Reader’s – 28 settembre 2022. Rassegna web

Probabile sabotaggio del gasdotto Nord Stream. Guerra di chi per arrivare a cosa?

di Ennio Remondino

Nord Stream, l’ipotesi di un attacco ai gasdotti. Secondo fonti del governo tedesco, «un incidente è altamente improbabile»: per Berlino entrambe le linee sarebbero state «attaccate». Da chi e per ottenere cosa? «All’origine dell’agguato potrebbe esserci l’Ucraina o un suo alleato. Oppure un’operazione russa sotto falsa bandiera, per alimentare insicurezza e far salire ulteriormente i prezzi del gas».
I danni sono avvenuti contemporaneamente su tre linee offshore di Nord Stream in un solo giorno e «sono senza precedenti», ha dichiarato l’operatore della rete Nord Stream e riporta l’agenzia russa Ria Novosti.
Il prezzo del gas sale del 20% poi si stabilizza al 10% dal prezzo giù esplosivo di ieri.

Nord Stream, «Danni senza precedenti»

Il «forte calo di pressione» annunciato lunedì 26 settembre dall’operatore di Nord Stream sarebbe stato causato da un attacco ai gasdotti 1 e 2. A sostenerlo sono fonti del governo tedesco, secondo le quali «un incidente è altamente improbabile»: per Berlino entrambe le linee sarebbero state «attaccate». Lo riporta il quotidiano tedesco Tagesspiegel.

Due esplosioni sottomarine

La rete sismica nazionale svedese ha comunicato poi di aver rilevato ieri, due esplosioni nell’area interessata dalla fuga di gas. Una delle due ha avuto una magnitudo di 2,3 gradi ed è stata registrata in ben 30 stazioni di misurazione nel sud della Svezia. La prima esplosione è stata registrata alle 2.03 di notte e la seconda alle 19.04 di lunedì.

Il Mar Baltico che ribolle

Bolle in superficie sul Mar Baltico. I ribollimenti al largo dell’isola danese di Bornholm hanno un diametro che va da 200 a 1.000 metri, annuncia l’esercito danese. Secondo le autorità, gli incidenti non hanno conseguenze per la sicurezza o la salute dei residenti delle vicine isole danesi di Bornholm e Christianso. Inoltre, l’approvvigionamento energetico del paese non è coinvolto.

Ipotesi attacco sottomarino

Sabotaggio. La pista ritenuta più plausibile dagli esperti, può essere stata commessa soltanto da uno Stato, con sommozzatori o con un sommergibile. Secondo il quotidiano Tagesspiegel, da fonte governativa a Berlino, si dibatte su due ipotesi principali: «All’origine dell’agguato potrebbe esserci l’Ucraina o qualche suo alleato. Oppure un’operazione russa sotto falsa bandiera, per alimentare maggiore insicurezza e far salire ulteriormente i prezzi del gas».

I sospetti della Russia

Sulla questione è intervenuta la Russia, che ha parlato di «una situazione senza precedenti che richiede un’indagine urgente». Mosca non esclude che i danni al gasdotto Nord Stream possano essere frutto di un sabotaggio. «Adesso nessuna singola opzione può essere esclusa», ha detto il portavoce del presidente russo, con maggiore prudenza di altre fonti.

Ucraina all’attacco

«La fuga di gas dal Nord Stream 1 non è altro che un attacco terroristico pianificato dalla Russia e un atto di aggressione nei confronti dell’Ue», spara su Twitter Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente ucraino. «La migliore risposta e investimento per la sicurezza è fornire «carri armati all’Ucraina. Soprattutto quelli tedeschi…», il messaggio incrociato a due bersagli. 

Poco prima del ‘Baltic Pipe’

Poche ore prima dell’inaugurazione di ‘Baltic Pipe’, che da ottobre trasporterà il gas norvegese a Danimarca e Polonia, segnala Limes, suggerendo altre ipotesi contrastanti. Queste fughe di gas creano un danno oggi nullo ma che domani può risultare grave. L’Europa dà per scontata la prossima interruzione dei flussi di gas russo e sta cercando alternative. Il danno maggiore è il rischio di un’escalation delle tensioni, ‘narrazioni confliggenti’, che se ne possono fare. Esempio immediato le forzature da Kiev e Varsavia.

Russia contro tutti?

La Russia ha già dimostrato di voler usare il gas come arma per fare pressione sui paesi europei e in particolare sulla Germania: «Il calcolo sinora errato del presidente Vladimir Putin che l’impennata dei costi dell’energia sia dovuta all’interruzione dei flussi gasieri e per le sue ricadute industriali e sociali induca Berlino e il resto dell’Ue a un ripensamento sulle sanzioni contro Mosca», la premessa di Limes.

Sabotare i gasdotti sarebbe inutile per i russi dal punto di vista pratico – basterebbe continuare a non inviare gas – salvo non immaginare una sorta di ‘strategia della tensione’ per spaventare gli europei, annota Niccolò Locatelli.

Lettura occidentale

Se avesse la certezza che si è trattato di un sabotaggio russo, sarebbe il segnale della disponibilità a colpire infrastrutture strategiche dei paesi dell’Unione e a spezzare anche fisicamente i legami tra Mosca ed Europa (nel consorzio proprietario di Nord Stream Gazprom è in maggioranza, ma il 49% è in mano a imprese tedesche, olandesi e francesi). E la concomitanza tra i guasti a Nord Stream e l’inaugurazione di Baltic Pipe non sarebbe una coincidenza, ma un avvertimento.

Domande e dubbi

«Da qui una serie di domande inaggirabili», propone Locatelli. «Putin è pronto anche a colpire i convogli che trasportano armi occidentali all’Ucraina? O addirittura i gasdotti che trasportano gas non russo? Interrogativi che potrebbero portare alla conclusione che sia attualmente impossibile pensare a negoziare e si debbano piuttosto aumentare il sostegno all’Ucraina e la pressione sulla Russia».

I dubbi letti dal Cremlino

  • Il Cremlino può rovesciare il ragionamento. Visto che il danneggiamento di Nord Stream non porta alcun beneficio pratico a Mosca, i sabotatori vanno cercati altrove. 
  • Per esempio in quella stessa Polonia che avversa non solo la Russia ma anche qualsiasi intesa russo-tedesca che non preveda il transito del gas sul suo territorio. 
  • O in quella Danimarca che arma l’Ucraina (l’incidente al Nord Stream 2 è avvenuto appena fuori dalle acque territoriali danesi). 
  • Oppure direttamente negli Stati Uniti, protettori di Varsavia e Copenaghen, esplicitamente contrari a Nord Stream 2 in quanto nemici giurati di Mosca (e sommessamente dell’asse Mosca-Berlino), e in prima linea nel sostegno a Kiev.

Complotto a stelle e strisce

Il sabotaggio e la successiva attribuzione della responsabilità alla Russia sarebbero dunque l’ennesimo complotto a stelle e strisce. Questa ricostruzione aiuterebbe a giustificare il proseguimento dell’invasione e la rottura totale dei rapporti con l’Occidente; potrebbe essere inoltre diffusa tra i filorussi d’Occidente per incrinare il fronte anti-putiniano.

Un’alternativa a questo conflitto di narrazioni sarebbe ridimensionare il sabotaggio per evitare l’escalation; questa alternativa implicherebbe la rinuncia a capitalizzare geopoliticamente l’ondata emotiva generata da episodi così allarmanti.


Sempre lui! La camicia nera culturale e politica

 Antonio Cipriani su Remocontro

Anche se indossano il doppiopetto, o la divisa, oppure vestono Prada e si dichiarano democratici, gratta gratta viene fuori la camicia nera culturale, quel modo spiccio e feroce di essere cristiani fregandosene del prossimo, di onorare di nascosto il busto del Duce, tollerando la goliardia che si esprime una volta con le mani a paletta nelle rievocazioni nostalgiche, un’altra nelle curve dove buona parte dell’universo ultras aderisce alla fascisteria dei modi, come mentalità e risentimento.

Per non parlare della venerazione per il decisionismo che scava scava è sempre depositato in fondo al cuore pavido dell’italiano medio, razzista, qualunquista, ignorante e quindi votato naturalmente a diverse forme di fascismo del terzo millennio, che siano quelle tragiche caricaturali, o che siano quelle drammatiche, tecnocratiche, ciniche, spietate e senza dare nell’occhio.

Fascisterie democratiche nei modi, trucide nei fatti

Fascisterie democratiche nei modi, trucide nei fatti: tipo far morire in mare i disperati, farli rinchiudere nei lager, dare al decoro delle città un’impronta maschia e definitiva, fatta di poveracci senza casa sgomberati a calci e idranti. O anche godere della distruzione della natura, perché chi prova a pensare in modo ecologico è un gretino,favorire la devastazione del paesaggio perché sopravvalutato, pestare se protestano i lavoratori che perdono il lavoro, dopo orripilanti e legali delocalizzazioni, inventare leggi elettorali talmente poco democratiche che verrebbe voglia di accettare la sconfitta. Che è sempre culturale e quindi politica.

Affonda le sue radici nella mentalità, in una parte della storia che dovrebbe aiutarci a capire e che invece viene ignorata. Così ci troviamo sempre a discutere degli effetti, delle emergenze, delle paure, dimenticando ogni passo fatto, di fronte alla nostra indifferenza, per arrivare a questa deriva oscena.

Noi continuiamo a fare del pensiero un’azione, a chiedere a tutti di tornare a occuparsi di cultura, di territorio, di politica; di non delegare acriticamente, ma criticamente stimolare discussioni e azioni, semplici, non virtuali, nel corpo vivo delle nostre comunità. Nei partiti, nelle associazioni, nelle istituzioni, sulle soglie del nostro abitare. Per riprendere il filo interrotto. Per non arrendersi all’evidenza che ci priva di democrazia.


Tra centro e sinistra

Enrico, stai sereno!

di Massimo Marnetto

Il PD è in cerca di donne per reagire allo smacco di genere della Meloni. E in tempo di funghi, sbuca l’autocandidatura della De Micheli, nuova come una Panda. La Schlein rimane in silenzio per capire quale reazione stia maturando nel partito: se una semplice rinfrescata alle pareti o l’abbandono della terrazza per scendere in strada. Il congresso sarà duro e una scissione quasi certa. 

Il PD – di centro e di sinistra – potrebbe decidere di definirsi in uno di questi aspetti e perdere l’altra componente. Se prevarrà quella di sinistra (Emiliano/Schlein), il nuovo corso si aprirà a Sinistra, Verdi e 5 Stelle. Se invece prevarrà la continuità (Bonaccini/De Micheli) è probabile il rientro di Calenda e Renzi, nel nome di un centrismo eclettico non più da nascondere. In entrambe le ipotesi, vedo difficile la convivenza sotto lo stesso tetto di chi perderà il congresso.


  • La differenza
    È infatti enorme la differenza tra la guerra e la pace. E la tragedia è proprio questa, che la guerra si concede una pausa per riprendere ancora più incondizionata di prima. E ciò perché questa non è neanche degna di essere chiamata guerra, perché le guerre si fanno per ottenere qualcosa, che è la posta in gioco della guerra. Invece questa è una guerra che ha per fine la negazione reciproca dell’esistenza dell’altro. E attraverso un rovesciamento di ciò, nella costruzione di una umana convivenza tra i membri del popolo palestinese e i cittadini ebrei dello Stato di Israele, che può istituirsi, non una tregua, ma la pace
  • Scendere
    Mi tocca difendere il Ministro Lollobrigida, perché la sua richiesta di fermata del treno in ritardo, per proseguire in auto, era motivata da un interesse pubblico istituzionale, prevalente su quello privato degli altri passeggeri. Ovvero la sua presenza come Ministro – cioè a nome dello Stato – a Caivano, per inaugurare un parco ad alto valore simbolico, come riscatto di un territorio abbandonato al degrado e alla criminalità. (Marnetto)
  • La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con Israele
    La feroce rappresaglia di Israele nella striscia di Gaza, accompagnata da un’ aggressiva reazione dei coloni nella Giordania occupata, rischia ora di compromettere, a vantaggio di Hamas, anche il fragile compromesso con i paesi arabi moderati, avviato col “patto di Abramo” e la compiaciuta assistenza degli Stati uniti. La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con Israele.I Paesi arabi moderati, gli alleati di sempre, il lato debole della geopolitica americana prigioniera di Netanyahu in Medio Oriente. Prima tra tutti la Giordania. Re Abdullah II di fronte alla devastante reazione israeliana ai massacri di Hamas, sta per rivedere la trentennale ‘pacificazione’ con Tel Aviv, ma anche le relazioni privilegiate con Washington
  • Professione reporter dopo il 7 ottobre. I dubbi di Eric Salerno (e non soltanto)
    Come è stata l’informazione dal 7 ottobre a oggi, ossia da quando i palestinesi –‘militanti di Hamas’, ‘terroristi’, ‘nazisti’, ‘criminali di guerra’, ‘partigiani’, ‘combattenti per la libertà’ o altri termini scelti da chi giudicava e raccontava – hanno dato l’assalto a Israele? Cosa sono oggi i giornalisti o fotografi ‘embedded’? Cosa rappresentano i palestinesi arabi che lavorano per i grandi media; giovani o meno che raccontano da Gaza? E la stampa israeliana? Quella italiana?
  • Pazzo
    Guardo l’Argentina e penso all’Italia. Nella nazione del Sud America la povertà si è talmente diffusa da risucchiare nell’angoscia metà della popolazione. I poveri prima smettono di votare (astensione), dopo scelgono il ”pazzo” più distruttivo del sistema che li ha affamati.  E questo processo è più rapido se c’è l’elezione diretta del presidente (o del premier). (Marnetto)
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: