Reader’s – 4 marzo 2023.

Rassegna web di nandocan magazine

Poteri forti e cervelli deboli

di Massimo Marnetto

Il più grande incendio che dura da anni non avviene in Amazzonia, ma nei cilindri delle nostre auto. Lo smog prodotto è climalterante. E provoca il surriscaldamento dell’ambiente. Che incide sul minor volume delle piogge. Che causa la siccità. E provoca la secca dei fiumi. Con la sete dell’agricoltura e i minori raccolti.

Ci allarmiamo per la poca acqua nei fiumi, senza capirne il nesso con l’uso dei motori a scoppio. Non è una connessione intuitiva, eppure i ragazzi dei Venerdì per il Futuro ci sono arrivati prima di chi ci governa. Ministri ipopensanti, che mentre agitano l’allarme siccità, esultano per aver rimandato ”a data da destinarsi” la fine dei motori alteranti. I poteri forti si giovano sempre di cervelli deboli.


Già l’Espresso tre anni fa

Alessandro Gilioli su Facebook

Comunque questa l’avevamo fatta – Marco, gli altri colleghi e io – tre anni fa.
Eravamo bravini ecco, a provare a capire le cose in tempo, forse – e spero di non sembrare arrogante.


Buona fortuna

Orso Grigio su Move On

Non me lo aspettavo che avrebbe vinto lei. Nemmeno lontanamente.
L’apparato non la voleva, troppo di sinistra, troppo donna e troppo libera, e non la volevano nemmeno gli iscritti, troppo destabilizzante rispetto alla calma piatta e in fondo rassicurante dove pascolano da anni.
Ma a votare poi ci vanno quelli che vogliono cambiare le cose.
E allora va bene così. C’è del buono anche nella democrazia, baby.

Il fatto che sia sorpreso è già una bella notizia visto lo stagno melmoso dove era affondato il pd, però vado oltre: sono anche un po’ contento. Oddio, io tendo a non fidarmi di nessuno, mi emoziono poco e per cose di altro genere, e sono troppo convintamente di sinistra per pensare di riavvicinarmi a quel partito, però speravo da tempo che lì dentro succedesse qualcosa del genere e adesso potrò almeno stare a guardare quello che succederà. Lo farò con attenzione, onestamente, e se da quel buio pesto arriverà qualche bagliore nuovo, sarò felice di riconoscerlo.
Perfino di dare una mano.

Lei era la sola scelta possibile, anche se, come ho scritto, una certa fumosità verbale e certi suoi detti, o non detti, mi hanno lasciato perplesso.
Tuttavia nel suo partito sarà un corpo estraneo, per due motivi.
Il primo sono le sue idee di sinistra, che se per me sono un gradito ritorno dopo che ne era rimasta traccia giusto nelle immagini sbiadite di Berlinguer attaccate alle pareti, per molti suoi colleghi non credo proprio.
Il secondo perché è donna. Cazzo: una donna, e pure bisessuale! Sì, perché fanno i progressisti evoluti, ma fingono, non lo sono; resto dell’idea che i primi a non aver voluto la legge Zan siano stati proprio loro.

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Guerra ucraina fino a quando? Tante armi, troppi soldi: crescono i dubbi americani

da Remocontro

Mentre la guerra in Ucraina entra nel suo secondo anno, al Congresso Usa aumentano le preoccupazioni per il sostegno a Kiev e cala il consenso bipartisan sull’intervento americano, almeno sulle sue dimensioni. Troppe armi e troppi soldi, il dubbio politico che si fa strada. E repubblicani e dem di sinistra chiedono spiegazioni alla Difesa: «Fino a quando?»

Troppe armi e troppi soldi: fino a quando?

Al Congresso Usa aumentano le preoccupazioni e cala il consenso bipartisan sull’intervento americano in Ucraina. «I repubblicani, che ora hanno il controllo della Camera, stanno esaminando anche le virgole degli oltre 112 miliardi di dollari stanziati in aiuti militari ed economici che erano stati approvati quando al Congresso la maggioranza era controllata dai democratici», annotava Marina Catucci qualche giorno fa. Peggio, durante l’udienza del Comitato per le forze armate della Camera, per la prima volta gli alti funzionari del Pentagono comparsi davanti al Congresso, hanno dovuto faticare per avere supporto alle loro richieste di nuovi soldi, miliardi, per altri armamenti da dirottare in Europa.

