Ha vinto il sistema
di Raniero La Valle
Cari Amici,
la sciagura è alla fine arrivata. Ha vinto la destra-destra; molti la chiamano fascismo. Anche la satira si è presentata il giorno dopo in camicia nera, come a dire: “ormai è fatta”. Arriva la prima donna, una sola, al comando, a sostituire l’ultimo uomo, che era tanto piaciuto a tutti, aveva occhi di drago (draghi e tigri tanto amati da Letta). E ora tutti piangono, perfino “La Stampa”, che è pentita, ed “Otto e mezzo”. Temono un governo come non ne avevamo dal 25 luglio 1943, per fortuna di mezzo c’è la Costituzione, non lo Statuto albertino.
Ma non ha vinto il fascismo. Ha vinto il sistema che con tanto trasporto e accanimento e falso messianismo, abbiamo creato. Il sistema che si fonda e si conserva costruendo il nemico: sul piano internazionale e sul piano interno, perché non ci può essere su un piano se non c’è anche sull’altro.
Abbiamo esorcizzato le idee per un sistema “a vocazione maggioritaria”
Sul piano interno il sistema lo abbiamo restaurato quando, con la fine del comunismo, temevamo di perderlo. Prima di tutto abbiamo esorcizzato le idee (dette ideologie) e sciolto i partiti: col pretesto che non avevano le mani pulite, abbiamo fatto sì che non avessero più mani (ci fu anche un libro di poesie intitolato così). Poi abbiamo licenziato pluralismo e proporzionale e abbiamo messo sugli altari un sistema “a vocazione maggioritaria”, come diceva il versatile Veltroni. Chi vince vince tutto, chi perde perde tutto, e il suo istituto fondatore fu battezzato con un nome inglese (come è d’obbligo), ed è lo “spoil system” (la divisione delle spoglie), senza pensare che la maggioranza se la potevano prendere gli altri.
Il Partito Democratico e l’Ulivo che avevano messo insieme, senza altre spiegazioni, le due antropologie che più si erano combattute e cimentate in un dialogo foriero di “cose nuove” e di un “uomo inedito”, si acconciarono a fare una delle due parti, senza una cultura , la parte che alzando le braccia al cielo Berlusconi, alla fine della campagna elettorale, esecra come “la sinistra!”.
E così, di Porcellum in Porcellum siamo arrivati a questa bella legge elettorale offertaci e mai ripudiata dal Partito Democratico, che fa fuggire i non rappresentati dai seggi e dà la maggioraza assoluta (quasi i due terzi!) a chi è minoranza nel Paese e crea un Parlamento, sfoltito di molti seggi perchè non sia troppo d’intralcio al governo.
Ma le due parti sono poi così diverse?
Ma le due parti sono poi tanto diverse? Tutte e due vogliono le stesse cose, un’economia che uccide, come la chiama il Papa, e disoccupati senza reddito di cittadinanza, e il Nemico esterno. Quest’ultimo è il grande unificatore di governo e opposizione, lo combatte uno schieramento che si chiama atlantista e si pretende, e non é, europeista, (almeno per una certa “idea di Europa”).
Adesso il nemico è Putin, perché proditoriamente ha invaso l’Ucraina, la cui indipendenza è tanto amata da Blinken e dagli Stati Uniti, che una volta si volevano prendere perfino Grenada, un’isoletta però più vicina. Ma Putin non è diventato il Nemico ora, come sarebbe plausibile, lo è da molto prima. Da quando gli Stati Uniti la NATO e l’Occidente hanno erroneamente pensato che non potevano sussistere senza un Nemico così persuasivo come l’Unione Sovietica, comprese le sue armi nucleari. E dopo un idillio brevissimo vissuto con Eltsin (dati i suoi meriti di rottamatore dell’URSS), hanno adottato la Russia come Nuovo Nemico (ma anche antico, con Dostoewski e i suoi libri tolti dalle biblioteche).
Ci sono solo due Parti, quella giusta e quella sbagliata
Lo ha raccontato Putin, quando non era così cattivo che un americano non ci potesse neanche parlare, e lo rivelò al regista americano Oliver Stone. C’era Clinton in visita al Cremlino e Putin gli disse “tra il serio ed il faceto”, che la Russia poteva entrare nella NATO, Clinton non lo escluse, ma la delegazione americana ne fu “terrorizzata”, perché senza nemico non si poteva stare, cioè fuori da un sistema su misura della NATO in cui, come spiegò Putin, ci sono solo due opinioni, “quella americana e quella sbagliata”, e ci sono solo due Parti, quella giusta e quella sbagliata, e una delle due è destinata a soccombere.
Fratelli al modo di Caino
È questo sistema che ha vinto in Italia e l’alternativa è molto evidente. Da una parte ci sono i “Fratelli d’Italia”, quelli che sono fratelli tra loro, e fratelli con quelli che, benché stranieri, sono simili a loro. Ma sono fratelli al modo di Caino, o al modo dell’inno di Mameli, con in testa l’elmo di Scipio e il mito della vittoria sugli altri intesi come “schiavi”, o come paria, così come Biden dice che devono essere i russi nella sua società internazionale pensata come una società divisa in caste, in cui i paria, i fuori casta, sono esclusi, perché sono meno che uomini.
