Reader’s – 31 maggio 2023

Rassegna web di nandocan magazine

Rinnovamento PD. Basta mediare tra le correnti

Non sono trascorsi due mesi dall’elezione di Elly Schlein alle primarie del PD e già le si vorrebbe attribuire la colpa di un insuccesso elettorale, amministrativo per giunta. D’altronde lo avevamo previsto:

“Quella per la costruzione di una nuova sinistra – avevo scritto su Reader’s ai primi di marzo – deve necessariamente accompagnarsi a una rivoluzione culturale. La vittoria di Schlein alle primarie del Pd può rappresentarne il segnale di avvio, ma di certo non basta senza una vasta mobilitazione degli iscritti o simpatizzanti. Dove il contributo di idee e di programmi proceda dal basso verso l’alto e viceversa, con la parola e con il voto. In questo soprattutto la sinistra si distingue dalla destra. Guai se dal partito dell’Io si ritornasse ai capi corrente. Con buona pace dei media, quel tempo è finito o sarà finito il PD “.

Dunque, lo sapevamo. Una segreteria omogenea non basta senza riformare radicalmente il partito. Ci vorrà del tempo per superare ostacoli e resistenze, ma il segnale doveva essere dato subito, mentre al suo interno il PD “è rimasto sostanzialmente la vecchia struttura divisa in correnti ereditata dal “renzismo”, rammenta oggi alla Schlein l’ex presidente della regione toscana Enrico Rossi nel breve intervento che segue (nandocan):


Da Schlein mi aspetto una proposta di riforma del partito

Enrico Rossi* su Facebook

Voglio solo denunciare l’assurdità di un dibattito che dentro il PD sta prendendo piede e che intende attribuire a Schlein e al suo essere di sinistra la responsabilità dell’insuccesso delle comunali.
In realtà, tutti i dirigenti del partito dovrebbero ringraziare la nuova segretaria, voluta dal voto popolare dei simpatizzanti e della sinistra che ha ribaltato quello degli iscritti e delle correnti esterne. Infatti, il primo turno delle comunali dice chiaramente che il PD è riuscito a risalire di qualche misura dal disastroso risultato delle elezioni politiche come confermano anche tutti i sondaggi che lo danno sopra al 20 per cento.

A mio avviso, il problema che si apre oggi è di continuare sulla strada del rinnovamento di Schlein all’interno del PD che invece è rimasto sostanzialmente la vecchia struttura divisa in correnti ereditata dal “renzismo”.

La segretaria, piuttosto che continuare a mediare tra le diverse posizioni, come finora ha cercato di fare, dovrebbe dare battaglia politica, avanzare una proposta di riforma del partito, aprire il partito a chi l’ha sostenuta dall’esterno, elaborare un nuovo statuto ed indire i congressi, almeno quelli delle federazioni provinciali, sulla base di una nuova piattaforma politica e programmatica.

Il tema vero è la sostituzione della vecchia classe dirigente di origine renziana con una nuova classe dirigente in sintonia con il nuovo corso.
Senza questa coraggiosa ma necessaria iniziativa il rischio è che la nuova stagione politica inaugurata da Schlein sia di breve durata e che rapidamente regredisca con un ritorno al passato.
Non è tempo di indugiare ma di reagire.
Il punto politico è come portare nel partito quella spinta al cambiamento che dall’esterno ha consentito di eleggere Schlein alla segretaria.

*Pd, presidente della Regione Toscana dal 2010 al 2020


PD. Accordi e progetto

di Massimo Marnetto

Dilemmi a sinistra: se mi alleo, mi annacquo; se non mi alleo, mi secco. E poi le prossime elezioni europee sono col maggioritario, dove ognuno corre per sé. Che si fa: si rimanda l’avvicinamento o intanto si tirano giù dei punti condivisi? PD e M5S barcollano ancora dopo la bastonata alle amministrative, mentre cercano di uscire dallo stordimento.

Si chiama ”analisi della sconfitta” la medicina amara che nessuno vuole deglutire. Il modo migliore per eluderla è buttarla sulla necessità di alleanze ”a prescindere”. Cioè delocalizzando le cause della crisi sulla mancanza di accordi esterni, per non affrontare le carenze interne di persone e di progetto. Una tecnica buona per tirare a campare senza disturbare gli eletti, ma non certo per aumentare gli elettori.


Droni su Mosca, l’avvio simbolo della controffensiva ucraina

di Remocontro

Ora la capitale russa è a tiro. Colpiti palazzi dentro il raccordo anulare, danni e feriti leggeri ma è uno choc. Usa, Ue e Ucraina: «non ne sappiamo niente». Ma a Kiev nessuno ci crede. E l’interventista ministro degli esteri britannico di fatto conferma: «Kiev ha il diritto di colpire obiettivi oltre i suoi confini».

