La ragazza di periferia
di Alessandro Gilioli
Sì però piantatela con sta storia della ragazza che viene dalla periferia.
Garbatella non è affatto periferia, è quartiere ex popolare ben gentrificato e ormai quasi in centro, come sa chiunque conosca Roma.
Io vent’anni fa cercavo casa e per primo quartiere guardai alla Garbatella, per la vicinanza con la sede dell’Espresso, e col cacchio che me lo potevo permettere, infatti finii altrove.
Senza nulla togliere all’epopea della ragazza che si è fatta da sola, ma non è che viene da Tor Pignattara ecco, santa pazienza.
Un tavolo per la pace
di Massimo Marnetto
Mentre gli USA ammassano truppe in Romania, a Roma Sant’Egidio convoca un seminario per la pace. Niente come questa stridente contrapposizione di posizioni fa capire quanto siano divergenti gli interessi verso il conflitto in Ucraina. Biden lo usa per dare prove di fermezza in vista delle elezioni di medio termine; l’Europa invece cerca una strategia per avviare colloqui di pace.
Così non si va da nessuna parte. Serve un tavolo atlantico per definire una linea condivisa USA-UE, che ricostruisca un clima di fiducia fondato sull’autolimitazione della forza. Esattamente il contrario di esercitazioni e dispiegamenti. Certo, non esiste la certezza del risultato, ma se si vuole la pace, occorre correre il rischio della moderazione unilaterale.
La nuova Cina con cui fare i conti, da falce e martello a microchip e industria 4.0
Piero Orteca su Remocontro

Così Xi Jinping ha cambiato il comunismo cinese e ancora lo cambierà. Approvate diverse modifiche alla Carta fondamentale del partito che, secondo le previsioni, dovrebbero elevare lo status di Xi Jinping, senza limiti di rinnovi d’età o di durata di incarico. Il ‘Cerchio magico’ di Pechino e tutti gli uomini del nuovo Mao.
Xi Jiping con i poteri di Mao
Xi Jinping ora è diventato, anche ufficialmente, il leader cinese più potente dai tempi di Mao. Scavalcando anche la venerata figura di Deng Xiaoping, il “Grande timoniere”. Al XX Congresso del Partito comunista, il nuovo Comitato centrale ha messo in moto il meccanismo, quasi automatico, che ha portato alla sua conferma a Segretario generale. Un terzo mandato, che per essere concesso ha richiesto un cambio in corsa della Costituzione. Questa revisione, naturalmente, riguarda anche le altre due cariche statali detenute da Xi: la Presidenza della Repubblica e quella della Commissione militare. Tale secondo passaggio verrà formalizzato nel marzo del prossimo anno, con un’apposita sessione parlamentare.
Poca politica estera ma cose di casa a segnare il mondo
Per Xi, il Congresso non doveva avere un grande impatto sulle aspettative di politica estera o economica del mondo esterno. Rafforzata, anzi, blindata la sua posizione (e adesso vedremo come), da ora in poi si vedrà la vera Cina di Xi. In primis, si è liberato di alcune potenti figure, all’interno del Partito, che avrebbero potuto insidiare la sua leadership assoluta, a cominciare dal premier, Li Keqiang. Mentre, invece, il vecchio Segretario, Hu Jintao, è stato “prelevato” senza tanti complimenti, in diretta televisiva dall’aula congressuale, e trasferito verso destinazione ignota.
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Putin e il principe Vladimir-Volodymyr tra Russia e Ucraina
Michele Marsonet su Remocontro
Molti tra gli analisti nel mondo, sostengono che Putin abbia lo sguardo troppo ‘rivolto al passato’, glorie e potenze imperiali zariste più che sovietiche di cui è figlio. Il principe-santo che portò la sua gente alla conversione al cristianesimo e al cosiddetto”battesimo della Rus”, nel 988. La nascita della Russia cristiana nelle sue origini.
Facendoci scoprire, per chi tra noi era disattento, che Putin e Zelensky hanno il nome dello stesso santo.