L’alternativa: Fratres omnes
Dall’altra parte l’alternativa è molto chiara, e si dice in sole due parole: Fratres omnes, fratelli sono tutti, anche russi, americani e cinesi e anche cristiani e musulmani e credenti di ogni fede, come si è visto in Kazakhstan, col Papa in mezzo agli altri, non primo e non solo (chi sono io?) e anche con Giorgia Meloni, con tutta la sua classe dirigente che non c’è. Non ci vuole tanto a capirlo, basta essere “internazionalisti”, l’accusa più infamante che gli assassini di mons. Romero in Salvador imputarono a Marianella Garcia Villas, prima di ammazzare anche lei.
Benvenuta sorella Giorgia nel piccolo club delle donne potenti
Essere internazionalisti questo significa, e dar mano a una Costituzione della Terra. Ma per arrivarci bisogna esserlo prima, adesso, non dopo, altrimenti non resterà che una pallida utopia. Benvenuta sorella Giorgia nel piccolo club delle donne potenti, con l’augurio che non sia come altre, Thatcher, Golda Meir, Ursula, molto “sbagliate”.
Con i più cordiali saluti,
Noi e i social

di Giovanni Lamagna
Sento spesso dire con atteggiamento snobistico: “Io non frequento i social…”; e talvolta con espressione ancora più drastica e severa: “Io schifo i social!”. Non condivido né l’uno atteggiamento né l’altra espressione.
I social sono null’altro che delle “piazze”, che la moderna tecnologia ci mette a disposizione: piazze virtuali, che si sono aggiunte da qualche anno a quelle reali, da tempo immemorabile luogo abituale di incontro e frequentazione tra persone di vario tipo e livello. Dire “io non frequento i social” o, addirittura, “io schifo i social” equivale a dire “io non scendo mai per strada e non vado mai in piazza, perché schifo le persone che le frequentano”. Come se tutte le persone che frequentano strade e piazze fossero lo stesso tipo di persone; mentre non è così.
Nelle strade, nelle piazze, nei bar si incontrano persone che non sanno fare altro che parlare di sport o fare pettegolezzi, le classiche e banali “quattro chiacchiere da bar”. Ma ci sono e si incontrano anche persone che leggono libri oltre che giornali, che sono attente agli altri ed hanno sviluppato una sensibilità interiore, che sono capaci di una conversazione profonda e stimolante, oltre che educata, persino, gentile e garbata.
La stessa, analoga cosa avviene anche sui social: vi si incontrano persone banali, superficiali, astiose, rabbiose, che spesso insultano ed aggrediscono i loro interlocutori. Ma vi si incontrano anche belle persone: sensibili, intelligenti, persino colte, che sono disposte ad ascoltare ed imparare e dalle quali è possibile apprendere cose nuove e a volte molto interessanti e stimolanti.
Si possono incontrare persone come il cantante rapper Federico Lucia (in “arte” Fedez) e la sua compagna, l’imprenditrice e blogger Chiara Ferragni, che utilizzano i social, per fare mostra frivola e volgare del loro privato, come si usa fare ne “Il grande fratello”, al puro scopo di promuovere sé stessi ed ottenere, quindi, facile arricchimento.
Ma si possono incontrare anche persone di spessore e grande livello umano e culturale, quali (faccio solo tre nomi) Franco Arminio (poeta), Vito Mancuso (filosofo) e Massimo Recalcati (psicoanalista), dei quali leggo spesso cose interessantissime, a volte addirittura sublimi.
Frequentando i social non ci si condanna, quindi, ad incontrare solo persone cretine e negative; si ha anche la possibilità di incontrare persone positive e intelligenti. Basta saperle scegliere; proprio come si fa nel mondo delle amicizie reali.
Nord Stream, tagliato l’ultimo cordone che legava Mosca all’Europa
Alberto Negri sul Manifesto

Usa e Russia si accusano di avere fatto saltare le pipeline NordStream 1 e 2. La sola certezza al momento è politica: «Il cordone ombelicale che legava Mosca all’Europa sul gas ora è un relitto», scrive Alberto Negri sul Manifesto.
«Sotto l’acqua ribollente di metano nel Baltico c’è uno dei motivi dell’escalation della guerra mossa da Putin all’Ucraina e ora al punto di non ritorno».
Alle origini della guerra Ucraina
Gli Usa e la Russia si accusano, più o meno a vicenda di avere fatto saltare le due pipeline del Nord Stream 1 e 2 che collegano la Russia alla Germania. In realtà i due gasdotti (il secondo non è mai entrato in funzione) erano già da tempo al centro del conflitto.
Un’unica certezza
Sia a Est che a Ovest sanno che niente sarà più come prima: ovvero il cordone ombelicale che legava la Russia all’Europa sul gas è spezzato e ora galleggia in alto mare, forse destinato ad affondare per sempre nella ruggine del tempo, tra i flutti, come un relitto.