Pentagono al Congresso

Scopo della ‘Audizione’, discutere le misure adottate per garantire che le armi di fabbricazione americana vengano utilizzate dagli ucraini come previsto dagli accordi, perché fidarsi in guerra non è mai bene, e certi precedenti non aiutano. I funzionari del Pentagono hanno rassicurato riguardo l’uso delle armi inviate, soprattutto sul fatto che non vengano contrabbandate al mercato nero del terrorismo internazionale, che è una delle principali preoccupazioni dei repubblicani. Ma non solo. Chiaro da subito che «il tono del Congresso era cambiato rispetto a qualche mese fa». E il sottosegretario alla difesa Colin Kahl ha deovuto prendere atto che il sostegno stava venendo a mancare non solo da parte del Gop ma anche tra le file dei democratici.

«Alla fine di tutto questo, che cosa c’è?», ha chiesto il democratico californiano Ro Khanna.

Sostegno all”Ucraina ma non infinito

L’audizione dei militari ha svelato poco sul destino finale delle armi Usa in Ucraina ma molto sulla evoluzione politica interna statunitense. «Nonostante la maggioranza del Congresso continui a sostenere l’Ucraina in modo bipartisan, si sta formando una determinata minoranza che comprende i repubblicani di destra, che sono contro il coinvolgimento degli Stati Uniti nei conflitti stranieri, e i democratici liberal dell’ala più a sinistra contrari a ogni tipo di guerra».

La preoccupazione del Pentagono è che questa maggioranza di consenso che ancora esiste al Congresso possa indebolirsi col tempo se la guerra dovesse continuare a trascinarsi.

Il prezzo della guerra

Preoccupazioni diffuse per l’alto costo dell’invio di armi a Kiev, rilancia gran parte della stampa statunitense di qualsiasi schieramento, e questo renderà certamente più difficile per l’amministrazione Biden ottenere l’approvazione del Congresso sui fondi da stanziare per l’assistenza militare promessa. «Il prezzo della guerra ha spinto il Congresso a chiedere una serie di delucidazioni e supervisioni su come viene speso il denaro Usa, e alcuni di questi dettagli sono stati forniti ai legislatori, ma poche di queste rassicurazioni che arrivano dal Pentagono sono arrivate al pubblico», osserva ancora Catucci.

Mentre politicamente la base democratica che ha eletto Biden e che fra un anno dovrà affrontare un nuovo confronto elettorale, si avvicina sempre di più a quell’area di sinistra che si mostra insofferente all’intervento.

Le ‘ventennali’ guerre americane

«Come Stati Uniti siamo gli esperti mondiali di conflitti ventennali», denuncia ‘Peace in Ukraine’, gruppo pacifista che sta organizzando una serie di manifestazioni a Washington per chiedere al Congresso più sforzi diplomatici e meno impegno militare in Ucraina. «Non ci è bastato il Vietnam, e poi l’Iraq, l’Afghanistan. Ora il conflitto in Ucraina sembra destinato a seguire le stesse sorti. Continuando ad armare l’Ucraina il massimo che si otterrà sarà condannare quel piccolo paese a confrontarsi muscolarmente col gigante russo per anni. Non c’è possibilità che l’Ucraina vinca questa guerra, può solo resistere in una situazione di stallo».

«Quello che chiediamo è di intensificare degli sforzi diplomatici seri che sembrano languire, o essere del tutto scomparsi, anche nella retorica con cui si affronta questo immenso problema, mentre le espressioni belligeranti la fanno da padrone».

Tagsguerra Stati Uniti Ucraina


Perù e Brasile: la verità e i suoi tempi burocratici

Due distinte e diverse vicende in Perù e Brasile suggeriscono riflessioni convergenti sui rapporti tra verità politiche e verità giudiziarie, rispetto dei diritti e della dignità delle persone, grado di legittimità dei governi.

di Livio Zanotti

In Perù

Denunciato da più parti per gravi violazioni dei diritti umani, il governo peruviano di Dina Boluarte è chiamato dalle Nazioni Unite a risponderne entro 60 giorni indilazionabili. A quasi tre mesi dalla destituzione e incarcerazione del presidente Pedro Castillo, accusato dal Congresso di aver tentato un colpo di stato, le proteste di piazza dei suoi sostenitori continuano in gran parte del paese. Così come la repressione da parte dei reparti speciali della polizia anti-sommossa.

