Rassegna web di nandocan magazine
Parte del ‘Piano Nazionale di Ripresa’ Ue per le armi mentre l’Emilia affoga?
da Remocontro
Il testo della proposta, ‘Act in Support of Ammunition Production’ del commissario per il Mercato unico, il francese Thierry Breton, consente di adoperare i fondi del Pnrr per aumentare la produzione di munizioni da destinare all’Ucraina, arriva al parlamento italiano. Potrebbero essere adoperati per il riarmo anche i Fondi di coesione e il Fondo sociale.
In copertina un obice italiano Oto Melara fornito alI’Ucraina

Act in Support of Ammunition Production
È arrivato al Parlamento italiano la discussa proposta del commissario Ue per il Mercato unico, il franceseThierry Breton, per adoperare i fondi del Pnrr per aumentare la produzione di munizioni da destinare all’Ucraina. Altro che ‘ripresa e resilienza’. La stessa proposta, non ancora approvata dal Parlamento europeo, consente di girare alla Difesa anche parte del‘Fondo sociale’. Delibere Ue a sigla ‘Asap’ precisa Andrea Colombo, che spiega.
Sigla ASAP
L’acronimo Asap è quello che si adopera in inglese per intendere As soon as possible, il prima possibile. il testo deve ancora essere approvato operativamente dal parlamento Ue ma la procedura d’urgenza è invece già passata a stragrande maggioranza a Strasburgo. Quindi niente emendamenti possibili, e dibattito strangolato.
Pnrr snaturato
Il Pnrr era nato per favorire un’uscita dalla crisi Covid verso la transizione ecologica e lotta alle diseguaglianze. Peggio, usare per il riarmo anche i Fondi di coesione e il Fondo sociale. Valutazione da parte della risicata opposizione di sinistra europea (il voto del Pd a favore è un conto politico aperto), l’uso della procedura Asap quando l’art. 41 del Trattato Ue, vieta di usare fondi europei per il settore militare o della difesa. Problema da Corte di giustizia europea.
I promotori
La procedura d’urgenza, chiesta dall’asse Popolari-Conservatori, sarebbe ‘merito’ del popolare tedesco Weber e della leader dei Conservatori Meloni.Ripensamenti politici tecnicamente difficili per il Pd, mentre la partita in Italia si decide e destra. Con la premier che ha già assicurato che il governo non userà il Pnrr per le armi. Pnrr ma non i ‘Fondi di coesione e quello sociale’. Oltre al rilancio armato disposta da Biden al G7.
Dubbi del Manifesto sull’esigenza italiana di non rinunciare comunque a una parte del Recovery e soprattutto le pressioni facilmente prevedibili dei produttori di armi e di Finmeccanica: «per il governo mantenere quella promessa sarà molto difficile».
Ripudiare la pace e giocare a scacchi con la morte (2)

di Domenico Gallo
Dal ripudio della guerra, lascito della Resistenza, siamo passati al ripudio della pace. Sullo sfondo l’apocalisse nucleare
L’art. 11 della Costituzione è una disposizione complessa: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo». È formata da tre proposizioni collegate all’interno dello stesso periodo. Essa contiene una norma di scopo (che vincola la Repubblica italiana a perseguire la pace e la giustizia fra le Nazioni) e tre norme strumentali (il ripudio della guerra, l’accettazione di limitazioni di sovranità finalizzate alla pace e alla giustizia e il favore per le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo).
Il ripudio della guerra, come strumento di offesa alla libertà di altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, non è separabile dall’impegno per la pace e la giustizia fra le Nazioni, o meglio la costruzione di un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni presuppone il ripudio della guerra, in conformità allo Statuto delle Nazioni Unite che obbliga gli Stati membri ad astenersi dall’uso e dalla minaccia dell’uso della forza. Sebbene sia intimamente legato all’identità dell’Italia, il principio pacifista di cui all’art. 11 è andato incontro a un progressivo deperimento, di pari passo con il progressivo imbarbarimento delle relazioni internazionali.
Deperimento del principio pacifista
Seguendo una naturale tendenza a giustificare i fatti e ad allinearsi alle scelte prevalse per opera dei poteri reali, scrittori, politici e giuristi hanno banalizzato sempre di più il principio pacifista, fino ad ipotizzare la “decostituzionalizzazione” delle norme sulle relazioni internazionali (Motzo). Con la prima guerra del Golfo (1991) si è cominciato a separare il ripudio della guerra dal resto della disposizione, leggendo il fine di favorire le organizzazioni internazionali come prevalente sul ripudio della guerra, e la guerra stessa è stata mascherata come operazione di “polizia internazionale”.
