Per la prima volta nella mia lunga vita e per motivi indipendenti dalla mia volontà (barriere architettoniche, complicazioni burocratiche per chi si trova provvisoriamente nell’impossibilità di muoversi con le proprie gambe fino alla cabina elettorale) non andrò a votare alle elezioni politiche. Anche se mai come questa volta avrei sentito la necessità di non far mancare il mio voto contro la minacciosa deriva sulla destra della barca comune. Allora vorrei proprio che qualche compagno deluso che aveva deciso di astenersi andasse oggi a votare al mio posto. In culo alla balena e ai sondaggi (nandocan)

Newsletter n. 93 del 23 settembre 2022
Il Voto
Cari Amici,
siamo giunti al venerdì della chiusura della campagna elettorale. Non possiamo che raccomandare di andare alle urne ed esprimere il voto, Nell’attuale situazione la rinunzia alla scelta, anche se fosse per esprimere una protesta, sarebbe inefficace e influirebbe negativamente rispetto ai mali che si vorrebbero evitare. Vi segnaliamo la possibilità di far registrare al seggio un reclamo contro l’iniqua legge elettorale esistente (il “rosatellum”) secondo quanto suggerito da “Critica liberale” e altre personalità, e si può trovare al seguente link:
Nel sito pubblichiamo l’elenco definitivo dei candidati che hanno aderito all’appello di molte centinaia di elettori per un Protocollo sul ripudio sovrano della guerra e la difesa dell’integrità della Terra da proporre nella prossima legislatura. Lo hanno sottoscritto più di sessanta candidati, in grande maggioranza candidati di Unione Popolare con De Magistris (a partire dallo stesso De Magistris) e candidati di Alleanza Verdi-Sinistra, che ringraziamo di cuore, come anche qualche candidato autorevole del PD, del Movimento Cinque Stelle, di Italia Sovrana e Popolare, e due candidati alle elezioni regionali siciliane.
Nel sito pubblichiamo un discorso di Raniero La Valle, (“Pace, delitti castali e ripudio della guerra”) per una fiaccolata a Castel S. Angelo promossa da Unione Popolare.
Con i più cordiali saluti,
Il furbettame si è fatto Stato
Antonio Cipriani su Remocontro

A un certo punto del nostro declino culturale, sociale e politico, sono apparsi i furbetti del quartierino. Vestiti come i faccendieri degli anni Ottanta, erano ambiziosi banchieri, immobiliaristi rampanti, affaristi che avevano lo scopo di trasformare il mattone in oro. Oggi fanno parte della preistoria del Paese pessimo che nel Terzo millennio non si è fatto mancare niente, ma quindici anni fa rappresentavano l’Italia che non deve chiedere mai, il manipolo di potentucoli affiliati alla politica in grado di non aver altro limite se non quello segnato dalla loro azione.
Non so perché proprio oggi mi tornano in mente questi frammenti di un passato opaco. Forse perché anche in questa fase storica di furbetti ne abbiamo a bizzeffe. Di personaggetti che si cullano sulla propria onnipotenza, ritenendola figlia di merito e non di quello stesso meccanismo di potere mediocre, invisibile e invincibile. Alcuni non hanno meriti ma neanche colpe: sono nati nelle famiglie giuste, hanno poggiato le terga nei salottini di classe, hanno ereditato posizioni senza neanche porsi un dubbio. Hanno un’arroganza implicita. Altri hanno saputo obbedire senza darlo a vedere; hanno scalato le gerarchie sapendo quando attaccare alzo zero con le spalle coperte e nel nome di qualcuno, e quando sfilarsi nell’ombra, nelle serate noiose di sfrenata allegria elegante, frequentando i divani più indicati. Sono tutti loro, i grandissimi del giornalismo, della politica celata nelle pieghe degli affari, dell’adulazione al potente di turno che genialmente paga, realizza, pretende, fa la storia. E se proprio non ci riesce, cerca di modificare la geografia.
