NATO a Bucarest dove la crisi Ucraina nacque: più unita o più divisa che mai?
da Remocontro
Riunione dei ministri degli Esteri dell’Alleanza Atlantica. Fra gli invitati anche i rappresentanti di Finlandia e Svezia (da giugno in attesa delle ratifiche per entrare ufficialmente nella NATO), dell’Ucraina e, per la prima volta, del ministro degli Esteri della Moldavia.
Al centro della discussione ovviamente l’emergenza ucraina (La capitale resta al buio ma Kiev: «Ci servono missili»): aumento del supporto militare e il possibile rafforzamento del lato orientale della NATO, ma anche forniture extra di aiuti civili. NATO a Bucarest dove la crisi Ucraina nacque: più unita o più divisa che mai?
Con l’intensificarsi dei bombardamenti russi alle infrastrutture energetiche, molti ucraini dovranno affrontare il gelido inverno senza elettricità. Un’ulteriore arma a disposizione del Cremlino ma, avverte la NATO, gli aiuti non mancheranno.
Quando a Bucarest nel 2008 si generò la tragedia Ucraina
Un incontro, quello di Bucarest, dall’alto valore simbolico, rimarca con compostezza scientifica il rapporto ISPI, ricordano che proprio nella capitale rumena nel 2008 l’alleanza prometteva un futuro euroatlantico a Ucraina e Georgia. Una decisione fortemente voluta dall’allora presidente americano Bush, e questo già dice qualcosa, ma già allora molto controversa, e ciò dice quanto resta da sapere. Francia, Germania e altri paesi europei si opposero immediatamente, rifiutando l’ingresso dei due paesi nel MAP, il piano d’azione per l’adesione alla NATO. L’Europa preferiva infatti mantenere una strategia più cauta ed equilibrata nei confronti della Russia, che definì poi la promessa una “minaccia diretta” e in pochi mesi invase la Georgia.
Da Bush a Biden i fronti americani
Ma a preoccupare l’Alleanza oggi, non è soltanto Mosca. La guerra in Ucraina arriva come un monito per i Paesi occidentali che nei prossimi anni dovranno fare i conti anche con le dipendenze da altri Stati autoritari, afferma ISPI. Non ultima la Cina. Ed è subito un altro fronte su cui i membri dell’alleanza si ritrovano divisi: c’è chi vorrebbe privilegiare gli affari con la Cina (Ungheria, ma anche Germania), e chi vede il Paese solo come una minaccia da limitare (Usa) e vorrebbe aumentare la presenza della NATO nell’indopacifico. E mentre molti alleati sono favorevoli a un accordo su obiettivi come il potenziamento delle difese informatiche, non mancano gli scettici sulle ramificazioni del ri-orientamento verso l’Asia, sottolinea Ispi.
In fondo, l’alleanza è Atlantica, non Indo-pacifica.
L’attualità drammatica Ucraina
«Patriots e trasformatori sono ciò di cui l’Ucraina ha più bisogno». Riassume così le necessità del suo Paese Kuleba, in una delle ore più buie dall’inizio della guerra. Prima i missili e poi i generatori di corrente. «Se sul campo l’Ucraina è riuscita a ottenere successi importanti negli ultimi mesi, soprattutto nell’est, ora la situazione nelle retrovie sta rapidamente peggiorando», segnala Sabato Angieri sul Manifesto. La strategia russa di colpire le centrali energetiche e le sottostazioni urbane sta creando disagi indicibili e rischia di rompere il fronte interno a favore di una trattativa. Al vertice Nato era presente anche il segretario di Stato americano, Antony Blinken, a comunicare agli alleati le direttive politiche reali.
Il Piano americano contro Generale Inverno e Russia
Gli Usa hanno annunciato una sorta di piccolo «piano Marshall» per l’energia ucraina che proceda in parallelo ai vari pacchetti di armi già decisi per Kiev. In uno di questi, tra l’altro, secondo Reuters il Pentagono starebbe valutando una proposta dell’azienda aeronautica Boeing per fornire piccole testate di precisione a basso costo all’Ucraina. Tali ordigni si potrebbero montare su razzi già disponibili alle forze armate ucraine che, nel complesso, potrebbero colpire a ben 150 km di distanza, ben oltre le linee di difesa russe. L’armamento proposto dalla Boeing, chiamato Glsdb, Bomba di piccolo diametro lanciata dal suolo. Reuters parla di almeno una mezza dozzina, per la produzione di nuovi armamenti destinati all’Ucraina e agli alleati americani nell’Europa orientale.
Problema di costi e arsenali pensando alla Cina
L’amministrazione Biden stia cercando soluzioni immediate alla crescente necessità di armamenti di fronte al progressivo esaurimento delle scorte nei depositi militari e la Boeing non è la sola che si sta impegnando in questo campo. Gli Stati Uniti sono preoccupati per i propri interessi strategici nel Pacifico. Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, Washington avrebbe accumulato un «arretrato» di quasi 19 miliardi di dollari in armamenti destinati a Taiwan in funzione anti-cinese. Tra questi ci sarebbero i sistemi di lanciarazzi multiplo Mlrs, i lanciamissili anticarro Javelin e missili terra-aria Stinger fanto usati in Ucraina.
«Ora che anche in Cina sono iniziate le proteste contro il governo, il governo statunitense teme che l’instabilità di Xi Jinping possa influire negativamente sull’area», segnala il Manifesto.
