Notizia e commento da Piero Orteca su Remocontro: «Joe Biden ha istituito il “Ministero per la Verità” No, non è una barzelletta e manco una sparata delle sue. Diciamo che vorrebbe essere una cosa seria ma, guarda tu, sfortunatamente, coincide proprio col giorno in cui si celebra a livello mondiale la libertà di stampa. Ma lui si dimentica del 1º emendamento». Già, come in Italia, l’articolo 21 della Costituzione, da chi aveva avuto la pensata di coinvolgere in Rai contro il corrispondente da Mosca, Marc Innaro, Copasir e servizi segreti.
In pratica, Biden ha incaricato il Dipartimento per la Sicurezza interna di “contrastare la disinformazione relativa alla sicurezza nazionale”. Per questo è stato creato un organismo, il “Disinformation Governance Board”(DGB), incaricato (secondo quanto scrive “Politico”) di focalizzare i controlli, specificamente, sulla migrazione irregolare e sulla Russia. Roger Kopple e Abigall Devereaux, del WSJ, estensori dell’articolo, dicono che sembra quasi uno scherzo del destino se la sigla DGB, ricorda molto da vicino quella del sovietico KGB.
Critiche feroci
Le critiche feroci si sprecano. Jeffrey Lord, su “The American Spectator”, dice: “Il primo posto dove cominciare a combattere la disinformazione, sarebbe proprio l’Amministrazione Biden. Ad esempio, per le affermazioni secondo cui il Presidente non era a conoscenza delle iniziative imprenditoriali di suo figlio Hunter; per l’inflazione transitoria “causata da Putin”; per l’ondata migratoria messicana definita “stagionale”; per l’uscita dall’Afghanistan considerata un successo, e i via di questo passo. Di conseguenza, è tempo di denunciare questo attacco alla libertà di parola, gestito dal governo esattamente per quello che è: vero e proprio fascismo”.
Democrazia da schieramento
Diversi analisti osservano che questo vero e proprio giro di vite in tema di comunicazione (e “disinformazione”) ha avuto un’accelerata, dopo l’acquisizione di “Twitter” fatta da Elon Musk.
Con i sondaggi che già giravano male, tra i Democratici è suonato l’allarme, aggiunge Orteca. “La sicurezza nazionale non c’entra un fico secco. Quella che invece c’entra è la sicurezza elettorale, dei liberal e del Presidente. Se Biden perde il controllo del Congresso i Repubblicani potrebbero riaprire le 87 pagine dell’indagine conoscitiva sul figlio di Biden (Hunter), per ora “congelata” al Senato. Il ragazzo, comunque, sarebbe sotto accertamento solo per problemi fiscali.
‘RealClearPolitics’
L’ultimo commento al “Ministero della Verità” di Biden, lo lasciamo a “RealClearPolitics”. Il prestigioso sito di analisi politica si è rivolto direttamente alla Casa Bianca, per sapere quali strumenti si intendano utilizzare per accertare la disinformazione. Hanno paura che, di questo passo, senza che se ne accorga, il Presidente degli Stati Uniti si metta sotto la suola delle scarpe il 1º emendamento.
Arretramento epocale negli USA sui diritti delle donne
Altra notizia riferita da Remocontro è che “la prima bozza dell’attesissima decisione della Corte Suprema su un importante caso che riguarda il diritto all’aborto sembra indicare che i giudici abbiano deciso di ribaltare la sentenza che dal 1973 garantisce l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza a livello federale, conosciuta come sentenza “Roe v. Wade”.
Nella bozza, diffusa in esclusiva da Politico lunedì, il giudice Samuel Alito, di orientamento conservatore, scrive per conto della Corte che la sentenza «è stata vergognosamente sbagliata fin dall’inizio e che pertanto dovrebbe essere rigettata».
La decisione definitiva della Corte è attesa per il prossimo giugno: se sarà quella anticipata nella bozza permetterebbe agli stati di vietare l’aborto.
Le conseguenze principali sarebbero soprattutto per gli Stati americani più conservatori, che negli ultimi anni avevano già limitato notevolmente l’accesso all’aborto e che potrebbero decidere di vietarlo del tutto, privando così milioni di donne dell’unico strumento legale che tutela il loro diritto di abortire.
