Reader’s – 2 novembre 2022. Rassegna web

Guerra in Ucraina, trapelano le prime informazioni sulle armi inviate dall’Italia

Per avere un’idea del coinvolgimento anche del nostro paese nella guerra in corso tra Russia ed Ucraina basta leggere i giornali come La Repubblica o lindipendente.online, che riportano le “indiscrezioni” sulle nostre armi inviate a Kiev. “Tra le armi che l’Italia ha donato all’Ucraina vi sarebbero alcune delle dotazioni più moderne a disposizione del nostro esercito e della NATO. Tra questi figurerebbero anche i MLRS, armi a lunga gittata che, nelle dichiarazioni del vice capo del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev, avrebbero sensibilmente aumentato il rischio di un’escalation verso un conflitto mondiale.

Insieme ai MLRS, l’Italia avrebbe inviato anche i PZH2000, obici semoventi che dispongono di un cannone da 155 millimetri a caricamento automatico e direzione di tiro computerizzata, capaci di colpire obiettivi fino a 40 chilometri di distanza (che arrivano a 70, se caricati con munizioni speciali) sparando venti proiettili in tre minuti. Dei 68 PZH2000 dei quali dispone il nostro Paese, 6 stanno per essere inviati a Kiev, che avrebbe intenzione di schierarli a Bakhmut, città chiave dei combattimenti di questi giorni.

Documento del Pentagono sulla nuova Strategia di Difesa Nazionale 2022 (NDS)

Le preoccupazioni aumentano dopo aver letto o udito non solo le minacce di Putin ma anche il documento sulla nuova Strategia di Difesa Nazionale 2022 (NDS) scritto dal Pentagono su indicazione di Biden. “Si tratta – scrive lindipendente – “di una vera e propria rivoluzione nella dottrina internazionale relativa all’uso e al significato delle armi nucleari e, nello specifico, nell’intera architettura di sicurezza militare statunitense.

Le armi nucleari vengono equiparate agli armamenti convenzionali. Si superano esplicitamente i principi del “No first use” e del “Sole Purpose policies”, cioè del “mai usare il nucleare per primi” e del valore di esclusiva deterrenza del possesso del nucleare. Il documento esplicita che anche in caso di attacchi con armi “convenzionali”, gli Stati Uniti potranno rispondere con ordigni atomici, qualora lo ritengano indispensabile per la sicurezza nazionale o della NATO.

“Questo perché? Perché – dice Biden – stiamo attraversando un «decennio decisivo», tanto grave è la sfida che Russia e Cina stanno portando al dominio statunitense.

Parole simili a quelle usate da Putin pochi giorni fa (citate nel mio post pubblicato su reblab.it), quando ha sottolineato che «il mondo sta entrando nel suo decennio più pericoloso, imprevedibile e importante dalla fine della seconda guerra mondiale».

La “deterrenza integrata”

“Deterrenza integrata significa utilizzare tutti gli strumenti a disposizione del Dipartimento della Difesa per garantire che i potenziali nemici comprendano la follia dell’attacco”, ha sottolineato il Segretario alla Difesa Lloyd Austin in una nota che accompagna il documento. Tra l’altro, la nuova strategia è stata redatta in parallelo per la prima volta insieme alla Nuclear posture review e la Missile defense review, i due documenti strategici definiscono la postura delle forze nucleari americane.

Biden e gli Stati Uniti perseguono allora un nuovo livello di sviluppo di quella che chiamano la «deterrenza integrata» (sicurezza nazionale, scudo antimissile, atomica). L’obiettivo, come dice il Segretario alla Difesa Lloyd J. Austin, è rendere «evidente a tutti una verità cristallina: che il costo dell’aggressione contro gli Stati Uniti o i nostri alleati e partner supera di gran lunga qualsiasi guadagno immaginabile».

“Abbiamo condotto una profonda revisione di un largo spettro di opzioni sulla politica di dichiarazioni nucleari – incluso il No First Use e il Sole Purpose policies – e abbiamo concluso che questi approcci potrebbero comportare un livello di rischio inaccettabile alla luce della gamma di capacità non nucleari che vengono schierate e progettate dai nostri avversari, tali da infliggere danni strategici agli Usa e ai nostri alleati”, si legge nel report del Pentagono.

Ciò significa che anche in caso di attacchi con armi “convenzionali”, gli USA – qualora lo ritengano necessario per la sicurezza nazionale o degli alleati – potrebbero rispondere con ordigni atomici. Cosa non prevista fino alla pubblicazione del rapporto in questione e ancora ora esclusa da tutte le altre potenze dotate di testate atomiche. Ma agli occhi di Washington, la situazione attuale giustificherebbe anche l’uso “preventivo” delle armi atomiche, in quanto si tratta di difendere quello che i vertici americani ed europei definiscono l’“ordine basato sulle regole”.


Eco-imbruttimento

di Massimo Marnetto

Pale eoliche, pannelli sulle tegole, campi fotovoltaici: per avere energia pulita ci si deve rassegnare alla ”bruttificazione” del paesaggio? Non è detto. Le pale eoliche dobbiamo abituarci a considerarle come nuovi mulini. Per i tetti, si stanno realizzando tegole fotovoltaiche sempre più simili a quelle tradizionali. I ”campi eolici” invece consumano suolo pregiato, pianeggiante e fertile. E allora?