Il bilancio è tragico: 60 morti, un “fermato” scomparso, mille e 301 feriti dei quali un centinaio in gravi condizioni tra i civili; 580 i poliziotti finiti in infermeria, 12 gravi, nessuno colpito da armi da fuoco. Sono numeri che secondo gli osservatori dell’ONU misurano gli eccessi della repressione.

Solo nello sgombero del campus dell’Università di San Marcos, a Lima, dove avevano trovato rifugio alcune centinaia dei manifestanti giunti dal meridione e dall’interno del paese, per lo più indios quechua e aymara, e numerosi studenti, la polizia ha portato via 200 persone tra le quali quella che risulta “scomparsa”.

L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per la difesa dei diritti umani rileva che “lo stesso linguaggio ufficiale delle massime autorità peruviane” eccede i legittimi limiti giuridici, in quanto si spinge a “dichiarare guerra” ai manifestanti, che chiama “nemici della patria e terroristi”.

Parole che “autorizzano comportamenti conseguenti da parte delle forze di polizia”. E rivelano, andrebbe aggiunto, il sentimento di estraneità che il governo Boluarte sente nei confronti di una parte tanto rilevante della popolazione: è la questione storica che divide il Perù e ne ritarda lo sviluppo.

In Brasile

In Brasile, la Corte dei Conti competente ha infine riconosciuto la correttezza dei bilanci contabili dell’ex sindaca di San Paolo, Luiza Erundina, scagionandola da ogni sospetto. La notizia di per sé non meriterebbe una rilevanza internazionale. A renderla eccezionale, oltre alla notorietà politica nazionale della immediatamente interessata, è però il tempo richiesto dalla sentenza: 31 anni! Durante i quali Erundina, che oggi ne ha 88, anche grazie alla stima personale e alla solidarietà di molti avversari politici, è stata comunque un’attivissima parlamentare.

Prima dirigente del Partido dos traballadores, il PT, che ha contribuito a fondare accanto a Lula; poi, quando non ne ha più condiviso le alleanze centriste, del socialista, ecologista e femminista PSOL. Gli abnormi tempi burocratici di certe verità giudiziarie non possono evitare il sospetto che a ritardarle vi siano state remore culturali e interferenze politiche.

Da sempre animata da una passione missionaria, LuizaErundina sognava di diventare medica. Ma settima di 10 figli d’una famiglia contadina del Paraiba, nel misero Nordeste, da bambina lavorava vendendo per la strada le frittelle preparate in casa dalla madre. Frequentando la scuola quando poteva e per il resto arrangiandosi da sola con i libri presi in generoso prestito da insegnanti e vicini. Senza tuttavia mai arrendersi alla fatica. Con l’aiuto di una zia riesce a trasferirsi nella capitale dello stato, Joao Pessoa, e grazie a un parroco frequenta l’Università Federale, Scienze Sociali. Alla politica si avvicina con le Leghe Contadine del comunista Francisco Juliao, che lottavano per la riforma agraria.

“E’ una delle persone che potranno portare avanti il Brasile e pacificarlo”, mi disse il governatore del Pernambuco Miguel Arraes, un socialdemocratico conosciuto nel suo esilio di Algeri ai tempoi della dittatura militare, quando alla fine del secolo scorso me la presentò in una conferenza internazionale a San Paolo.

ildiavolononmuoremai.it


La mia idea di politica

di Giovanni Lamagna

Per me è sbagliato affermare che la politica è un lavoro come gli altri. Perché si lavora in primo luogo per una necessità materiale, per guadagnarsi da vivere. Mentre non si dovrebbe fare politica per guadagnarsi da vivere, come in un qualsiasi altro lavoro.

La politica è (o dovrebbe essere) innanzitutto un servizio – reso gratuitamente – alla comunità, un mettere i propri talenti a disposizione della comunità in cui si vive, perché la sua vita (e quindi indirettamente anche quella di chi si impegna in politica) sia la migliore possibile.

La politica, dunque, per me non è (o, meglio, non dovrebbe essere, come pure un illustre pensatore, quale Max Weber, quantomeno la definì) un lavoro, una professione. Ma è (o, meglio, dovrebbe essere) innanzitutto una sorta di vocazione, comune (o, meglio, auspicabilmente comune) ad ogni uomo, per la sua stessa natura di essere sociale.

Un modo di essere, quindi, di ogni uomo e non solo di una categoria particolare di persone, che la scelgono come lavoro, una professione (quasi) come le altre. Che in alcuni casi (eccezionali, però) è (può diventare) – meglio provvisoriamente, cioè per una fase limitata – anche una scelta (particolare) di vita, con un impegno a tempo pieno. Ma mai col fine primario che essa assicuri un’occupazione e, quindi, un reddito, in mancanza di altra occupazione e quindi di altra fonte di reddito.

Questa è la mia idea di politica! Come si vede, un po’ diversa (anche se, a leggere bene i suoi argomenti, non molto diversa) da quella di Max Weber, che su questo argomento nel 1919 tenne una memorabile conferenza, il cui testo fu pubblicato qualche mese dopo col titolo di “Politik als Beruf” (“La politica come professione”).


  • Ci pensa Giorgia
    di Massimo Marnetto Lampedusa: finta la scena (campo profughi ripulito per l’occasione); finto l’impegno europeo (redistribuzione su base volontaria, cioè briciole); finte le soluzioni nazionali proposte (più carcere, meno integrazione); vera invece l’esasperazione degli isolani che denunciano la truffa mediatica. Ma Lei tira dritto. Se la linea ‘’ci pensa Giorgia’’ si afferma, presto vedremo la … Leggi tutto
  • Dopo lunga malattia
    DOPO LUNGA MALATTIA. L’ONU è morta, scrive oggi Massimo, il titolo al pezzo l’ho aggiunto io. La causa di morte era presente già alla sua nascita, col diritto di veto attribuito alle grandi potenze che l’hanno fondata. Raniero La Valle e tutti noi di Costituente Terra continuiamo ad essere convinti che la soluzione ci sia ma ci sarà solo il giorno in cui avverrà anche tra i popoli e gli Stati quel riconoscimento reciproco dei diritti di ognuno con l’abbandono delle logiche di dominio purtroppo ancora in vigore. Una costituzione per la Terra.
  • La difesa dei confini
    il Consiglio dei ministri di lunedì scorso ha inserito nel decreto-legge per gli aiuti al Mezzogiorno nuove norme di contrasto all’immigrazione, ciò che nel linguaggio di Giorgia Meloni significa “la difesa dei confini”. Finora si intendeva come difesa dei confini il contrasto alle invasioni armate. Le nuove misure decretate in Italia dal governo hanno anche un sapore razzista perché destinate a colpire soprattutto profughi di pelle scura, e bisogna stare attenti a questo in tempi in cui in Europa ci si scambia accuse di nazismo. Ma se la risposta alla tragedia dei migranti viene iscritta nel capitolo della difesa dei confini, è proprio l’istituto dei confini, celebrati finora come sacri e inviolabili, che bisogna riformare.
  • Manca il come
    Meloni ha invitato la Von der Lien a Lampedusa per giustificare  ‘’una missione europea per fermare gli sbarchi’’, ma manca il come. Si fermano i barchini in alto mare ordinando di tornare indietro? E se non lo fanno, si bloccano tra le onde finché non affondano? E se iniziano a moltiplicarsi i naufragi, come farà l’Italia a sventare le accuse di respingimento e omissione di soccorso in mare illegali? 
  • Kiev fa causa a Polonia, Ungheria e Slovacchia sul grano. All’Onu contro la Russia
    Il commercio del grano crea nuove tensioni politiche in Europa dell’est. Il ministro del Commercio ucraino ha annunciato ieri che Kiev farà causa a Polonia, Ungheria e Slovacchia per aver mantenuto il divieto di importazione ai cereali provenienti dall’Ucraina. Zelensky alle Nazioni unite: «Dateci più armi e rinnegate la Russia». Il partito repubblicano Usa si divide sui finanziamenti a Kiev
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