Corte Suprema e nomine a vita
La Corte Suprema degli Stati Uniti è l’organo giudiziario più alto in grado del paese ed è composta da nove giudici, attualmente sei di orientamento conservatore e tre progressista. Il problema è che il loro incarico è a vita, salvo auto pensionamento. Questo ha concesso a Trump di nominare ben tre giudici costituzionali fortemente conservatori travolgendo ogni apparente equilibrio.
Leggi nazionali e variazione politica
Negli Stati Uniti l’aborto è legale a livello federale grazie alla storica sentenza “Roe v. Wade” del 1973, ma non c’è una legge unica che regola le modalità in ciascuno stato. La Roe v. Wade è stata confermata in varie occasioni proprio dalla Corte Suprema. Ma ora lo Stato del Mississippi sta chiedendo alla Corte Suprema di respingerle e ribaltarle, sostenendo inoltre che ciascuno stato debba essere libero di decidere se e quando vietare l’aborto.
L’aborto diventerebbe illegale in circa la metà degli Stati americani di loro, tra cui Alabama, Texas, Oklahoma e appunto Mississippi. «Ma soprattutto – in mancanza di una legge federale che al momento non sembra in discussione – diventerebbe una materia completamente soggetta alle scelte politiche dei singoli stati, per cui negli anni il diritto all’aborto potrebbe cambiare in continuazione da stato a stato in base agli orientamenti dei governi locali», sottolinea il Post.
Che negli Stati Uniti l’aborto sia legale grazie a una sentenza e non a una legge rende questa questione assai dibattuta e contestata da movimenti antiabortisti particolarmente forti
Tuttavia, secondo “il Manifesto”. nella bozza della Corte si legge tra le altre cose che ‘è il momento che si presti attenzione alla Costituzione e che si rimandi la questione dell’aborto ai rappresentanti eletti dalle persone’».
Come a suo tempo, parlo del lontano 1985, ebbi a constatare personalmente in una lunga e impegnativa inchiesta per Tg2 Dossier (“La Bibbia e la bandiera”) tra i fondamentalisti evangelici di vari Stati USA, la radicalizzazione della destra Usa è stata in gran parte costruita proprio sulla lotta all’aborto. E su questo tema si è fondata l’alleanza strategica di Ronald Reagan con lo zoccolo fondamentalista del cristianesimo evangelico. Recentemente è stata parte del populismo trumpista e oggi della campagna elettorale di Medio termine contro Biden.
La sentenza della Corte è destinata ora a sancire ufficialmente un ordinamento di tipo autoritario e discriminatorio sempre più apertamente invocato dagli integralisti.
L’intervista scandalo a Lavrov, ministro degli Esteri della Federazione Russa
“Un’onta insopportabile” secondo il segretario del Pd Enrico Letta. “Tutta l’Europa non parla d’altro che di un Paese che trasmette su una grande rete nazionale un intollerabile spot di propaganda antiucraina”, accusa il segretario del Pd Enrico Letta. Sulla stessa linea Iv, + Europa e infine i 5Stelle.
Identiche riserve espresse pure dal capo del Copasir Adolfo Urso: “L’intervento di Lavrov, per le modalità in cui è avvenuto e per la montagna di fake news che ha propinato, conferma le nostre preoccupazioni”, segnala Urso, annunciando per il 17 maggio l’audizione dell’ad Rai, cui seguirà quella del presidente dell’Agcom.

Intollerabile, insopportabile, inaccettabile. Sono gli aggettivi più usati nell’ esagitato scontro verbale, tutti contro tutti, sulle due parti in guerra. All’ossessione di rinnovare ogni volta come dovere d’ufficio la premessa che “in questa guerra c’è un aggressore e c’è un aggredito” pare che non potesse sottrarsi neppure Papa Francesco, anche lui raggiunto da critiche e proteste per aver accennato all’”abbaiare della NATO alle porte della Russia”.
Ma torniamo a Lavrov e alla sua partecipazione a “Carta Bianca” . Io penso che si possa, anzi si debba distinguere tra dichiarazioni che mantenevano comunque un interesse giornalistico, e l’assenza di contraddittorio da parte del giornalista. Non prima di aver precisato tuttavia che il compito di un intervistatore non è quello di contraddire ma di fare delle domande, meglio se quelle che l’intervistato non si aspetta e non si è allenato a rispondere, come accade raramente sui nostri telegiornali.
Sostiene Marnetto
La disinformazione (russa) deve far parte dell’Informazione (italiana)? Sì. E’ utile sapere come la pensano i giornalisti accreditati al Cremlino, anche quando negano l’evidenza. Quello che contesto è invitare queste persone in un talk perché fanno perdere tempo. Meglio mandare in onda una intervista dove manifestano il loro pensiero, per farne uno spunto di riflessione in studio. L’interazione no: fa solo degenerare il confronto in scontro, con scambio di accuse, se non peggio.
“Non mi riferisco all’assolo di Lavrov, ma a Otto e mezzo, quando la giornalista Yulia Vityazeva se n’è uscita col dna di Hitler presunto ebreo. Dando così implicitamente a chi professa questa religione la qualifica di ”razza”, biologicamente marcata. Questa oscenità ha giovato all’approfondimento? Sì, perché fa capire come l’antisemitismo sia uno strumento ancora usato dai dittatori come Putin.
Ma bastava una clip, come documento di una tesi aberrante, senza avere in collegamento la sua autrice impegnata a sabotare la discussione con altre patacche. Perché forse i conduttori non sanno che molti di noi spettatori – quando saltano i turni di parola e scoppiano le risse – spengono.
Quanto a me, mi trovo abbastanza d’accordo con il collega Paolo Di Mizio quando obietta :

- Sulla valutazione dei magistratiSi vuole introdurre la valutazione della Magistratura? Bene, allora li si faccia anche per gli altri poteri dello Stato. Per il Parlamento vedrei bene l’adozione del ‘’criterio di laboriosità’’: un quinto degli onorevoli e senatori più assenteisti nel biennio vengono sostituiti con elezioni suppletive programmate.
- ‘Peggio del presente, a Gaza, c’è solo il futuro’: Eric SalernoAltri ostaggi sono tornati a casa, tutti sembra, in relativamente buone condizioni di salute anche se traumatizzati dal rapimento e dalla prigionia nelle mani degli uomini di Hamas. In Israele manifestazioni di giusta felicità miste a paura per quello che è accaduto il 7 ottobre e per quello che potrebbe ancora succedere. Centinaia di video passano di mano in mano. In Israele e fuori.
- La differenzaÈ infatti enorme la differenza tra la guerra e la pace. E la tragedia è proprio questa, che la guerra si concede una pausa per riprendere ancora più incondizionata di prima. E ciò perché questa non è neanche degna di essere chiamata guerra, perché le guerre si fanno per ottenere qualcosa, che è la posta in gioco della guerra. Invece questa è una guerra che ha per fine la negazione reciproca dell’esistenza dell’altro. E attraverso un rovesciamento di ciò, nella costruzione di una umana convivenza tra i membri del popolo palestinese e i cittadini ebrei dello Stato di Israele, che può istituirsi, non una tregua, ma la pace
- ScendereMi tocca difendere il Ministro Lollobrigida, perché la sua richiesta di fermata del treno in ritardo, per proseguire in auto, era motivata da un interesse pubblico istituzionale, prevalente su quello privato degli altri passeggeri. Ovvero la sua presenza come Ministro – cioè a nome dello Stato – a Caivano, per inaugurare un parco ad alto valore simbolico, come riscatto di un territorio abbandonato al degrado e alla criminalità. (Marnetto)
- La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con IsraeleLa feroce rappresaglia di Israele nella striscia di Gaza, accompagnata da un’ aggressiva reazione dei coloni nella Giordania occupata, rischia ora di compromettere, a vantaggio di Hamas, anche il fragile compromesso con i paesi arabi moderati, avviato col “patto di Abramo” e la compiaciuta assistenza degli Stati uniti. La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con Israele.I Paesi arabi moderati, gli alleati di sempre, il lato debole della geopolitica americana prigioniera di Netanyahu in Medio Oriente. Prima tra tutti la Giordania. Re Abdullah II di fronte alla devastante reazione israeliana ai massacri di Hamas, sta per rivedere la trentennale ‘pacificazione’ con Tel Aviv, ma anche le relazioni privilegiate con Washington