“La ritualità del congresso sarebbe accanimento terapeutico”. A chiedere lo scioglimento del PD non è soltanto Rosi Bindi, ex presidente del Partito Democratico dal 2009 al 2013 oltre che ministra della Salute. Bindi ha firmato un appello insieme ad altre venti personalità del mondo cattolico. Tra cui Domenico De Masi e Tomaso Montanari. Dove si dice che la sconfitta alle elezioni parte da lontano: «Non c’è stata condivisione di un progetto politico che unisse ai valori del nostro campo la cultura di governo. E che sapesse interpretare l’esigenza di un radicale cambiamento che la situazione impone. Il Pd ha preferito rimanere al governo anche in momenti in cui sarebbe stato meglio andare a votare…». Adesso, secondo Bindi, è il momento di «essere tutti pronti a mettersi a disposizione, fino allo scioglimento dell’esistente, per costruire un campo progressista coinvolgendo quelle realtà sociali che già interpretano il cambiamento e non trovano rappresentanza politica».
Fabrizio Barca: “PD succube di Draghi. Non so se sia riformabile”
Ora anche Fabrizio Barca, economista, ex ministro con Monti, fondatore e coordina- tore del Forum Diseguaglianze e diversità, sia pure non in modo così esplicito, sembra essere dello stesso avviso. Come valuta il risultato delle urne? Gli chiede Andrea Carugati sul Manifesto di ieri. “Purtroppo questo esito era prevedibile”, risponde. “I programmi dei partiti di centrosinistra riflettevano solo in parte il fermento sociale e imprenditoriale che c’è nel paese…. Non hanno mostrato agli elettori che il centrosinistra è responsabile verso di loro, specie quelli più colpiti dalle disuguaglianze. Sono apparsi responsabili, ancora una volta, verso astratte istituzio- ni, e gli elettori si sono rivolti a un altro sarto”.
Ancora fortissima l’influenza del liberismo sul centrosinistra
A quali istituzioni si riferisca, lo spiega dicendo che è ancora fortissima l’influenza del liberismo sul centrosinistra e sul PD in particolare, che “si è rivolto ai mercati, alle classi dirigenti, come se il punto fosse convincere loro a votarli. C’è stata una marcatura di distanza, un non rispetto verso i potenziali elettori… Non solo non si è capita la profondità delle disuguaglianze sociali, ma c’è stato proprio un mancato riconoscimento degli interlocutori. E il messaggio degli elettori è stato: «Tu non hai capito chi sono, come sto, di che parli?». E hanno cercato un altro punto di riferimento: si noti che la somma di Fdi, M5S e Lega fa il 51%, nel 2018 era il 54%”.
Governo Draghi senza una ragione strategica
Col governo Draghi, aggiunge Barca, “non c’è stato un filo di visione del paese, di un futuro migliore”. Questa improvvisa libertà di spesa che sta arrivando col PNRR non costituisce un’agenda. “Il senso del governo Draghi quale era? É nato senza una ragione strategica. Per questo è stato assurdo da parte del Pd nobilitare quell’agenda, che non esisteva, come un progetto politico. I dem hanno pagato innanzitutto questa scelta”, puntando molto “sull’alto gradimento di Draghi. Ripeto, il governo è nato senza una missione”.
“La pandemia, il Pnrr…”, gli fa notare il giornalista. Risponde:”Sulla pandemia il ministro della salute è rimasto lo stesso, dunque c’è stata continuità con un lavoro che era stato ben impostato. Il Pnrr era brutto prima e tale è rimasto, un sollievo temporaneo”.
Un ritiro della politica dal suo ruolo,
Insomma, “per quanto riguarda il Pd, si è trattato dell’ultimo stadio di un ritiro della politica dal suo ruolo, iniziato negli anni Novanta. Stavolta la politica è proprio scomparsa per dare una cambiale in bianco a un tecnico. Ma quando rinunci a una tua visione strategica per investire un tecnico di questa funzione si arriva al parossismo del ritiro della politica. E nelle urne si paga. Se non racconti per fare cosa, a quale titolo chiedi il voto?”
“Quando la politica lascia un vuoto – è detto ancora nell’intervista – in democrazia questo tende a riempirsi. O con forme di democrazia partecipata o con pulsioni autoritarie. In Italia questo vuoto ha dato vita a fenomeni diversi che si sono susseguiti, dal M5S a Lega e Fdi”.
Non so se sarà possibile un processo di rinnovamento attorno al Pd
“Ora nel Pd si è aperta una discussione sul congresso e sul nuovo leader. Cosa ne pensa?”, gli chiede ancora Carugati. “Nel paese c’è la domanda di un partito della giustizia sociale e ambientale, risponde Barca, questo cogliamo col Forum. Ad oggi non c’è un referente che dia una risposta al fermento che c’è nella società. E sinceramente non so prevedere se questa domanda riuscirà a penetrare nei partiti esistenti, Pd e M5S in testa, a condizionarli. Non so se sarà possibile un processo di rinnovamento attorno al Pd. Finora non ci sono riusciti. L’ultima occasione è stata con le primarie del 2019, la “piazza grande” di Zingaretti. Ha lasciato amarezza. Ci si può riprovare? E avranno realmente intenzione di farlo o si tratta solo di aggiustare i conti tra gli attuali gruppi dirigenti?”