Un furbettame che si è fatto Stato. Un gioco delle parti che ha sostituito la politica, rendendola uno spiacevole incidente di percorso, un tamponare falle continue sul piano ambientale, sociale, di uguaglianza e diritti. Un rincorrere decisioni che non sembrano utili ai territori, alle comunità che li abitano, agli esseri umani che vivono una vita semplice fatta di gioie, dolori, speranze, figli che crescono, alberi che fanno ombra, prati dove crescono papaveri, lavori con le mani, ceramiche dipinte, sorrisi, danze senza telefonini in mano, di libertà contro il tramonto, per il semplice fatto di farlo, non di celebrarlo sui social. Insomma la vita, quella cosa meravigliosa che sembra così distante dalla narrazione mediatica e nel contempo estranea rispetto agli interessi del furbettame.
Ed è questo il punto. La democrazia si è arenata sul concetto di delega incondizionata a un gioco a incastro di interessi che niente hanno a che fare con le nostre vite, se non incidentalmente, se non fosse il fatto che noi subiamo le conseguenze di questa spettacolarizzazione della dialettica politica. Un qualcosa che somiglia al mercato dei calciatori, alla rappresentazione sempre più personalistica degli interessi in gioco. Le idee, le ideologie, il senso delle cose, il campo politico nel quale si affrontano interessi sociali diversi, sono spariti in un frullatore virtuale.
Beh, che dire, siamo stremati e anche stavolta voteremo il meno peggio. Voteremo chi prova ancora a pensare che esistano diritti sociali e civili, o per lo meno per chi ci prova e nonostante tutto, le cadute e gli errori, rappresenta una comunità di esseri umani che cercano risposte e giustizia sociale. Una comunità migliore di qualunque rappresentanza, che avrebbe diritto ad averne una, civile, culturale e politica. E nello stesso tempo ha il dovere di battersi per averla. Ognuno di noi dovrebbe battersi contro il furbettame, sapendo che i diritti non si concedono. Si conquistano con la lotta. Giorno dopo giorno, non nell’arena mediatica delle posizioni precotte, nella vita. In quella vera, nei territori, per le strade del nostro abitare, difendendo la democrazia.
Fungo

di Massimo Marnetto
Mi godo le ultime ore di un Paese non di destra. Spero nella sorpresa. Non dico la vittoria della sinistra, ma almeno un contenimento della destra. Temo però che se la Meloni non stravince, inizierà subito ad evocare brogli, pretendere riconteggi, imitando il suo amico Trump nel vittimismo aggressivo del trionfo negato. Letta invece sente scricchiolare la botola sotto i piedi. Se il PD non si piazza bene, è già pronto il congresso (cfr. Prodi). A quel punto, se Landini rifiuta, c’è solo un altro potenziale Segretario per rilanciare il partito: Elly Schlein.
Giovane, coraggiosa, indipendente da capicorrente, capace di comunicare, con intelligenza di temi sociali, civili e ambientali. E anche donna libera. Allora sì che cambierebbe il versante PD/Sinistra. Magari con alleanze con Conte, Fratoianni e i Verdi. E con un partito svecchiato, capace persino di coinvolgere e intercettare le richieste dei giovani di Friday For Future. Intanto, contro lo stress elettorale che sale, ho trovato il rimedio: vado alla Sagra del fungo porcino (Oriolo-Viterbo).
I fridays for future: basta von le chiacchiere sul clima

di Giacomo Pellini
I giovani del movimento ambientalista scendono in piazza per lo sciopero globale. E in Italia, a due giorni dalle elezioni, chiedono ai partiti di affrontare non solo a parole la crisi climatica. Le voci degli attivisti
Trasporti pubblici gratuiti, comunità energetiche in ogni comune, stop ai jet privati, efficientamento energetico di scuole e case popolari e introduzione del salario minimo.
Sono queste le principali rivendicazioni dei Fridays for future, i giovani ambientalisti che oggi, in occasione dello Sciopero globale per il clima, scendono in piazza in tutto il Pianeta, in un momento molto delicato per il mondo intero e per il nostro Paese – mancano infatti solo due giorni alle elezioni politiche.
