apertamente messi in discussione, per esempio nelle relazioni con i paesi del Medio Oriente e del Sud est asiatico.
Paradosso apparente è che il venir meno della guerra fredda tra i blocchi e delle sue motivazioni ideologiche, anziché indebolire l’atlantismo della nostra politica estera l’abbia invece favorito. Tanto che è bastata una “benedizione” richiesta e accordata del presidente USA a fare accettare di buon grado un governo di estrema destra non soltanto a larga fascia dell’elettorato ma anche dall’opinione pubblica, ipotesi inaudita fino a pochi anni fa. E sì che i tentativi dei servizi segreti alleati di garantire anche con ipotesi autoritarie questa subalternita (Gladio p.e.) non sono mancati, fino all’assassinio di Moro e chissà che non c’entri qualcosa. (nandocan)
L’Italia è una colonia
Mauro Zani su Facebook
I fascisti sono al governo.
E ci resteranno con l’attivo sostegno degli USA.
Democratici o repubblicani , importa poco.
L’Italia è una colonia e tale deve rimanere.
Non solo perché abbiamo perso la seconda guerra mondiale.
Ma anche perché abbiamo avuto l’ardire di dar luogo ad una Resistenza antifascista relativamente di massa a differenza della Germania.
Con l’aggravante di un’egemonia nella lotta per la democrazia da parte delle Brigate Garibaldi.
Se c’è una cosa che agli americani fa orrore non sono i fascisti o i nazisti ma i comunisti o i loro eredi.
In più l’Italia ha una collocazione geografica di assoluto rilievo strategico: una portaerei che si affaccia sul mediterraneo e disposta ad un tiro di schioppo dai Balcani.
I nipotini/e di Mussolini lo sanno bene.
Per questo s’offrono agli USA, cappello in mano e lingua pronta da leccaculi, per la guerra in Ucraina.
Però tutto dovete pensare ma non che i fascisti italiani siano stupidi.
L’idea di una democratura Ucraina, feroce e vincente corrisponde, per loro, all’idea dell’ Europa delle Patrie che hanno in mente.
Corrisponde alla distruzione radicale della nobile utopia di un’Europa federale dalla quale siano bandite guerre fratricide.
Sanno che hanno discrete, anzi buone possibilità di vincere assieme ai loro pari, le prossime elezioni europee di fronte ad una sinistra del tutto esangue da quando ha aderito ai dettami del liberismo.
La complicazione è Putin, che con la sua guerra ha sciolto gli ormeggi a tempo indefinito con tutta L’Europa occidentale.
Siamo dunque tra l’incudine e il martello.
Posizione scomoda.
I fascisti lo sanno.
Dunque ai più giovani (di me) compagni di sinistra, senza ulteriori aggettivi, spetta affrontare una lunga notte.
Non chiedete alla sentinella quanto manca all’alba.
Tenetevi per mano.
Occhi asciutti.
Stretti e solidali.
“Il nemico attuale è sempre ancora eguale a quel che combattemmo sui nostri monti e in Spagna”.
Un film già visto

di Massimo Marnetto
Per noi italiani, la vicenda di Trump è un film già visto. Il miliardario sotto inchiesta che si dichiara vittima di giudici politicizzati; che si compra i testimoni; che aizza la folla dei suoi sostenitori per ottenere dalla piazza il riconoscimento che gli nega la legge. Tutto già fatto da B. La cosa interessante in entrambi i casi è l’effetto di immedesimazione totale che il miliardario riesce a indurre nei suoi ammiratori.
Il messaggio è semplice: se voi vi riconoscete in me, chi attacca me attacca voi. E io che proteggo me, in realtà proteggo voi. L’ingenuo è affascinato dall’equiparazione al suo idolo. E chiede che il sistema sospenda il principio di uguaglianza di fronte alla legge e riconosca invece l’eccezione all’eccezionale. E’ tutto dolosamente finto, ma di politico ormai non c’è più nulla: è una truffa affettiva. Che funziona.
Medio Oriente: Cina e Russia scalzano gli Usa come mediatori
Piero Orteca su Remocontro
Il Medio Oriente sta diventando il laboratorio diplomatico più importante del pianeta, dove gli scossoni subiti dai fragili equilibri geopolitici diventano ogni giorno che passa sempre più evidenti. Così, il blocco Cina-Russia approfitta della maldestra strategia americana (e dell’Europa, che segue gli Usa ciecamente), per proporsi come sponda per il variegato asse dei ‘non allineati’. Riallineandoli, nei fatti, dal proprio lato

Disallineati dagli Usa riallineati ad oriente
La ‘unipolarità’ vagheggiata da Biden e la ‘pax americana’ che non riesce a dettare le sue condizioni a tutto e a tutti; peggio, piace sempre meno a sempre più Paesi mentre cresce il variegato mondo dei ‘non allineati’. Piccola cronaca siriana di ieri. Il Pentagono ha annunciato l’eliminazione di due esponenti di spicco dell’Isis, in un’area sconosciuta della Siria, mentre altri due civili sono stati uccisi in un raid aereo israeliano, vicino Damasco. In questo caso, il Ministero della Difesa di Gerusalemme, non ha fatto alcun commento. Rispetto al nostro incipit (l’occidente americano che piace sempre di meno nel mondo), la riflessione si lega anche a questa cronaca e, in qualche modo, la anticipa.
Siria campo di ‘battaglia tiepida’
Siria il campo dove i due blocchi della nuova ‘guerra tiepida’, Cina-Russia e Usa-Europa-Giappone, si sfidano, nell’attesa di raggiungere un modus vivendi. O, peggio, un punto definitivo di rottura. In mezzo, come dicevamo prima, c’è la platea dei ‘non allineati’ che, naturalmente, si fanno guidare dalla tanto deprecata ma insostituibile, bussola della ‘realpolitik’. Per questo, tendono a privilegiare relazioni capaci, di volta in volta, di garantire il connubio tra accelerazione della crescita e sicurezza nazionale. Tradotto nel campo della politica estera, questo significa avere relazioni a geometria variabile, dove il concetto di ‘alleanza’ diventa molto più flessibile. E dove i repentini cambi di fronte sono all’ordine del giorno, dettati da emergenze diplomatiche improvvise e spesso impreviste.
Medio Oriente e Golfo Persico
E qui torniamo a quello che sta succedendo in Medio Oriente e nel Golfo Persico. La foreign policy zigzagante di Joe Biden ha favorito il riemergere della presenza russa e, soprattutto, il prepotente ingresso, nella regione, di una sorta di ‘Belt and Road Initiative’ cinese che, per ora, si esprime in un ruolo di mediazione. Straordinario, ad esempio, il successo avuto da Xi Jinping nel rimettere assieme due nemici storici, come Arabia Saudita e Iran. Come altrettanto significativo può essere considerato, da qualche settimana, il riavvicinamento dell’Egitto alla Siria di Assad. Una mossa che getta nel panico gli Stati Uniti, anche perché potrebbe essere stata suggerita e, in un certo senso, teleguidata, da Mosca. Putin, infatti, ha già posto le premesse per fare ricucire tutti i rapporti tra i sauditi e i siriani, con un grande rimescolamento di carte che sta sconvolgendo gli assetti geopolitici della regione. Mettendo all’angolo gli americani e, per la proprietà transitiva, creando problemi anche all’Europa.
Questa è un’operazione che sta andando avanti sotto traccia, mentre l’ammorbidimento con l’Egitto è stato molto più eclatante e propagandato dalla stampa.
Putin, El-Sisi e Assad
El-Sisi e Assad potrebbero incontrarsi già alla fine di aprile, per ristabilire relazioni diplomatiche, dopo circa un decennio di sconvolgimenti. Che le cose marcino verso una vera rivoluzione diplomatica, è testimoniato dalla visita che il Ministro degli Esteri siriano, Feisal Mekdad, ha fatto sabato scorso al Cairo. Sul tavolo anche il possibile ritorno di Damasco nella potente Lega Araba, una mossa che, se riuscisse, costituirebbe una notevole vittoria per il Cremlino e un vero smacco per il Dipartimento di Stato. Blinken, infatti, già deve fare i conti con il logoramento dei rapporti con il prezioso (ex) alleato saudita, che la superficialità e la supponenza della Casa Bianca hanno spinto nelle braccia del blocco Cina-Russia. Tutto si lega. E gli errori si pagano a caro prezzo.
