(Rassegna web)
Puntuale, alle 8 del mattino, arriva il Marnetto quotidiano, oggi particolarmente brillante.
Digiuno militare
Attenzione al ”contatto fatale”: quello che mette in congiunzione il pazzo al potere con l’arsenale nucleare. Prima Trump, ora Putin: diventano ricorrenti le persone con gravi carenze di autocontrollo che gli eventi portano vicino al tasto rosso. Quello che può avviare l’era dell’ ”atomocene”, con l’azzeramento nucleare dell’umanità. Fantascienza? Forse. Tutto dipenderà dalla capacità di non lanciare la seconda bomba atomica. La prima sicuramente scoppierà: è solo questione di tempo. Se questa esplosione innescherà la risposta nucleare, dopo non ci si fermerà più fino alla fine.
Dobbiamo educarci al disgusto per le armi. Come per la cacca, elemento necessario ma lurido e da nascondere. Dichiariamo per quest’anno il digiuno militare: niente parata per dare un segnale forte contro l’uso delle armi. Il 2 Giugno facciamo sfilare Protezione Civile, Croce Rossa, Amnesty International, Emergency, Medici senza Frontiere e tutte le Ong impegnate in giro per il mondo per portare sviluppo solidale. La Pattuglia Acrobatica sorvoli pure il Colosseo, ma lasci nel cielo sei scie: i colori dell’arcobaleno.

Le strane incongruenze del nostro traffico bellico
…..denuncia su remocontro Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio Opal e di Rete italiana pace e disarmo.
3,6 miliardi ‘venduti’ e solo 225 milioni consegnati?
la Relazione annuale sulle esportazioni e importazioni di materiali d’armamento, due volumi di 2.423 pagine firmati dal Presidente del Consiglio che Draghi, a fronte di “oltre 3,6 miliardi di euro di licenze all’esportazione relativi ad ‘autorizzazioni individuali’ riporta solo poco più di 225 milioni di euro di consegne effettive. Tutti a comprare e nessuno a consegnare? O all’Agenzia delle Dogane che deve certificare le esportazioni di armamenti italiani, erano tutti distratti? Certo è che la relazioni al Parlamento racconta bugie.
È vero, commenta Beretta, che” la produzione di sistemi d’arma complessi richiede vari anni e quindi un naturale lasso di tempo tra l’autorizzazione e la consegna, ma i numeri di quest’anno proprio non convincono. Problemi di osservanza di legge che oltre alle Dogane toccano anche i Servizi segreti esteri cui compete il controllo sulla legittimità dalla vendite, l’ex Ottava Divisione Sismi, oggi ‘Controproliferazione’ Aise. La Relazione riporta che tra i quasi 45,9 milioni di euro di autorizzazioni di materiali militari destinati all’Arabia Saudita –bloccati teoricamente da una delibera parlamentare per la guerra nello Yemen-, figurano anche quelli della categoria «M 004» e cioè proprio «bombe, siluri, razzi, missili ed accessori».
Sauditi pronta cassa
«Con pagamenti sauditi per oltre 21 milioni di euro di cui non si rintraccia autorizzazione nemmeno negli anni scorsi e soprattutto – notate bene – che nel 2021 la stessa azienda avrebbe ricevuto licenze per oltre 95 milioni (e 24,8 milioni nel 2020, 35,6 milioni nel 2019 e 27,7 nel 2018) ma non avrebbe effettuato nessuna esportazione», l’accusa esplicita di Beretta.
«Un’azienda che negli ultimi anni riporta ordinativi per oltre 180 milioni di euro, nel 2021 incassa 51 milioni, ma – stando ai dati dell’Agenzia delle Dogane – non avrebbe esportato niente. Non è l’unica stranezza di questa relazione».
Poi le competenze politiche
Prima la commissione Difesa del Senato anche se la competenza spetterebbe però alle Commissioni Esteri. «Considerato che tra i maggiori acquirenti di sistemi militari italiani figurano, per quasi la metà delle licenze non solo paesi alleati dell’Ue e della Nato (51,5%), ma regimi autoritari e spesso repressivi sarebbe auspicabile un esame in commissione Esteri».
Il primo acquirente è il Qatar (813,5 milioni di euro), poi il Pakistan (203,7 milioni), Filippine (98,7 milioni), Brasile (72, 9 milioni), India (60 milioni), Emirati Arabi Uniti (56 milioni) e l’immancabile Egitto (35 milioni) i cui corpi di polizia e enti governativi continuano ad essere riforniti dall’Italia «armi leggere» tra cui pistole e fucili automatici.
Scoppierà, ma c’è chi scrive che è già scoppiata, la terza guerra mondiale?
Se sono già in molti tra gli esperti di geopolitica come Lucio Caracciolo a prevedere una lunga durata della guerra in Ucraina, considerata una guerra “per procura” tra la Russia, con l’appoggio della Cina, e gli Stati Uniti fino ad oggi in alleanza con gran parte degli Stati europei, è evidente che a parlarne non siamo più nel campo della fantapolitica.
“Naturalmente nessuno ce lo dice, leggo in una nota su Facebook del collega Paolo Di Mizio, ma tra poco sarà chiaro a tutti. Il bersaglio grosso è la Russia. La decisione di spingere alle estreme conseguenze è stata presa da Washington in accordo con Londra, con sepoltura del negoziato di pace in Turchia, ed è stata ratificata de facto martedì 19 aprile nella videoconferenza di Biden con 11 alleati, compresa l’Italia e compreso il Giappone che non è nella Nato. È durata 60 minuti: il tempo di un sì o un no. Nessuno si è dissociato e tutti hanno approvato altre sanzioni e invii di armi”.
In alternativa ad una dissociazione dell’Europa, ma per ora, osserva Di Mizio, nessun governo europeo sembra avere il coraggio di ostacolare l’America e solo la Germania rifiuta di mandare armi pesanti, “potrebbe nascere un movimento di “non allineati”, come Cina, India, Brasile, Sud Africa, ecc., che alla fine imponga a Nato e Russia di fermarsi. “C’è una frase di Xi Jinping, precisa il collega, pronunciata due giorni fa, che lascia intravedere questa strada: «La Cina lancerà un’iniziativa globale sul principio dell’indivisibilità della sicurezza, che si opponga alla costruzione di sistemi di sicurezza nazionali sulla base dell’insicurezza di altri Paesi». Ma per ora l’iniziativa “rimane nel campo delle intenzioni”
L’incognita atomica
È quasi certo, ad avviso del collega Di Mizio, “che l’arma nucleare, in un momento di crisi acuta, verrebbe usata. Dai russi con ogni probabilità, sull’Ucraina o altri Paesi europei. All’inizio sarà un’atomica tattica, quella con effetti localizzati. Se neppure questo riuscisse a congelare la guerra e a scalfire la determinazione americana, l’escalation porterebbe al “muoia Sansone con tutti i filistei”, ossia l’uso dell’arsenale strategico con distruzione reciproca di Russia e America, ma anche dell’Europa e forse della specie umana. Mi auguro , conclude, che accadimenti oggi imprevedibili, ardui da immaginare ma forse possibili, fermino questo processo, che è altrimenti avviato all’apocalisse”.
Una nota di minor pessimismo potrebbe venire, leggo ancora su remocontro, dalla politica di Xi, l’attuale leader cinese.
Global security initiative
L’ha chiamato “Global security initiative” e dal titolo già si può intuire l’obiettivo del suo progetto. Intanto Xi, non a caso, ha scelto un palcoscenico particolare per annunciare, sinteticamente, le caratteristiche del nuovo modello cinese di “foreign policy”: la conferenza di apertura del Forum annuale di Boao (Hainan) sullo sviluppo sostenibile dell’Asia. La proposta che parte da Pechino, in sintesi, vuole rilanciare la globalizzazione attraverso un sistema di garanzie di sicurezza collettiva, basate su un approccio cooperativo. Durante il suo discorso tenuto in videoconferenza, ha fatto più volte riferimento al pericolo di una nuova “Guerra fredda”, che dividerebbe il pianeta in blocchi, frenandone lo sviluppo. Xi, più che rifarsi a Marx, è ricorso alla vecchia saggezza di Confucio e agli antichi testi del “Guanz”. “La stabilità porta prosperità – ha detto – mentre l’instabilità lo porta alla povertà. L’egemonismo e la politica di potenza, poi, mettono solo in pericolo la pace nel mondo. Per questo bisogna opporsi all’unilateralismo e al confronto di blocco”.
- Sulla valutazione dei magistratiSi vuole introdurre la valutazione della Magistratura? Bene, allora li si faccia anche per gli altri poteri dello Stato. Per il Parlamento vedrei bene l’adozione del ‘’criterio di laboriosità’’: un quinto degli onorevoli e senatori più assenteisti nel biennio vengono sostituiti con elezioni suppletive programmate.
- ‘Peggio del presente, a Gaza, c’è solo il futuro’: Eric SalernoAltri ostaggi sono tornati a casa, tutti sembra, in relativamente buone condizioni di salute anche se traumatizzati dal rapimento e dalla prigionia nelle mani degli uomini di Hamas. In Israele manifestazioni di giusta felicità miste a paura per quello che è accaduto il 7 ottobre e per quello che potrebbe ancora succedere. Centinaia di video passano di mano in mano. In Israele e fuori.
- La differenzaÈ infatti enorme la differenza tra la guerra e la pace. E la tragedia è proprio questa, che la guerra si concede una pausa per riprendere ancora più incondizionata di prima. E ciò perché questa non è neanche degna di essere chiamata guerra, perché le guerre si fanno per ottenere qualcosa, che è la posta in gioco della guerra. Invece questa è una guerra che ha per fine la negazione reciproca dell’esistenza dell’altro. E attraverso un rovesciamento di ciò, nella costruzione di una umana convivenza tra i membri del popolo palestinese e i cittadini ebrei dello Stato di Israele, che può istituirsi, non una tregua, ma la pace
- ScendereMi tocca difendere il Ministro Lollobrigida, perché la sua richiesta di fermata del treno in ritardo, per proseguire in auto, era motivata da un interesse pubblico istituzionale, prevalente su quello privato degli altri passeggeri. Ovvero la sua presenza come Ministro – cioè a nome dello Stato – a Caivano, per inaugurare un parco ad alto valore simbolico, come riscatto di un territorio abbandonato al degrado e alla criminalità. (Marnetto)
- La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con IsraeleLa feroce rappresaglia di Israele nella striscia di Gaza, accompagnata da un’ aggressiva reazione dei coloni nella Giordania occupata, rischia ora di compromettere, a vantaggio di Hamas, anche il fragile compromesso con i paesi arabi moderati, avviato col “patto di Abramo” e la compiaciuta assistenza degli Stati uniti. La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con Israele.I Paesi arabi moderati, gli alleati di sempre, il lato debole della geopolitica americana prigioniera di Netanyahu in Medio Oriente. Prima tra tutti la Giordania. Re Abdullah II di fronte alla devastante reazione israeliana ai massacri di Hamas, sta per rivedere la trentennale ‘pacificazione’ con Tel Aviv, ma anche le relazioni privilegiate con Washington