Un addio annunciato
Il 7 febbraio scorso, poco più di due settimane prima dell’invasione dell’Ucraina, il presidente Biden aveva affermato, in presenza del cancelliere Olaf Scholz in visita nella capitale Usa, che la politica energetica tedesca non veniva più decisa a Berlino ma a Washington: «Se la Russia – disse – dovesse invadere, cioè se carri armati e truppe attraverseranno di nuovo il confine dell’Ucraina, il Nord Stream 2 non esisterebbe più. Vi metteremo fine».
Immaginate come avrebbe reagito la Casa Bianca se la Germania avesse minacciato di “mettere fine a una grande pipeline americana in caso di invasione dell’Iraq».
Gli interessi Usa-Ue a confliggere
Il caso Nord Stream 2 è emblematico di come confliggevano gli interessi americani ed europei. Non si trattava soltanto di una questione economica ma strategica. Voluto fortemente dalla ex cancelliera Angela Merkel, il Nord Stream era la vera leva politica ed economica che tratteneva Putin da azioni dissennate come la guerra in Ucraina (c’era ancora l’accordo di Minsk 2). Molti non lo avevano capito perché attribuivano al gas russo una valenza soltanto economica: aveva invece un enorme valore politico per tenere agganciata Mosca all’Europa.
Il valore politico del gas tagliato
Il Nord Stream 2 era stato completato il 6 settembre 2021 per trasportare il gas naturale dai giacimenti russi alla costa tedesca, si estende per 1230 km sotto il Mar Baltico ed è il più lungo gasdotto del mondo. Era stato ideato per potenziare il gas già fornito dalla Russia all’Europa raddoppiando il tracciato del Nord Stream 1 che corre parallelo al nuovo progetto. L’infrastruttura costata 11 miliardi di dollari è di proprietà della russa Gazprom. La società possiede anche il 51% del gasdotto originale Nord Stream.
Il valore strategico per Mosca
Perché per Mosca aveva un valore strategico? Prima della costruzione dei due gasdotti Nord Stream, il gas russo passava via terra, attraverso i territori di Ucraina e Bielorussia. Una volta in funzione il Nord Stream 2 avrebbe consentito a Mosca di trasportare verso la Germania ulteriori 55 miliardi in metri cubi di gas naturale all’anno.
Quel pezzo di Europa nemica antica di Mosca
Il progetto Nord Stream nasce nel 1997, quando la situazione geopolitica di quel periodo già prevedeva che il gasdotto non attraversasse né i paesi baltici né Polonia, Bielorussia e Ucraina. Nazioni escluse da eventuali diritti di transito e che non avrebbero potuto intervenire sul percorso per sospendere la fornitura di gas all’Europa e mettere sotto pressione negoziale la Russia.
Colpo doppio
La posa della prima conduttura Nord Stream venne completata il 4 maggio 2011 e il 6 settembre dello stesso anno entrava in funzione, inaugurato l’8 novembre dello stesso anno dall’allora presidente russo Medvedev, dal primo ministro francese Fillon e dalla cancelliera Angela Merkel. Viene poi costruita una seconda linea del gasdotto Nord Stream che entra in funzione nell’ottobre 2012. E poco dopo si comincia a passare a un ulteriore potenziamento: nasce così il progetto di Nord Stream 2.
La strategia Usa senza la Merkel
Uscita di scena Angela Merkel, gli Usa hanno avuto campo libero. La guardiana di Putin e del gas non c’era più e gli americani hanno capito che il presidente russo era diventato più pericoloso ma anche più vulnerabile. Per due mesi gli Usa hanno avverto (?) dell’invasione dell’Ucraina perché sapevano che contestando, come hanno fatto, il Nord Stream 2 si apriva una falla. I gasdotti avevano legato Mosca all’Unione all’europea, la dipendenza dava a Putin un senso di sicurezza, lo strumento per condizionare gli europei e renderli più docili e interessati alle sorti della Russia.
Da subito è stata la guerra del gas
Quando Mosca ha capito che con Scholz il Nord Stream 2 non sarebbe stato al sicuro ha cominciato le minacce all’Ucraina, che in precedenza russi e tedeschi avevano pagato perché non protestasse troppo per la realizzazione del gasdotto, assai temuto dalla Polonia in quanto visto come uno strumento di espansione dell’influenza Putin. Gli americani per altro avevano già messo alle corde anche Merkel, obbligandola ad acquistare quantitativi di gas liquido americano di cui Berlino, allora, non aveva alcun bisogno. E che ora il segretario di stato Usa Blinken ci offre «per passare l’inverno» e che saremo costretti a pagare caro, posto che i produttori americani ne abbiano abbastanza da venderci.
I due errori dell’Unione europea
Il primo ridurre frettolosamente la dipendenza dal gas russo (45%) senza avere soluzioni alternative. L’Algeria di gas, da venderci, oltre a quello che già scorre nel Transmed, ne ha poco, meno ancora la Libia destabilizzata, cui ci lega il Greenstream di Gela.
Il secondo errore è stato mettere in crisi economie e governi, per cui sarà più difficile assegnare eventuali risorse all’Ucraina. Come si capisce bene in questa guerra, partita anche dal gas, a perderci saremo in molti.