Dopo lo scoppio della guerra, iniziata il 24 febbraio dello scorso anno con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, è stato tirato in ballo il principio pacifista, letto alla luce dell’art. 51 dello Statuto ONU, che riconosce il diritto naturale di autotutela, individuale e collettiva, nel caso in cui abbia luogo un attacco armato contro uno Stato, e dell’art. 52 della Costituzione, che pone la difesa della Patria come unica eccezione al ripudio della guerra.
Le armi all’Ucraina
Quando l’Italia ha deciso di rompere la neutralità e inviare le armi all’Ucraina, molti giuristi, come l’ex Presidente della Corte costituzionale Giuliano Amato, si sono levati per darci l’interpretazione giusta del principio pacifista e spiegarci che la partecipazione indiretta dell’Italia alla guerra è consentita, se non costituisce addirittura un obbligo costituzionale. Peccato che quando la NATO ha aggredito l’ex Jugoslavia nel 1999, bombardandola per 78 giorni, coloro che adesso impugnano l’art. 11 per legittimare le armi italiane, sono rimasti assolutamente silenti, hanno steso un velo pietoso sul principio pacifista, dimenticandosi persino della sua esistenza nel dibattito pubblico.
L’aggressione NATO all’ex yugoslavia
Del resto, il Governo dell’epoca ha nascosto accuratamente la partecipazione dell’Italia alle missioni di bombardamento sulla Serbia. Soltanto qualche anno dopo il Ministro della Difesa dell’epoca, ci ha informato del contributo del nostro paese alla guerra. L’Italia ha partecipato ai bombardamenti con l’utilizzo di 50 velivoli dell’aeronautica militare che hanno impiegato «115 missili Harm, 517 bombe GB MK82, 39 bombe a guida IR Opher, 79 bombe a guida laser GBU 16» (così Carlo Scognamiglio Pasini, La guerra del Kosovo, Rizzoli 2002). Peccato che un rapporto così dettagliato abbia omesso di indicare quanti morti sono stati provocati dalle nostre bombe umanitarie e quanti da quelle dei nostri alleati.
Mobilitazione bellica della comunicazione
Da quando è iniziata la tragedia della guerra il 24 febbraio, non è esploso soltanto un conflitto fondato sulla violenza delle armi, è dilagato in tutt’Europa lo spirito nefasto della guerra, si è materializzata l’immagine del nemico ed è iniziata una mobilitazione bellica della comunicazione, della cultura, delle coscienze. Dalla condanna unanime, secca e senza appello dell’aggressione russa all’Ucraina, si è passati velocemente all’acritica accettazione della logica della guerra. Di fronte a questo disastro, segno tangibile del fallimento della politica di sicurezza e cooperazione in Europa, le principali forze politiche, non solo in Italia, con il conforto del fuoco di sbarramento unanime dei mass media, hanno assunto il linguaggio della guerra e si sono esercitate in una guerra delle parole contro il nemico.
Lo spirito di guerra comporta una divisione manichea dell’umanità, per cui tutto il male sta dalla parte del nemico e tutto il bene dall’altra. Il dissenso non è tollerato perché giova al nemico. La narrazione ufficiale della guerra, imposta come pensiero unico è quella dello scontro di civiltà, dei regimi autocratici che odiano la democrazia e vogliono distruggerla. (continua)
Tradimento e amore

di Giovanni Lamagna
Il tradimento – dice Massimo Recalcati – non viene mai da chi ci è estraneo affettivamente; non esiste tradimento tra persone che non si amano; o, per la precisione, che non si amavano prima di tradirsi. Il tradimento viene sempre da chi ci ha amato, da chi ci è stato vicino affettivamente: un amico, un amante, un figlio, un discepolo…
Assodato questo dato di fatto, io però mi chiedo: esiste un amore che non contempli anche una qualche forma di tradimento? si può amare senza (prima o poi) tradire? Non il tradimento causato dalla paura; come fu quello del discepolo Pietro nei confronti del maestro Gesù, quando questi fu arrestato e poi condannato a morte. Non il tradimento motivato da un utile, da un tornaconto, come quello di Giuda, che tradì il maestro per trenta denari. Ma il tradimento originato dalla spinta del proprio desiderio, che, ad un certo punto, entra (o può entrare) in collisione con l’amore fino ad allora provato; o che, magari, si continua ancora a provare.