Penato
di Massimo Marnetto

Mattarella che parla contro l’evasione fiscale in Svizzera è straniante. Lo fa dopo aver appena approvato una norma che facilita l’uso del contante per evadere meglio. E parla in Svizzera, dove coccolano gli italiani che depositano il denaro accumulato, proprio grazie agli affari in nero.
Ora aspetto che vada a Montecarlo per promuovere la lotta all’elusione fiscale degli sportivi; negli Usa, per sottolineare l’equità della sanità pubblica: in Cina, per celebrare la libertà di parola; in Israele, per esaltare il valore del buon vicinato. E sembra che i suoi assistenti abbiano penato non poco per dissuaderlo dall’andare a Ischia, per evidenziare la civiltà dei piani regolatori.
Fratelli d’Italia intitola un circolo nel Pavese a Italo Balbo

di Alekos prete
È stato intitolato al gerarca fascista Italo Balbo il circolo di Fratelli d’Italia di Retorbido. La sede ancora manca, ma nel frattempo si è svolta la cerimonia di intitolazione alla presenza della deputata Paola Chiesa.
“È sicuramente un segno del tempo che stiamo vivendo – sottolinea in una nota l’Anpi di Pavia – se a Retorbido una fantomatica sezione di Fratelli d’Italia viene intitolata a Italo Balbo: squadrista, ministro dell’aeronautica, primo governatore della Libia. E ancor prima quadrumviro della marcia su Roma, gerarca, comandante della Milizia, componente del Gran Consiglio del fascismo”.
Presentata anche un’interrogazione parlamentare da Arturo Scotto di Articolo 1. “Giorgia Meloni ha dichiarato di non aver mai subito il fascino del fascismo – osserva Scotto – Mi domando come sia possibile che un partito al governo di un Paese occidentale possa scegliere di valorizzare e commemorare le figure che hanno dato vita alla dittatura più spietata della storia del Paese”.
La deputata di Fratelli d’Italia ha replicato ricordando che nel 2018 l’Anpi di Carrara aveva denunciato Giorgia Meloni per apologia di fascismo dopo aver dedicato a Balbo una via del villaggio di Atreyu: “Rivendico la scelta di intitolare il circolo di Retorbido al maresciallo Italo Balbo. Invito a denunciarmi.”
- La differenzaÈ infatti enorme la differenza tra la guerra e la pace. E la tragedia è proprio questa, che la guerra si concede una pausa per riprendere ancora più incondizionata di prima. E ciò perché questa non è neanche degna di essere chiamata guerra, perché le guerre si fanno per ottenere qualcosa, che è la posta in gioco della guerra. Invece questa è una guerra che ha per fine la negazione reciproca dell’esistenza dell’altro. E attraverso un rovesciamento di ciò, nella costruzione di una umana convivenza tra i membri del popolo palestinese e i cittadini ebrei dello Stato di Israele, che può istituirsi, non una tregua, ma la pace
- ScendereMi tocca difendere il Ministro Lollobrigida, perché la sua richiesta di fermata del treno in ritardo, per proseguire in auto, era motivata da un interesse pubblico istituzionale, prevalente su quello privato degli altri passeggeri. Ovvero la sua presenza come Ministro – cioè a nome dello Stato – a Caivano, per inaugurare un parco ad alto valore simbolico, come riscatto di un territorio abbandonato al degrado e alla criminalità. (Marnetto)
- La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con IsraeleLa feroce rappresaglia di Israele nella striscia di Gaza, accompagnata da un’ aggressiva reazione dei coloni nella Giordania occupata, rischia ora di compromettere, a vantaggio di Hamas, anche il fragile compromesso con i paesi arabi moderati, avviato col “patto di Abramo” e la compiaciuta assistenza degli Stati uniti. La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con Israele.I Paesi arabi moderati, gli alleati di sempre, il lato debole della geopolitica americana prigioniera di Netanyahu in Medio Oriente. Prima tra tutti la Giordania. Re Abdullah II di fronte alla devastante reazione israeliana ai massacri di Hamas, sta per rivedere la trentennale ‘pacificazione’ con Tel Aviv, ma anche le relazioni privilegiate con Washington
- Professione reporter dopo il 7 ottobre. I dubbi di Eric Salerno (e non soltanto)Come è stata l’informazione dal 7 ottobre a oggi, ossia da quando i palestinesi –‘militanti di Hamas’, ‘terroristi’, ‘nazisti’, ‘criminali di guerra’, ‘partigiani’, ‘combattenti per la libertà’ o altri termini scelti da chi giudicava e raccontava – hanno dato l’assalto a Israele? Cosa sono oggi i giornalisti o fotografi ‘embedded’? Cosa rappresentano i palestinesi arabi che lavorano per i grandi media; giovani o meno che raccontano da Gaza? E la stampa israeliana? Quella italiana?
- PazzoGuardo l’Argentina e penso all’Italia. Nella nazione del Sud America la povertà si è talmente diffusa da risucchiare nell’angoscia metà della popolazione. I poveri prima smettono di votare (astensione), dopo scelgono il ”pazzo” più distruttivo del sistema che li ha affamati. E questo processo è più rapido se c’è l’elezione diretta del presidente (o del premier). (Marnetto)