Maldestra politica Usa-Europa
La maldestra gestione del Medio Oriente, infatti, sta costando agli Stati Uniti e all’Europa una grave perdita di potere contrattuale in un’area che rappresenta il 30-35% della produzione mondiale di petrolio. Che almeno fino al 2035 (ma sicuramente anche oltre) continuerà a essere essenziale per l’economia dell’Occidente. E anche se può sembrare incredibile, diversi Paesi arabi sunniti, per controllare la minaccia sciita iraniana si fidano più dei ‘fatti’ russo-cinesi che delle promesse occidentali. In questo senso, secondo molti analisti, il disastroso disimpegno Usa dall’Afghanistan e la successiva ondivaga strategia mediorientale di Biden hanno capovolto molti equilibri.
Ogni vuoto viene sempre riempito
Oggi, Cina e Russia tendono a riempire il vuoto lasciato dagli Stati Uniti che, evidentemente, fino a un anno fa non consideravano più questa delicata regione essenziale per la loro sicurezza nazionale. La guerra in Ucraina e la drammatica crisi energetica susseguente, però, forse hanno fatto capire agli strateghi della Casa Bianca che Medio Oriente e Golfo Persico continueranno a contare ancora parecchio, nello scacchiere geopolitico del pianeta.
- Sulla valutazione dei magistratiSi vuole introdurre la valutazione della Magistratura? Bene, allora li si faccia anche per gli altri poteri dello Stato. Per il Parlamento vedrei bene l’adozione del ‘’criterio di laboriosità’’: un quinto degli onorevoli e senatori più assenteisti nel biennio vengono sostituiti con elezioni suppletive programmate.
- ‘Peggio del presente, a Gaza, c’è solo il futuro’: Eric SalernoAltri ostaggi sono tornati a casa, tutti sembra, in relativamente buone condizioni di salute anche se traumatizzati dal rapimento e dalla prigionia nelle mani degli uomini di Hamas. In Israele manifestazioni di giusta felicità miste a paura per quello che è accaduto il 7 ottobre e per quello che potrebbe ancora succedere. Centinaia di video passano di mano in mano. In Israele e fuori.
- La differenzaÈ infatti enorme la differenza tra la guerra e la pace. E la tragedia è proprio questa, che la guerra si concede una pausa per riprendere ancora più incondizionata di prima. E ciò perché questa non è neanche degna di essere chiamata guerra, perché le guerre si fanno per ottenere qualcosa, che è la posta in gioco della guerra. Invece questa è una guerra che ha per fine la negazione reciproca dell’esistenza dell’altro. E attraverso un rovesciamento di ciò, nella costruzione di una umana convivenza tra i membri del popolo palestinese e i cittadini ebrei dello Stato di Israele, che può istituirsi, non una tregua, ma la pace
- ScendereMi tocca difendere il Ministro Lollobrigida, perché la sua richiesta di fermata del treno in ritardo, per proseguire in auto, era motivata da un interesse pubblico istituzionale, prevalente su quello privato degli altri passeggeri. Ovvero la sua presenza come Ministro – cioè a nome dello Stato – a Caivano, per inaugurare un parco ad alto valore simbolico, come riscatto di un territorio abbandonato al degrado e alla criminalità. (Marnetto)
- La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con IsraeleLa feroce rappresaglia di Israele nella striscia di Gaza, accompagnata da un’ aggressiva reazione dei coloni nella Giordania occupata, rischia ora di compromettere, a vantaggio di Hamas, anche il fragile compromesso con i paesi arabi moderati, avviato col “patto di Abramo” e la compiaciuta assistenza degli Stati uniti. La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con Israele.I Paesi arabi moderati, gli alleati di sempre, il lato debole della geopolitica americana prigioniera di Netanyahu in Medio Oriente. Prima tra tutti la Giordania. Re Abdullah II di fronte alla devastante reazione israeliana ai massacri di Hamas, sta per rivedere la trentennale ‘pacificazione’ con Tel Aviv, ma anche le relazioni privilegiate con Washington