I ragazzi e le ragazze che seguono le orme di Greta Thunberg sfilano in oltre 70 città italiane, urlando gli slogan “Quale voto senza rappresentanza” e “Basta chiacchiere sul clima”: sullo sfondo, oltre alla crisi energetica innescata dall’escalation del conflitto in Ucraina, c’è l’accelerazione della crisi climatica, come testimoniano gli eventi metereologici, ultimo in ordine di tempo l’alluvione nelle Marche.
Ma in tutto questo come si sta comportando la politica nell’affrontare gli impatti dei cambiamenti climatici? Secondo uno dei portavoce nazionali, Filippo Sotgiu, 21 anni, sardo d’origine e trasferitosi a Roma per studiare al conservatorio, al di là dei numeri, le misure intraprese dall’Italia sono evidentemente insufficienti sotto diversi punti di vista, dagli ostacoli che ancora sussistono all’installazione di energie rinnovabili e le comunità energetiche (che infatti procedono estremamente a rilento) alla mancanza di piani seri per un potenziamento del trasporto pubblico locale (urbano e regionale).
«La politica ha di fatto ignorato la crisi climatica, che è rimasta ai margini della campagna elettorale, e molti partiti hanno taciuto sulle misure più efficaci che si sarebbero potute mettere in pratica per ridurre le emissioni e al tempo stesso aiutare le persone in difficoltà a causa della crisi energetica» afferma Filippo, che afferma senza mezzi termini che «la politica non riesce a rappresentarci».
Certo, il distinguo tra la sinistra e la destra è abbastanza netto: almeno a grandi linee i programmi della sinistra contengono effettivamente molte delle misure che il movimento ritiene necessarie, e hanno il pregio di prevedere politiche che affrontino le disuguaglianze climatiche. Viceversa, un governo e una maggioranza guidati dalla destra, che si dichiara, a suo dire, avversario del movimento ambientalista «rischia indubbiamente di rendere il nostro lavoro più difficile».
Ma il giudizio del giovane ambientalista nei confronti dei progressisti italiani è duro, le loro proposte «poco ambiziose» e prive di coraggio.
La principale colpa del Partito democratico e dei suoi alleati, per Filippo, è quello di non riuscire «a trasmettere alla gente il messaggio fondamentale che affrontare la crisi climatica vuol dire anche affrontare i tanti problemi sociali che affliggono il nostro Paese, e che una transizione ecologica giusta non lascia indietro nessuno».
Ancora più dura è Laura Vallaro, un’altra portavoce dei Fridays italiani, piemontese, studentessa di Scienze forestali all’Università di Torino: per la giovane, i politici hanno preferito «nascondere la testa sotto la sabbia» nonostante gli scienziati ci avessero messo in guardia per farci cambiare rotta.
«Nell’attuale sistema politico non troviamo e non troveremo le risposte alla crisi climatica». Per Laura è impossibile attuare e rispettare l’Accordo di Parigi sul climasiglato nel 2015: per farlo, secondo la giovane attivista «è necessario strappare contratti e bloccare progetti legati ai combustibili fossili, e dentro a questo sistema non è possibile. Ci sono molti modi per fare politica e partecipare alla vita democratica, e in questo momento più che mai è necessario essere persone attive, per difendere il clima e la democrazia. Quindi dato che la politica ha fallito nel dare le risposte noi vogliamo creare un altro tipo di politica che sia davvero democratica».
Mancano solo due giorni alle elezioni politiche italiane, e negli ultimi sondaggi rilevati la destra è saldamente in testa. Nel frattempo, la crisi energetica e quella climatica incombono, e nello stesso tempo il conflitto in Ucraina sembra volgere sempre più al peggio.
Ma come potrà incidere su questi scenari lo Sciopero globale per il clima? I due giovanissimi portavoce mi lasciano con una nota di ottimismo. Qualunque sia l’esito delle elezioni, ragionano Laura e Filippo, il nuovo governo non potrà ignorare il fatto che la crisi climatica rimane una delle principali preoccupazioni dei cittadini. Infatti, se c’è abbastanza pressione pubblica, chiunque vinca le elezioni deve considerare le persone che sono scese in piazza per chiedere protezione del clima.
Insomma, se nessuno ci rappresenterà nel prossimo parlamento, chi meglio di questi ragazzi può rappresentarci?