La capitale russa è a tiro

«Due scie che provengono da direttrici diverse, una da ovest e una da sudovest della città. Quella che fa danni è la seconda: sorvola la A-130, colpisce un palazzo di 24 piani sulla via Atlasova nel sobborgo di Nuova Mosca», racconta Roberto Zanini sul Manifesto. «Un drone ucraino, i pezzi di un drone ucraino abbattuto dalle difese elettroniche russe, i pezzi del missile russo che ha abbattuto un drone ucraino? Cambia poco. Mosca è ufficialmente a tiro». La controffensiva ucraina per la riconquista dei territori occupati, dice il presidente Zelensky, ha già la data d’inizio fissata.

Escalation

Mentre Kiev sopporta il 17esimo bombardamento missilistico pesante in un mese, la notizia è che anche Mosca è stata coinvolta nella sua stessa ‘operazione speciale’. Poco, per ora poco più di un simbolo – si parla di qualche ferito leggero medicato sul posto – ma diventa la ‘notizia di guerra’ della giornata. Non è il primo attacco su Mosca, altri droni diretti sul Cremlino, ma è il primo che colpisce davvero, anche se poco, pochissimo. «E colpisce vicino al cuore del potere, nell’area occidentale di Rublykova dove hanno le ville quelli dell’élite politico-economica – persino Putin risiede là vicino, a Novo Ogaryovo».

Accuse e smentite l’universo dei bugiardi.

Di questi droni su Mosca nessuno sa ufficialmente niente, l’universo dei bugiardi. Gli Stati uniti che hanno probabilmente rifornito il costruttore ucraino Ukrjet: «Stiamo raccogliendo informazioni, in linea generale non appoggiamo attacchi sul suolo russo», fa sapere il Dipartimento di stato. Non sa nulla l’Unione europea che «raccoglie informazioni» anche lei, ed è quasi credibile. Ad esagerare come spesso accade e a dire più del prudente, il ministro degli esteri della Gran Bretagna, James Cleverly, in visita in Estonia: «gli alleati occidentali, devono riconoscere a Kiev il diritto legittimo di difendersi entro i propri confini, ovviamente, e anche di proiettare la propria forza oltre i confini, contro obiettivi militari». Il suo omologo russo, Serghey Lavrov, ha subito ribattuto: «Le rassicurazioni Nato secondo cui il regime di Kiev non avrebbe lanciato attacchi in profondità nel territorio russo, si sono rivelate del tutto ipocrite».Quindi? La parola è solo alle armi.

‘Modellamento del campo di battaglia’

Il Financial Times spiega subito che è in corso un ‘modellamento’ del campo di battaglia per la controffensiva ucraina, imminente da mesi, per costringere il nemico a distrarre forze altrimenti schierate a difesa del vero obiettivo ucraino.

Le ‘armi difensive’ che non esistono

«La teoria delle armi difensive, concesse con riluttanza e sempre ‘a patto che’, si è sbriciolata via via che cresceva il loro calibro: dai mortai Himars ai Patriot ai carri Leopard ai caccia F-16, ogni limite è stato raggiunto e preso superato», l’amara ma incontestabile considerazione di Zanini.

Controffensiva come e quanto

In una fase in cui i vertici ucraini devono decidere con gli Stati Uniti, se e come avviare la controffensiva tanto annunciata, la strategia di Mosca sembra costretta su due coordinate, rileva Andrea Lavazza su Avvenire. La prima, strettamente militare con continui attacchi dal cielo che tengano impegnata la forza di fuoco delle batterie ucraine, distogliendole dal ruolo di supporto all’avanzata delle forze di terra. La seconda è più politica e di immagine: cercare di ribaltare su Kiev le accuse di terrorismo, sfruttando gli sporadici attacchi sul suolo russo obbligata dal fatto di avere promesso alla Nato di non usare sue armi in casa dell’invasore.

Ma nell’Alleanza, c’è divisione: la Casa Bianca non sostiene le azioni in Russia, mentre Londra afferma che sono un diritto del Paese aggredito. O più probabilmente, la recita delle diverse parti in commedia.


Qualche settimana fa, paventavo l’ipotesi che qualche editore di quotidiano, magari in periferia, si lasciasse tentare da ChatGPT per risparmiare sulle spese di redazione sostituendo con quella i giornalisti. Mi auguro che non sia ancora venuto in mente a nessuno, ma fa bene l’Ordine dei giornalisti ad affrontare anche questo deprecabile rischio in un corso di formazione (nandocan)

Social network, intelligenza artificiale e giornalismo: il 5 giugno corso di formazione in Fnsi

da FNSI

“L’impatto dei social network sul giornalismo. Intelligenza artificiale, responsabilità e deontologia tra informazione e comunicazione”: è questo il titolo del corso di formazione organizzato dall’Ordine dei giornalisti del Lazio che si svolgerà nella sala “Walter Tobagi” della sede della Fnsi (Corso Vittorio Emanuele II 349, Roma) il 5 giugno 2023 dalle 10 alle 15.

Il corso approfondirà le tematiche relative alle rapide trasformazioni tecnologiche che richiedono continua formazione per chi lavora nell’informazione e nella comunicazione facendo continuo uso delle piattaforme social e della rete internet.

Verrà sottolineata la centralità e l’efficacia delle ralazioni umane, che un’intelligenza artificiale non potrà mai garantire, specialmente in un lavoro come quello giornalistico che implica una rigorosa deontologia e al tempo stesso una responsabilità sociale. Verrà affrontato il tema dell’utilità della mediazione giornalistica tra social network, rete e tribù digitali.

Il corso, cui è possibile iscriversi entro il 31 maggio attraverso il portale della formazione dei giornalisti, darà diritto a cinque crediti formativi deontologici.

Fra i relatori previsti: Guido D’Ubaldo (presidente Odg Lazio), Vittorio di Trapani (presidente Fnsi), Domenico Affinito (segretario vicario Fnsi), Barbara Carfagna (Tgr Rai), Lorenzo Boffa (Innovative communication manager), Pasquale Mallozzi (docente di Sociologia della comunicazione), Vittorio Roidi (presidente Consiglio di disciplina dell’Ordine dei giornalisti del Lazio) e i giornalisti Maurizio Di Schino e Ivano Maiorella.


Bisogna mettere in conto gli imprevisti

di Giovanni Lamagna

Per quanto uno di noi possa tendere (per temperamento innato o per formazione acquisita) a prevedere tutto, a immaginare le cose il più possibile preventivamente, a progettare anche i minimi particolari di una situazione (ad esempio, di una scelta), ci sarà sempre qualcosa che sfuggirà ai nostri calcoli, che ci troverà impreparati e, alcune volte, senza immediate soluzioni a portata di mano per i problemi che ci si presentano innanzi.

Questa (anche questo) è la vita: l’imprevedibilità!


  • Migranti: dall’emergenza alla gestione
    ”Vuoi venire in Europa senza venderti tutto per pagare i trafficanti e rischiare la vita? C’è un modo legale per farlo: formazione europea gratuita in patria, esperienze stagionali in un paese UE, trasformazione dei soggiorni temporanei in permanenti. Contatta l’Agenzia Europea per l’Ingresso Legale.”
  • Il “migliore”
    Considero Napolitano un mediocre uomo politico. Sdogana l’arroganza a sinistra (poi seguito da D’Alema). Inizia a cercare i voti a destra (poi seguito da Renzi). Forza il concetto di surroga ”tecnica” della politica con Monti (poi seguito da Mattarella con Draghi).
  • America in confusione dietro Biden, con Trump che ‘pesca’ elettori afro-americani e ispanici
    Piero Orteca su Remocontro Un rincitrullito o un bandito, ovviamente ipotetici? ‘Blacks for Trump’, sbandierano i neri che sostengono Trump. E siccome le cattive notizie non arrivano mai da sole, nel mazzo dei più sorprendenti sostenitori del noto suprematista bianco, anche gli ispanici tra i possibili/probabili nuovi elettori che stanno gonfiando, a dismisura i sondaggi … Leggi tutto
  • Addio a Napolitano, dal Pci al Colle. Il primo presidente eletto due volte
    on Giorgio Napolitano se ne va il primo comunista al Quirinale, e il primo presidente della Repubblica ri-eletto per un secondo mandato, che poi, però, eserciterà per meno di due anni, prima di lasciare. Fu una dei prfotagonisti simbolo dell’eurocomunismo, la dottrina che Enrico Berlinguer fece sua negli anni Settanta, pur essendo Napolitano, da leader degli ex “amendoliani”, formalmente un avversario interno.
  • Ci pensa Giorgia
    di Massimo Marnetto Lampedusa: finta la scena (campo profughi ripulito per l’occasione); finto l’impegno europeo (redistribuzione su base volontaria, cioè briciole); finte le soluzioni nazionali proposte (più carcere, meno integrazione); vera invece l’esasperazione degli isolani che denunciano la truffa mediatica. Ma Lei tira dritto. Se la linea ‘’ci pensa Giorgia’’ si afferma, presto vedremo la … Leggi tutto
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: