Reader’s – 28 giugno 2022

Dal risultato delle amministrative le indicazioni per le elezioni politiche sono chiare, scrive Massimo Marnetto: “vincerebbe una Lista Civica Nazionale (LCN) e il Partito dell’Astensione Rappresentata (PAR).

“La LCN dovrebbe essere composta da chi – a livello locale – si è segnalato per volontariato civico ed è stato capace di riunire cittadini per risolvere almeno un problema: salvare un parco, eliminare una discarica abusiva, organizzare una raccolta fondi per ristrutturare un asilo, ecc. Primarie e chi vince diventa candidato in quel collegio della LCN, Invece il Partito dell’Astensione Rappresentata (PAR) potrebbe imporre l’obbligo di assenza in Parlamento per i propri eletti estratti a sorte, creando così un ”buco” nelle aule, che ricordasse visivamente agli onorevoli – ad ogni seduta – quanti scranni vuoti crea la loro inadeguatezza.

“Con l’azione-provocazione congiunta di LCN e PAR, i partiti capirebbero che sono in via di estinzione? Che non ce la facciamo più delle mezze calzette che non sanno far niente e allora fanno politica? Che se riempiamo il Parlamento di ladri, poi si fanno le leggi salvaladri? Forse, ma non è detto”.

(Scusi, ma lo sa che queste proposte sono populiste? Sì)


L’abolizione dell’aborto negli USA piomba sulla politica dell’America tutta

di Livio Zanotti

Affollati e decisi a non arrendersi, scorrono tuttavia pacifici le centinaia di cortei che percorrono le città degli Stati Uniti urlando contro la Corte Suprema che dopo mezzo secolo ha soppresso di fatto il diritto all’aborto. Si portano dietro ansie e tensioni forti, molta rabbia; ma nessun incidente davvero rilevante. E più di un’attivista delle maggiori organizzazioni femministe contraddicono esplicitamente saggi politologici e titoli di giornali che predicono rischi di guerra civile, a partire dall’assalto dei pretoriani di Donald Trump al Campidoglio di Washington un anno e mezzo fa. “Vogliono intimorirci, mirano ad avvelenare per tempo il clima elettorale. I sovversivi non siamo noi”, commenta Martha, sociologa di Women’s March Win.

Dall’ultimo week-end la protesta attraversa come un arcobaleno anche le strade di Atlanta e della Georgia. Bianche, nere, latinas, per la maggior parte giovani e giovanissime, numerose con i figli in braccio o in carrozzina, migliaia di donne si mobilitano per rivendicare la libertà di decidere esse stesse sulla scelta della propria maternità: “My body, My choice”. Hanno accanto boy-friends, genitori, mariti consapevoli che nel paese delle libertà l’estremismo conservatore sta riportando allo scontro duro la battaglia sui diritti civili, che sebbene inconclusa, appariva arginata da uno spirito negoziale. Le donne negli Stati Uniti sommano a quasi la metà dei 335 milioni di abitanti, un 25 per cento circa è in età riproduttiva e stime attendibili dicono che un terzo di esse hanno esperienza di un aborto, si tratta di decine di milioni di persone. E mezzo paese è con loro.

Non che fino alla scorsa settimana fosse facile per le donne degli Stati Uniti interrompere la maternità. Poiché comunque la liceità a ricorrervi non era garantita a livello nazionale da una legge specifica votata dal Congresso. Bensi, semplicemente, non era perseguibile in termini penali grazie al giudizio della Corte Suprema del 1970 su un caso divenuto perciò famoso, il Roe vs. Wade. La differenza è notevolissima e concreta. In quanto oltre al grave turbamento psicologico che in ogni donna produce la rinuncia a un concepimento, restavano da ottemperare le necessarie procedure per l’autorizzazione all’intervento. Che la mancanza di sufficienti strutture, in vari stati del Sud -Texas in testa e poi Missouri, Luisiana, Kentucky, Arizona e altri ancora- lo rendevano di fatto impossibile.

Costruita a questo scopo da Trump con le nomine mirate di giudici notoriamente di parte, con il rovesciamento della sentenza precedente la Corte ha dunque non solo compiuto una rozza giravolta giuridica, ma buttato olio sulle ceneri roventi di una questione umana e sociale delicatissima che ora spinge verso conseguenze imprevedibili, di certo dolorose. L’idea più diffusa tra le donne nei seminari aperti un po’ dappertutto e ascoltandone i discorsi nelle marce, è che nel partito repubblicano una parte almeno intende attaccare uno dopo l’altro i matrimoni dello stesso sesso, l’omosessualità tra adulti consenzienti, le unioni di fatto, l’accesso legale alla contraccezione. Sarebbe stata aperta una offensiva generale contro i diritti individuali. “Attenzione ai rischi di un’economia aperta e una morale chiusa”, avverte la nota scrittrice e giurista afroamericana Stacey Abrams, candidata democratica al governo della Georgia.

Tra i 25 milioni di latinoamericani cittadini degli Stati Uniti, pertanto votanti, e gli altri milioni che attendono di ottenere la nazionalità, l’inquietudine è duplice: per la nuova condizione propria che si trovano ad affrontare e per le prospettive che si aprono nei rispettivi paesi di origine. Il diritto all’aborto praticato nella superpotenza continentale era considerato dal femminismo a Sud del rio Bravo un modello da imitare. Nel tempo sono sorti vincoli operativi, tanto per lo scambio d’informazione quanto di consulenza legale e solidarietà politica. Soprattutto con le più fragili repubbliche dell’istmo centroamericano. Mentre Argentina, Uruguay, Cuba, Messico eColombia hanno in proposito legislazioni rispettose dell’autonomia delle donne. E in Brasile, per l’eccezionale rapporto tra l’estensione del paese e la sua burocrazia amministrativa, l’applicazione giudiziaria del divieto risulta assai blanda. La restaurazione del divieto in metà degli Stati Uniti fa temere, però, che possa rinvigorire il machismo più o meno latente nelle società latinoamericane; e che diventa militante nelle culture della destra politica.

Sappiamo che la storia non procede per linee rette; ancor meno, al suo interno, lo fanno il riconoscimento delle identità individuali pubbliche e private come pratiche di libertà. Ma trascinare una problematica così profondamente intima come l’aborto e tutte le altre legate all’identità soggettiva della persona sul terreno della morale religiosa, è l’azione più sconsiderata che si possa compiere ai danni della convivenza comune. Tuttavia è proprio quella che periodicamente, fin dagli anni Sessanta del secolo scorso con il pastore Jerry Falwell, chiese e sette evangeliche nordamericane, sostenute da settori della amministrazione pubblica e finanziate da fondazioni private, portano avanti all’interno degli Stati Uniti e nel subcontinente. Dal Messico al Brasile e al rio de la Plata, lungo ogni strada e in tutte le periferie dei grandi agglomerati urbani una crociata moltitudinaria invoca “la Signoria di Cristo per scacciare la maledizione di pagani, abortisti e femministe”.

Ho di quel periodo il ricordo non letterale ma nitido nella sostanza di un pertinente commento di Italo Calvino. Era intorno alla fine estate 1965, accompagnavo sui monti Appalacchi, nel sud-ovest dello stato di New York il regista cinematografico Luigi Vanzi, mio carissimo amico, impegnato nelle riprese del lungometraggio documentario “America Paese di Dio”. Incaricato di scrivere il testo del film, Calvino raggiunse la troupe in un villaggio di roulottes abitato da pensionati il cui reddito non permetteva loro di vivere in città. Colpito dall’intensità emotiva con cui molti di quegli anziani avevano seguito una cerimonia religiosa, Calvino disse che vi aveva intravvisto lo spirito teocratico degli Stati Uniti. Tanta fede, in una cultura che rifugge dal senso di contraddizione -aggiunse-, può diventare un fattore politico molto pericoloso per la stessa felicità che a tutti promette.


Industria militare. L’italiana Leonardo, ramo Usa, si fonde con l’israeliana RADA

da Remocontro, 27 giugno 2022

Chi decide la politica estera italiana? (nandocan)

«Leonardo SpA è sempre più made in Israel», la premessa di Pagine Esteri. Il 21 giugno la società a capo del complesso miltare-industriale nazionale ha comunicato che la controllata statunitense Leonardo DRS e l’azienda israeliana RADA Electronic Industries Ltd. hanno firmato un accordo vincolante di fusione.

Leonardo compra in Israele

Il braccio statunitense di Leonardo acquisirà il 100% del capitale sociale di RADA in cambio del 19,5% delle proprie azioni, Specifica Antonio Mazzeo. «Il gruppo italiano a capitale pubblico, tramite la propria controllata statunitense Leonardo Holding, continuerà a possedere l’80,5% della società combinata. Al perfezionamento dell’operazione, previsto entro la fine del 2022, Leonardo DRS sarà quotata sia al NASDAQ che alla borsa di Tel Aviv».

Tanti soldi e poi tante armi

Una società dal fatturato annuo superiore ai 2,7 miliardi di dollari è il vanto economico, senza troppe spiegazioni attorno, salvo un generico e criptico «business nelle soluzioni di difesa attiva». Poi qualche informazione in più. «La neonata società si concentrerà in quattro settori strategici: il rilevamento avanzato, le reti informatiche, la force protection, l’energia elettrica e i sistemi di propulsione, puntando in particolare allo sviluppo e produzione di sistemi di “difesa aerea” a corto raggio per contrastare gli attacchi con droni, missili, artiglierie e mortai, e apparecchiature per la protezione di veicoli da combattimento».

Dal troppo vago al troppo specifico

‘Force protection’, un altro titolo. Sempre a difenderci e mai ad attaccare. Scuola dialettica Usa bene interpretata dall’amministratore di Leonardo DRS, William J. Lynn III, già sottosegretario alla Difesa degli Stati Uniti con l’amministrazione Clinton e vicesegretario con Barack Obama. L’ex vicesegretario Usa va subito al concreto. «Il conflitto in Ucraina ha mostrato la vulnerabilità delle forze armate agli attacchi dei velivoli senza pilota e ha evidenziato la necessità di sistemi di protezione moderni ed efficienti». Tutti pronti a comprare, la sintesi sperata.

La lettura dei bersagli potenziali

«Oltre all’odierno conflitto in Europa – sempre la lettura Leonardo versione Usa – la lotta al terrorismo e contro le minacce di Cina, Russia ed altri paesi». ‘Altri’ imprecisato a decisione di chi? Ci coglie un sospetto. Fondata nel 1970, RADA Electronic Industries Ltd. ha il quartier generale a Netanya, una trentina di km a nord di Tel Aviv. In Israele occupa più di 250 dipendenti e possiede anche un centro di ricerca nell’High-Tech Park di Beer’Sheva, nel Negev, e uno stabilimento nella città settentrionale di Beit She’an. «Il gruppo ha consiglieri d’amministrazione e manager con lunga esperienza nelle forze armate israeliane e nelle maggiori aziende del comparto bellico internazionale». Rassicurante.

Ex vertici militari israeliani al comando

Nel board dei direttori di RADA compaiono il generale Guy Tzur, già comandante delle forze terrestri israeliane dal 2013 al 2016: il generale Alon Dumanis, già a capo del Comando Materiali delle forze armate; Joseph Weiss, comandante della Marina, già presidente della più grande società del settore aerospaziale del paese; il generale Alon Dumanis, ingegnere aerospaziale; gli ex piloti di caccia Elan Sigal e Dov Dubi Sella; Oleg Kiperman, già ingegnere dell’Israeli Air Force Weapons Control Branch; Alon Amitay, dal 1991 al 1998 project manager al quartier generale dell’Aeronautica; Ilan Wittenberg , ex ufficiale del settore intelligence; Gil Schwartz, già pilota di elicotteri d’attacco; Rann Marom, ex ufficiale dell’Israeli Intelligence Corps; Scott R. Wood, ex ufficiale della componente subacquea di US Navy ed ex manager dei colossi Lockheed Martin e Raytheon e di DRS Leonardo.

‘Protezione militare attiva’

RADA Electronic Industries Ltd. ha venduto i propri sistemi di guerra alle forze armate di una trentina di paesi. Nel 2021 il 72% del fatturato è stato conseguito negli USA, il 15% in Israele, l’8% in Asia e il 4% in Europa. Molti degli affari dell’azienda israeliana sono legati ai “successi” di alcuni dei sistemi impiegati dalle forze armate di Tel Aviv nelle ultime operazioni d’attacco contro la Striscia di Gaza.

Sul fronte di Gaza

Nel maggio 2021 l’azienda fusasi oggi in Leonardo ha ricevuto un riconoscimento ufficiale da parte delle forze armate di Israele per il supporto nel corso di “Protective Edge” (Margine di Protezione), l’operazione militare dell’estate 2014 che costò la vita ad oltre 2.300 palestinesi, tra cui 570 bambini.

Leonardo americana

Leonardo DRS impiega più di 47.000 dipendenti e ha il suo quartier generale ad Arlington, Virginia. La società con amministratore delegato William J. Lynn III ha ottenuto altre importanti commesse direttamente dal Pentagono. Nel luglio 2020, un contratto di 255 milioni di dollari per un satellite di telecomunicazioni per il Comando delle forze armate statunitensi responsabile per le operazioni nell’Oceano Pacifico e in parte dell’Oceano Indiano.


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