Almeno per me, non ricordo anno peggiore di questo nella mia lunga e, tutto sommato, fortunata esistenza. Per la salute anche, ma non solo. La pandemia, la guerra e la vittoria elettorale della destra. L’ignoranza colpevole della politica di fronte alle piaghe e alle minacce che affliggono l’umanità, dalla guerra mondiale “a pezzi” alla crescita delle disuguaglianze. L’incredibile, ostinata difficoltà a comprendere che nessuno può salvarsi da solo e che un impegno onesto per il bene comune non vuol dire “sacrificarsi” ma provvedere saggiamente anche al proprio interesse.
A questo dovrebbe puntare l’educazione, in famiglia e nella scuola. Se non fossimo tanto indietro nell’evoluzione dell’homo sapiens, l’insensato spreco di risorse umane e materiali nelle guerre e nella corsa agli armamenti non sarebbe neppure concepibile. Ma non è vero che l’evoluzione proceda sempre con gradualità. Accade anche che vi siano dei “salti” da un’epoca all’altra, per un concorso di circostanze buone o cattive.
E come le inattese dimissioni del Papa oggi scomparso consentirono alla predicazione di Papa Bergoglio di portare la Chiesa nella modernità, fuori dalla sua dimensione sacrale, così dalle sofferenze “globali” di questi anni potrebbe venire l’aiuto per una nuova consapevolezza del destino comune e di comuni obbiettivi. È il mio migliore augurio per il 2023. (nandocan)
Grazie, Papa Benedetto

di Luigino Bruni (Avvenire)
Benedetto XVI, Joseph Ratzinger, ci ha lasciato nell’ultimo giorno dell’anno. Un giorno particolare, saliente, come lo è stata la sua vita. Papa Benedetto XVI e l’uomo, il professore, il sacerdote Joseph Ratzinger sono vissuti l’uno accanto all’altro, e in quasi dieci anni di pontificato.
In genere, la valutazione morale di un’esistenza non è data dalla media di tutti momenti della vita né dalla somma; quasi sempre, soprattutto nelle vite di donne e uomini con un compito da svolgere, il senso dell’intera esistenza dipende da pochi atti, qualche volta da un solo atto decisivo quello che svela il nostro destino.
Non è stata facile l’attività pastorale e teologica di Joseph Ratzinger. Uomo del concilio ne è stato interpretee e protagonista, ma poi ha dovuto attraversare la più grande crisi della chiesa dal medioevo: la post-modernità e quindi la fine della Christianitas (che neanche il concilio aveva colto).
La crisi, le paure, le incertezze e le ambivalenze di BXVI sono state quelle della sua chiesa. Una chiesa che lui ga amato più di se stesso, e quell’atto straordinario di rinuncia (molto simile a quello di Celestino), ha fatto del suo pontificato qualcosa di grande. Perché con quel gesto ha portato, sua insaputa, la chiesa nella post modernità: come avviene raramente nella storia, si teme con la ragione qualcosa per tutta la vita, poi un gesto fa fare alla carne ciò che il logos non sapeva fare.
Quelle dimissioni hanno posto fine alla visione sacrale del papato, lo hanno riportato alla sua dimensione evangelica di servizio, e così ha cambiato la storia dei futuri papi. E tornando Joseph Ratzinger dopo Papa Benedetto, ci ha detto, senza dirlo, che ogni uomo è più grande del proprio destino; è così è morto come era nato, Joseph, Adam, figlio della terra, come tutti. Non è facile lasciare la terra col nome col quale ci siamo arrivati, portando in dote tutti gli altri nomi del cammino.
Grazie Papa Benedetto, grazie Joseph Ratzinger: grazie per l’amore immenso alla chiesa, grazie per essere riuscito ad uscire di scena da vero uomo umile, grazie per la Caritas in Veritate, forse l’enciclica papale con le parole più belle e buone sull’economia; grazie per aver custodito il vangelo, per aver custodito una voce. Buon volo padre, buon volo fratello.
Un papa distante

di Massimo Marnetto
Benedetto XVI per me è stato un papa distante. L’ ”operaio della vigna” – come si è definito appena eletto – non aveva i calli, perché aveva passato la sua vita a sistemare gli attrezzi per governarla. Appassionato di teologia, viveva con inadeguatezza la guida di una struttura complessa come la Chiesa Cattolica. Un’impreparazione che si tradusse in analisi scorrette, come quando identificò la causa della pedofilia nella liberazione sessuale del ’68; o quando denunciò l’omosessualità come espressione dell’Anticristo.
Fu anche privo di intuito diplomatico nel dialogo interreligioso, che pure gli stava a cuore. Nel 2006 a Ratisbona citò un passo in cui si identificava l’Islam come religione violenta, umiliando così i musulmani moderati impegnati nella denuncia dei fondamentalismi. Nel 2009, revocò la scomunica al vescovo lefebvriano Richard Williamson, che aveva negato la shoah e persino sull’esistenza delle camere a gas, provocando la reazione delle comunità ebraiche. Tutto troppo complesso per un uomo che si era rifugiato da sempre nei libri.
Ecco, quindi, le dimissioni e la clausura che vanno rispettate, ma mai più un papa che non sia stato un parroco.
Doveva essere l’anno della liberazione dalla Pandemia invece c’ha portato la guerra in Ucraina

di Ennio Remondino
Dopo due anni di pandemia, il 2022 doveva essere un anno liberatorio, e invece è arrivata l’invasione russa dell’Ucraina. Guerra fredda Usa-Russia e tensione Usa-Cina su Taiwan. I prezzi dell’energia si sono impennati, e l’inflazione è schizzata alle stelle, mentre la globalizzazione sembrava andare in frantumi.
Nubi sulle nostre teste, ma sembra che all’orizzonte le nubi si stiano diradando, dice Ispi, l’istituto di studi di politica internazionale, a cui noi piace credere. «Il conflitto in Ucraina sembra entrato in una fase di stallo. L’Europa si è rifornita di approvvigionamenti di gas sufficienti a passare l’inverno. Il calo dei prezzi del grano hanno scongiurato una crisi alimentare mondiale. E l’inflazione sembra finalmente aver rallentato la propria scalata».
«Ma la tempesta è lungi dall’essere passata», e così non possiamo che guardare circospetti al 2023, col dubbio se la quiete sia realmente in arrivo.
La guerra russo-ucraina a sconvolgere tutto
La guerra russo-ucraina resterà un fattore chiave nei processi politici ed economici su scala mondiale nel 2023. Nei tre decenni successivi alla fine della Guerra Fredda, in Europa non sono mancati conflitti militari, nei Balcani occidentali, nel Caucaso meridionale e settentrionale e nel Donbass. Guerre che hanno avuto un’influenza limitata sulla vita sociale ed economica del continente e del mondo. L’invasione russa in Ucraina ha invece favorito numerosi cambiamenti nell’assetto geopolitico globale. Quali scenari prossimi possiamo immaginare?
Scenario #1: conflitto militare prolungato
Se tutte le parti in conflitto continueranno ad aumentare le dotazioni di armi e personale delle proprie truppe, lo scenario più probabile per il 2023 sarà il protrarsi della guerra in Ucraina. Né Kiev né Mosca comunicano direttamente ed entrambe le parti sembrano ancora impreparate a entrare nella fase dei colloqui di pace. Conseguenze, un’escalation del numero di vittime tra civili e combattenti. Problema emigrazione dall’Ucraina verso l’Europa e la Russia e ritorni degli emigrati nel 2022. Le sanzioni contro la Russia avranno anche ripercussioni per le economie occidentali. Nessuna delle economie del continente europeo sarà in grado di sostenere il tenore di vita che aveva prima del 2022.
Scenario #2: accordo di pace instabile
«C’è tuttavia ancora la possibilità di una sorta di accordo che potrebbe rallentare o congelare il conflitto per qualche tempo», afferma lo studioso di politica e storico ucraino Mikhail Minakov. La guerra ucraina ha minato la reputazione delle forze russe ‘secondo esercito più potente del mondo dopo gli Stati Uniti’. La sua debolezza potrebbe motivare il Cremlino ad accettare una qualche forma di armistizio provvisorio con Kiev. Lo stesso per parte ucraina, per far cessare la distruzione delle sue città, del sistema energetico e delle infrastrutture critiche. Tuttavia, le parti coinvolte nella guerra non hanno raggiunto i loro scopi e la pace in Ucraina potrebbe essere solo temporanea.
Impatto sicurezza dalla guerra
La guerra in Ucraina ha un impatto anche sulla sicurezza dei paesi europei ed eurasiatici. Tre i gruppi di paesi per grado di insicurezza. I paesi del primo gruppo, Bielorussia, Moldavia e almeno sette regioni della Russia occidentale e sud-occidentale, a rischio che la guerra in Ucraina finisca per coinvolgere anche il loro territorio. Nei paesi del secondo gruppo, Moldavia, paesi dell’Asia centrale, Caucaso meridionale e Balcani, i conflitti congelati di un tempo rischiano di uscire dal loro stato di ibernazione, e possono scoppiare con rinnovato vigore. Nel terzo gruppo, che comprende altri paesi europei, diverso modello socioeconomico e cambiamenti politici legati alla guerra possono favorire la presa di potere da parte di gruppi populisti.
Questo fenomeno potrebbe (come già succede) accelerare la corsa agli armamenti e portare le nazioni libere a una svolta illiberale o a una terza ondata di ‘autocratizzazione’ in entrambi i continenti.
Minaccia di una Russia troppo debole
Tra fallimenti bellici e un’economia in declino, la Federazione Russa è una potenza che si indebolisce rapidamente, e questo significa un vuoto di potere nell’Europa orientale e nell’Eurasia settentrionale. L’Occidente, la Cina, la Turchia e l’Iran avranno l’opportunità di aumentare la loro presenza col rischio di nuovi conflitti tra di loro per un’influenza sulla regione. La Russia isolata e impoverita entrerà molto probabilmente nell’area di sempre maggiore influenza della Cina. Se ciò accadrà, il blocco nell’Europa orientale potrebbe entrare a far parte della Grande Eurasia guidata da Pechino, mentre la prospettiva europea per i paesi dell’Europa orientale diventerà molto probabilmente irrealistica.
Economia: l’inflazione cede il passo alla recessione?
Il 2022 è stato un anno all’insegna della guerra e dell’inflazione con l’aggressione russa contro l’Ucraina praticamente inaspettata. La ripresa della domanda repressa durante la pandemia, i colli di bottiglia nelle catene di approvvigionamento e i prezzi dell’energia alle stelle hanno spinto l’inflazione fino a quasi il 10% nelle nazioni industrializzate, un livello inconcepibile da quando, inizio anni ’90, sono applicati regimi monetari studiati proprio per il controllo dell’inflazione. Problema 2023, «possibili alcune sorprese positive per l’economia cioè una crescita superiore alle stime e inflazione più bassa del previsto a condizione che non si verifichi una escalation della guerra», la previsione dell’economista ungherese Zsolt Darvas per Ispi.
Tutti i problemi da superare
I prezzi dell’energia continueranno a essere alti e molte aziende potrebbero non essere in grado di sostenerli, vedendosi costrette a chiudere. Ciò porterebbe a una riduzione della produzione e a un rialzo dei prezzi.
I colli di bottiglia delle catene di approvvigionamento continueranno.
L’ ‘inflation core’ (un indicatore che non tiene conto dei prezzi degli alimenti e dell’energia) è arrivata quasi al 5% nell’Eurozona, mentre negli USA e in Regno Unito si registrano tassi più elevati
e il potere di acquisto delle famiglie si riduce.
Gli indicatori di fiducia rilevati dai sondaggi sono in calo.
I tassi d’interesse delle Banche Centrali sono al rialzo.
- Sulla valutazione dei magistratiSi vuole introdurre la valutazione della Magistratura? Bene, allora li si faccia anche per gli altri poteri dello Stato. Per il Parlamento vedrei bene l’adozione del ‘’criterio di laboriosità’’: un quinto degli onorevoli e senatori più assenteisti nel biennio vengono sostituiti con elezioni suppletive programmate.
- ‘Peggio del presente, a Gaza, c’è solo il futuro’: Eric SalernoAltri ostaggi sono tornati a casa, tutti sembra, in relativamente buone condizioni di salute anche se traumatizzati dal rapimento e dalla prigionia nelle mani degli uomini di Hamas. In Israele manifestazioni di giusta felicità miste a paura per quello che è accaduto il 7 ottobre e per quello che potrebbe ancora succedere. Centinaia di video passano di mano in mano. In Israele e fuori.
- La differenzaÈ infatti enorme la differenza tra la guerra e la pace. E la tragedia è proprio questa, che la guerra si concede una pausa per riprendere ancora più incondizionata di prima. E ciò perché questa non è neanche degna di essere chiamata guerra, perché le guerre si fanno per ottenere qualcosa, che è la posta in gioco della guerra. Invece questa è una guerra che ha per fine la negazione reciproca dell’esistenza dell’altro. E attraverso un rovesciamento di ciò, nella costruzione di una umana convivenza tra i membri del popolo palestinese e i cittadini ebrei dello Stato di Israele, che può istituirsi, non una tregua, ma la pace
- ScendereMi tocca difendere il Ministro Lollobrigida, perché la sua richiesta di fermata del treno in ritardo, per proseguire in auto, era motivata da un interesse pubblico istituzionale, prevalente su quello privato degli altri passeggeri. Ovvero la sua presenza come Ministro – cioè a nome dello Stato – a Caivano, per inaugurare un parco ad alto valore simbolico, come riscatto di un territorio abbandonato al degrado e alla criminalità. (Marnetto)
- La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con IsraeleLa feroce rappresaglia di Israele nella striscia di Gaza, accompagnata da un’ aggressiva reazione dei coloni nella Giordania occupata, rischia ora di compromettere, a vantaggio di Hamas, anche il fragile compromesso con i paesi arabi moderati, avviato col “patto di Abramo” e la compiaciuta assistenza degli Stati uniti. La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con Israele.I Paesi arabi moderati, gli alleati di sempre, il lato debole della geopolitica americana prigioniera di Netanyahu in Medio Oriente. Prima tra tutti la Giordania. Re Abdullah II di fronte alla devastante reazione israeliana ai massacri di Hamas, sta per rivedere la trentennale ‘pacificazione’ con Tel Aviv, ma anche le relazioni privilegiate con Washington