I miti dietro cui nascondersi
Tanti sono i miti cui Vladimir Putin si appella per giustificare l’invasione dell’Ucraina, una delle guerre più assurde della nostra epoca. Tutti questi miti, ovviamente, hanno a che fare con il passato. In particolare ne esiste uno che, nel suo immaginario personale e in quello dei russi in generale, riveste una grande importanza.
Lo zar moscovita inaugurò, nel mese di novembre del 2016, una statua di 20 metri d’altezza proprio di fronte alle mura del Cremlino. La statua raffigura il principe Vladimir, considerato Santo dalla Chiesa ortodossa, che fu il fondatore della Rus’ medievale di Kiev, nucleo originario di quella che poi si trasformò nella Russia imperiale.
Se Vladimir diventa Volodymyr
A Kiev, tuttavia, c’è una statua analoga dedicata allo stesso personaggio, che gli ucraini chiamano “principe Volodymyr”. Tale statua risale al 1853, quando l’Ucraina faceva parte dell’Impero russo, ed è alta 19 metri, quindi poco meno di quella di Mosca.
I due Paesi, quindi, attribuiscono entrambi al principe suddetto un ruolo fondamentale nella loro storia. Vladimir/Volodymyr si convertì al cristianesimo nel 988, e sposò Anna, sorella dell’imperatore di Bisanzio, gettando così le basi della Chiesa ortodossa (tanto russa quanto ucraina).
L’Ucraina creatura nazionale sovietica
Mentre gli ucraini considerano il principe quale fondatore del loro Paese e garante della sua indipendenza, Putin ha in mente una storia diversa. Secondo il suo punto di vista – che è anche quello tradizionale russo – Vladimir unificò Russia, Bielorussia e Ucraina, tre componenti che a suo avviso formano una sola nazione.
Putin inoltre ha detto che l’Ucraina ebbe confini definiti soltanto quando divenne una delle Repubbliche della ex Unione Sovietica, mentre in precedenza tali confini precisi non esistevano poiché Leopoli, per esempio, faceva parte della Polonia.
Nuovo governo di destra con esponenti del neofascismo a cento anni dalla Marcia su Roma. Obbligo di memoria.

Giovanni Punzo su Remocontro
Uno dei più bei libri che descriva l’Italia della prima metà degli anni Venti è probabilmente «Marcia su Roma e dintorni» di Emilio Lussu. Non contiene lunghe e accurate ricostruzioni dei fatti politici, o ‘del palazzo’, come si direbbe oggi, ma racconta con ironia tanti episodi di sopraffazione violenta e anche stati d’animo del dopo, a cominciare da come con molta flessibilità i più si adattarono al nuovo corso.
Per non essere subito troppo severi col presente politico italiano che si affaccia.

La marcia
La sede operativa scelta dal Quadrumvirato (composto da Bianchi, De Bono, De Vecchi e Balbo) fu Perugia, vicina a Roma, ma le colonne delle camicie nere si trovavano invece a Civitavecchia, Tivoli e Mentana. Un moderno comando con nuovi mezzi di comunicazione – annota Lussu – era insomma vicino alle truppe per guidarle. Non si capiva invece come mai Mussolini da Napoli, dopo aver dato il via all’operazione, avesse ripreso il treno per Roma attraversandola e tornando a Milano, cioè a seicento chilometri dall’obiettivo. A Milano la sede ben protetta e circondata da barricate fu la redazione del giornale «Il Popolo d’Italia», in una stretta via del cento non lontana dal Duomo.
Stato d’assedio revocato
Il 28 mattina le agenzie di stampa annunciarono la proclamazione dello stato d’assedio e qualche prefetto o questore zelante effettuò alcuni arresti. Prima dell’una dello stesso giorno lo stato d’assedio fu però revocato. Facta, presidente del consiglio dei ministri in carica si era infatti presentato dal re Vittorio Emanuele III che però non aveva firmato il decreto.
Si levarono grida di «Viva il re!», ma non da tutti; Mussolini fu ricevuto il 29 per l’incarico dal re, mentre le colonne in mezzo a contrattempi e ritardi non erano ancora arrivate; sfilarono infatti nella piazza del Quirinale due giorni dopo. «L’Italia vuole ormai riposare» fu la malinconica conclusione di Emilio Lussu.
Noi e gli altri
di Giovanni Lamagna
Gli altri sono per noi come degli specchi, nei quali ci riflettiamo, nei quali ricerchiamo il nostro volto, quello nel quale identificarci. I rapporti con gli altri, attraverso questo gioco di specchi, ci aiutano a trovare il nostro “vero” volto, a costruire la nostra identità.
Per questo, soprattutto da un certo momento in poi, in genere dalla fine dell’adolescenza, le persone che hanno un significato profondo per noi si assomigliano un po’ tutte: perché ci raccontano più o meno la stessa storia, ci rimandano più o meno lo stesso volto, quello nel quale ci riconosciamo e che ci dà sicurezza, stabilità.
Tendiamo, perciò, a sfuggire le persone che invece ci chiedono cose (valori, ideali, scelte, comportamenti, gesti, posture…) diverse, che alludono ad altre identità. Tendiamo a sottrarci al loro sguardo, perché questo crea dentro di noi una divisione, un conflitto, che minacciano la nostra stabilità. Ecco perché, a mio avviso, è molto vero il vecchio adagio “dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”!