Tradimento come andare oltre
Il tradimento che è il sostantivo del verbo “tradire”, che, se andiamo a vedere l’etimo (trans + ire), vuol dire “andare oltre”; quindi camminare, evolvere, non certo stare fermi, magari psicologicamente imballati. Le domande che, quindi, a questo punto mi pongo e pongo sono: si può non “andare oltre” (non “tradire”) per “amore? E’ vero amore quello di chi si ferma e non va oltre; smette quindi di cercare e di crescere?
Che cosa significa “tradire”? Andare oltre l’amore provato, quando questo amore non si prova più? O rinunciare al proprio desiderio, alla chiamata di un nuovo amore, in nome della fedeltà ad un vecchio amore che non si prova più? Ancora e di più: rinunciare a un nuovo amore che ci chiama per non mettere a rischio un amore che si prova ancora? o, all’incontrario, mettere a rischio il vecchio amore, che pur si continua a provare, per non rinunciare al nuovo amore che ci chiama?
Ci vuole coraggio
La vita può metterci – anche più di una volta – di fronte a scelte di questo tipo. In molti di questi casi il tradimento non ha nulla a che fare con quello di Pietro, cioè non ha nulla a che fare con la paura. Anzi esige un coraggio (che talvolta sfiora la temerarietà) non richiesto a chi, invece, rinuncia a tradire; che quasi sempre preferisce la sicurezza del certo al rischio dell’incerto.
E, meno che mai, ha a che fare con quello di Giuda, cioè con un interesse materiale. Perché molto spesso questo tipo di tradimento richiede il pagamento di costi – a volte anche molto pesanti – di natura psicologica e non poche volte pure economica e materiale.
- Ci pensa Giorgiadi Massimo Marnetto Lampedusa: finta la scena (campo profughi ripulito per l’occasione); finto l’impegno europeo (redistribuzione su base volontaria, cioè briciole); finte le soluzioni nazionali proposte (più carcere, meno integrazione); vera invece l’esasperazione degli isolani che denunciano la truffa mediatica. Ma Lei tira dritto. Se la linea ‘’ci pensa Giorgia’’ si afferma, presto vedremo la … Leggi tutto
- Dopo lunga malattiaDOPO LUNGA MALATTIA. L’ONU è morta, scrive oggi Massimo, il titolo al pezzo l’ho aggiunto io. La causa di morte era presente già alla sua nascita, col diritto di veto attribuito alle grandi potenze che l’hanno fondata. Raniero La Valle e tutti noi di Costituente Terra continuiamo ad essere convinti che la soluzione ci sia ma ci sarà solo il giorno in cui avverrà anche tra i popoli e gli Stati quel riconoscimento reciproco dei diritti di ognuno con l’abbandono delle logiche di dominio purtroppo ancora in vigore. Una costituzione per la Terra.
- La difesa dei confiniil Consiglio dei ministri di lunedì scorso ha inserito nel decreto-legge per gli aiuti al Mezzogiorno nuove norme di contrasto all’immigrazione, ciò che nel linguaggio di Giorgia Meloni significa “la difesa dei confini”. Finora si intendeva come difesa dei confini il contrasto alle invasioni armate. Le nuove misure decretate in Italia dal governo hanno anche un sapore razzista perché destinate a colpire soprattutto profughi di pelle scura, e bisogna stare attenti a questo in tempi in cui in Europa ci si scambia accuse di nazismo. Ma se la risposta alla tragedia dei migranti viene iscritta nel capitolo della difesa dei confini, è proprio l’istituto dei confini, celebrati finora come sacri e inviolabili, che bisogna riformare.
- Manca il comeMeloni ha invitato la Von der Lien a Lampedusa per giustificare ‘’una missione europea per fermare gli sbarchi’’, ma manca il come. Si fermano i barchini in alto mare ordinando di tornare indietro? E se non lo fanno, si bloccano tra le onde finché non affondano? E se iniziano a moltiplicarsi i naufragi, come farà l’Italia a sventare le accuse di respingimento e omissione di soccorso in mare illegali?
- Kiev fa causa a Polonia, Ungheria e Slovacchia sul grano. All’Onu contro la RussiaIl commercio del grano crea nuove tensioni politiche in Europa dell’est. Il ministro del Commercio ucraino ha annunciato ieri che Kiev farà causa a Polonia, Ungheria e Slovacchia per aver mantenuto il divieto di importazione ai cereali provenienti dall’Ucraina. Zelensky alle Nazioni unite: «Dateci più armi e rinnegate la Russia». Il partito repubblicano Usa si divide sui finanziamenti a Kiev