La soluzione è impiantare pannelli su edifici e capannoni già esistenti. Anzi, la ricerca deve arrivare a renderli calpestabili per annegarli nei marciapiedi e in nastri nelle corsie di emergenza delle autostrade. Si arriverebbe a disporre di enormi superfici di generazione, da affiancare all’incremento delle Comunità di Energia Rinnovabile condominiali, già esistenti e favorite da incentivi del PNRR.


Il confronto alimenta l’insoddisfazione?

di Giovanni Lamagna

Nel capitolo intitolato “Il confronto alimenta l’insoddisfazione” (del libro “La quiete della mente”; Ubaldini Editore; 2021; pag. 44-45) Jiddu Krishnamurti sostiene la tesi che gran parte del malcontento che affligge noi umani dipenderebbe dal fatto che tendiamo a fare continui paragoni, a confrontarci con gli altri “per stabilire chi ha di più o chi ha la cosa migliore”. A paragonarci “senza soste con il nostro superiore, con il santo, con il ricco o con l’uomo al potere. O addirittura con un ideale o un’immagine che noi stessi ci siamo costruiti.” Secondo Krishnamurti, questo costante mettersi a confronto genererebbe il nostro malcontento.

Io non condivido quasi per nulla o condivido solo molto parzialmente una simile idea. Sono senz’altro d’accordo con Krishnamurti quando sostiene che sia sbagliato misurarsi nel confronto con gli altri; soprattutto quando questo confronto genera invidie e gelosie, che sono stati d’animo oltremodo malsani, che intossicano la nostra psiche e le nostre relazioni con gli altri.

una sana e positiva emulazione

Sono molto meno d’accordo con Krishnamurti, quando il confronto con gli altri genera una sana e positiva emulazione; sana e positiva perché attiva la parte migliore di noi, mette in moto le nostre energie, ci rende persone attive e in movimento e non statiche e passive.

Sono ancora meno d’accordo con Krishnamurti, anzi non lo sono per niente, quando il confronto avviene con un nostro Ideale dell’Io, quella che potrei definire anche la nostra vocazione interiore.

Perché sono profondamente convinto che l’uomo, per sua natura, sia portato a trascendersi, a diventare altro da sé, o meglio a diventare ciò che in sé è potenziale e non ancora in atto; a diventare in altre parole sé stesso. Proprio ciò che Krishnamurti contesta, ravvisandolo come causa fondamentale del nostro malcontento.

Io, invece, penso che l’uomo senza questa spinta fondamentale a trascendersi sia destinato a ripiegare su stesso e a immalinconirsi; che stia proprio qui anzi una delle ragioni del suo malcontento, in certi casi persino della sua infelicità. Questa è almeno la mia esperienza.


  • La differenza
    È infatti enorme la differenza tra la guerra e la pace. E la tragedia è proprio questa, che la guerra si concede una pausa per riprendere ancora più incondizionata di prima. E ciò perché questa non è neanche degna di essere chiamata guerra, perché le guerre si fanno per ottenere qualcosa, che è la posta in gioco della guerra. Invece questa è una guerra che ha per fine la negazione reciproca dell’esistenza dell’altro. E attraverso un rovesciamento di ciò, nella costruzione di una umana convivenza tra i membri del popolo palestinese e i cittadini ebrei dello Stato di Israele, che può istituirsi, non una tregua, ma la pace
  • Scendere
    Mi tocca difendere il Ministro Lollobrigida, perché la sua richiesta di fermata del treno in ritardo, per proseguire in auto, era motivata da un interesse pubblico istituzionale, prevalente su quello privato degli altri passeggeri. Ovvero la sua presenza come Ministro – cioè a nome dello Stato – a Caivano, per inaugurare un parco ad alto valore simbolico, come riscatto di un territorio abbandonato al degrado e alla criminalità. (Marnetto)
  • La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con Israele
    La feroce rappresaglia di Israele nella striscia di Gaza, accompagnata da un’ aggressiva reazione dei coloni nella Giordania occupata, rischia ora di compromettere, a vantaggio di Hamas, anche il fragile compromesso con i paesi arabi moderati, avviato col “patto di Abramo” e la compiaciuta assistenza degli Stati uniti. La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con Israele.I Paesi arabi moderati, gli alleati di sempre, il lato debole della geopolitica americana prigioniera di Netanyahu in Medio Oriente. Prima tra tutti la Giordania. Re Abdullah II di fronte alla devastante reazione israeliana ai massacri di Hamas, sta per rivedere la trentennale ‘pacificazione’ con Tel Aviv, ma anche le relazioni privilegiate con Washington
  • Professione reporter dopo il 7 ottobre. I dubbi di Eric Salerno (e non soltanto)
    Come è stata l’informazione dal 7 ottobre a oggi, ossia da quando i palestinesi –‘militanti di Hamas’, ‘terroristi’, ‘nazisti’, ‘criminali di guerra’, ‘partigiani’, ‘combattenti per la libertà’ o altri termini scelti da chi giudicava e raccontava – hanno dato l’assalto a Israele? Cosa sono oggi i giornalisti o fotografi ‘embedded’? Cosa rappresentano i palestinesi arabi che lavorano per i grandi media; giovani o meno che raccontano da Gaza? E la stampa israeliana? Quella italiana?
  • Pazzo
    Guardo l’Argentina e penso all’Italia. Nella nazione del Sud America la povertà si è talmente diffusa da risucchiare nell’angoscia metà della popolazione. I poveri prima smettono di votare (astensione), dopo scelgono il ”pazzo” più distruttivo del sistema che li ha affamati.  E questo processo è più rapido se c’è l’elezione diretta del presidente (o del premier). (Marnetto)
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