Trasferire potere (e non sussidi) a giovani, donne e migranti
Fabrizio Barca dunque non parla ancora di scioglimento del PD se non come di una possibilità nel caso che non decida di “cambiare strada”, seguendo la via che già gli indicano nel Paese “pezzi di società”, con esperienze radicali che potrebbero e dovrebbero essere “portate a sistema”.
“Noi come Forum da tempo ci concentriamo su tre capitoli: occorre trasferire potere (e non sussidi) verso i giovani, le donne, i migranti; creare servizi essenziali, educativi e della mobilità, a misura dei territori combinando saperi tecnologici e locali; e poi, la conoscenza e la ricerca come bene comune dell’umanità, a partire da una infrastruttura europea della ricerca. Questo è un esempio di visione radicale, quella conservatrice ritiene che basti far cadere denaro a pioggia”.
Fondamentale il confronto conservatori e radicali
“Sarebbe utile archiviare il Pd e dar vita a una nuova forza di sinistra?”, incalza Carugati. “La cosa fondamentale è che le visioni di conservatori e radicali si confrontino davvero, dentro e fuori dal Pd. Il conflitto di idee è importante e necessario, ma un processo così non si fa in pochi mesi. Per farlo non c’è occasione migliore che stare all’opposizione di un governo di destra. Questo conflitto è utile qualunque sia l’esito finale, e cioè la rifondazione del Pd o la nascita di nuovi soggetti. Basta essere consapevoli che questi nodi non si risolvono cambiando un segretario”.
Un “altro” partito

di Massimo Marnetto
Da Scegli a Sciogli. Dopo la botta elettorale, ecco le parole che vorrei sentire da Letta.
”Compagne e Compagni, il PD ha abbandonato chi è più in difficoltà, soprattutto i lavoratori. E loro hanno abbandonato noi. Siamo diventati il partito della ZTL, quelli delle Zero Tutele del Lavoro. Il PD ha fallito per colpa nostra, perché abbiamo smesso di batterci per la giustizia sociale e la dignità delle persone.
Ora, nasce un nuovo partito dalle fondamenta. Con sezioni sul territorio e una piattaforma per fare le ”primarie di programma” e individuare i temi prioritari; poi sceglieremo le persone più adatte a realizzarli. Ci si potrà iscrivere a un progetto, non al partito senza far nulla, per realizzarlo insieme ad un ”gruppo di scopo”.
Ogni sezione del centro dovrà essere gemellata con una della periferia per fornire ripetizioni gratuite ai giovani a rischio e altro sostegno; tutte le sezioni dovranno essere abbinate a un circolo di sinistra in una città dell’Unione Europea, per collaborazioni transnazionali.
Così diventeremo militanti attivi e informati su temi locali, nazionali e internazionali. Solo se saremo elettori competenti, avremo eletti competenti.
Compagne e Compagni, da oggi il PD è sciolto. Saremo impegnati solo nell’innovazione, nel solco che va da Gramsci a Berlinguer. Non dobbiamo essere tristi. Se non moriamo, non rinasciamo. Coraggio! (parte Bella Ciao)”
Brasile al ballottaggio, la polarizzazione riduce il vantaggio di Lula

di Livio Zanotti
Il vantaggio di 6 milioni di voti su Jair Bolsonaro, pari a 5 punti percentuali, non è stato sufficiente ieri a Lula da Silva per raggiungere la necessaria metà dei voti più uno e conquistare la presidenza della Repubblica al primo turno elettorale, come predicevano quasi tutti i sondaggi. L’ex capitano dell’esercito e il cosiddetto partito militare che vincolano a buona parte delle forze armate e alla loro ideologia tradizionalista e gerarchizzata ampi strati popolari di frontiera, borghesia minuta e marginalità criminogena, socialmente attigui ma in permanente, violento contrasto a difesa delle rispettive sopravvivenze quotidiane, hanno dimostrato un controllo del territorio e di quell’affollata parte dell’opinione pubblica che vi abita ben maggiore delle previsioni generali. Malgrado non raccolgano il favore della maggioranza delle donne e dei giovani.
Ballottaggio il 30 ottobre
Il voto dei poco meno di 124 milioni di persone affluite alle urne (su 226 milioni di abitanti), oltre il 79 per cento degli aventi diritto, ha subito ritardi e varie proteste, ma nessun incidente di rilievo né apprezzabili contestazioni nel corso dello scrutinio. In un paese vasto mezzo subcontinente, attraverso una geografia che riunisce tutte le meraviglie e gli ostacoli di una natura straordinaria, non è un risultato di poco conto. Lascia tuttavia più tensioni e incognite di quante non ne abbia risolte. In attesa che il prossimo 30 ottobre il secondo turno decida chi tra i due maggiori contendenti, gli unici effettivamente in gioco dei sette candidati che hanno partecipato all’elezione, conquisterà la massima magistratura dello stato e andrà ad occupare per i prossimi 4 anni il palazzo del Planalto, nella monumentale Brasilia di Costa e Niemeyer.
Destra evangelica e filo-militare
Bolsonaro e il suo Partito Liberale, che dell’accusa d’inaffidabilità del sistema elettorale avevano fatto un leit-motiv della propaganda fino all’apertura dei seggi, celebrano oggi i successi ottenuti nelle elezioni dai loro candidati al Congresso. Numerosi sono infatti i deputati e senatori diretta espressione della destra sostenuta dalle chiese evangeliche e filo-militare, sempre e comunque fieramente avversaria, spesso nemica dichiarata e militante delle organizzazioni di base che difendono i diritti civili in paese multietnico e multiculturale come pochi anche nella meticcia America Latina. Tanto per ricordare l’intensità dei conflitti che avvelenano ogni giorno la vita della gran parte dei brasiliani. Ma a cui volge le spalle per non vederli anche quella parte di borghesia urbana, colta e benestante, che -per esempio- ha eletto ieri al Senato l’ex giudice Sergio Moro, sanzionato dalla stessa magistratura penale per aver ingiustamente condannato e imprigionato il poi liberato e scagionato ex presidente Lula.
Fallita la proposta di riconciliazione nazionale avanzata da Lula
La proposta di riconciliazione nazionale avanzata da Lula, dal suo Partito dei Lavoratori e dalla coalizione extra-large che raggruppa 7 formazioni politiche, dai comunisti alla destra moderata laica e cattolica (non escluse frange integriste), ha fallito nel tentativo di penetrare nel fronte che ha potuto invece tenere insieme la legittima e anche onorevole opinione conservatrice con loschi interessi quali il narcotraffico e il crescente, più che allarmante commercio delle armi alla luce del sole tra la popolazione comune. Nelle fasce di media periferia, che -attenzione!- nel caos urbanistico di megalopoli come San Paolo e Rio s’intersecano con i quartieri alti fino talvolta a sfidarsi fisicamente lungo chilometri di strade e viottoli, simili a mobili fronti di guerriglia, quasi fosse il Donbass di vent’anni addietro. (Bolsonaro ha votato ostentando nel seggio il suo giubbotto anti-proiettile; ma anche Lula ne indossava uno.) Nel mese circa d’attesa del ballottaggio elettorale, sono questi i punti d’attrito permanente da cui si teme possano scaturire incidenti capaci d’incendiare il clima elettorale.
Corruzione e abusivismo edilizio
I pretesti che per i sostenitori di Lula (tutt’altro che smentiti dai portavoce delle Forze Armate) potrebbero essere invocati strumentalmente per una qualche forma d’intervento militare, sono conseguenza delle storiche arretratezze del paese. Quelle antiche dovute ai ritardi dello sviluppo, che impediscono una solida e diffusa cultura del lavoro, formativa di una coscienza di comunità e solidarietà. Sostituita giorno dopo giorno dal prevalere di bisogni immediati e improrogabili che rendono subalterni inconsapevoli delle peggiori strategie clientelari. Un esempio concreto e frequentissimo: nelle estesissime zone urbane di abusivismo edilizio, l’accesso a servizi primari come l’acqua corrente potabile e la rete fognante viene negoziato in cambio del sostegno degli abitanti a modificazioni del piano regolatore. Ma, in questi ultimissimi anni anche alla subordinazione alle milizie armate che sempre più numerose impongono il proprio ordine nelle favelas e dintorni. La crisi economica ha accentuato tutti i fenomeni di illegalità, che contaminano tutto ciò che toccano.
Nordeste e Bahia, le zone industriali roccaforti di Lula
Smaltita la notte elettorale, il Brasile torna già in campagna per il secondo turno. Bolsonaro è in testa nel distretto federale della capitale, grazie alle concentrazioni di militari e del ceto impiegatizio, base dell’evangelismo. Non prevale ma rafforza la sua posizione negli stati-chiave di San Paolo, Rio e Minas Gerais, grazie all’efficienza amministrativa dei suoi governatori. Si mantiene in equilibrio nel Sud. Sono le zone geografiche e sociali in cui farà il massimo sforzo: dichiara che vuol vincere con il 60 per cento… Ci si aspetta che il web venga trasformato in un vero e proprio campo di battaglia, con assalti di hacker e scorrerie di fake-news senza precedenti. Il Nordeste e Bahia, le zone industriali sono le roccaforti di Lula, nelle quali la sua coalizione farà il massimo sforzo di mobilitazione. Determinanti potrebbero però diventare gli atteggiamenti del sistema bancario, delle grandi multinazionali (comprese quelle cinesi), gli interessi dell’agro-esportatore e le associazioni industriali e commerciali che non manifestano pregiudizi. Le loro sono scelte basate su precisi interessi di categoria e di gruppo, non hanno particolare simpatia per Bolsonaro e con Lula presidente fecero ottimi profitti. Quei tempi però erano diversi per tutti e appaiono lontani.