Reader’s – 19 luglio 2022 (rassegna web)

Come probabilmente molti di voi sono iscritto da anni ad Amnesty International e ieri, “giornata internazionale” dedicata alla memoria di Nelson Mandela, simbolo della lotta contro tutti i razzismi e più in generale contro tutte le disuguaglianze, anche a me è pervenuta una lettera che ho pensato di poter condividere con gli amici di nandocan.

Ciao Fernando,

oggi, 18 luglio, è la giornata internazionale dedicata a Nelson Mandela, politico e attivista Sudafricano, che ha ricevuto il premio Nobel per la pace nel 1993.

Il legame tra Amnesty International e Nelson Mandela nasce nel 1962, esattamente un anno dopo la fondazione della nostra organizzazione, che inviò un avvocato in Sudafrica a osservare il processo a cui era sottoposto. Lo stesso Mandela dichiarò: “La sua sola presenza, così come l’assistenza che mi diede, furono una fonte di enorme ispirazione e incoraggiamento”.

Come Amnesty International, sto lottando per la giustizia e i diritti umani da molti anni. (…) Fino a quando persisteranno l’ingiustizia e la disuguaglianza, nessuno di noi potrà sentirsi veramente a riposo. (Nelson Mandela)

Nel 2006, Amnesty International gli conferì il premio annuale “Ambasciatore della coscienza”, riconoscendone l’impegno decennale contro le violazioni dei diritti umani non solo in Sudafrica ma nel mondo intero.

Il suo impegno è stato riflesso nella sua instancabile determinazione a sconfiggere la disuguaglianza razziale durante l’apartheid, seguita dalla sua azione di vitale importanza per combattere l’HIV in Sudafrica.

Ancora oggi teniamo vivi i valori che ci ha trasmesso, quali il rifiuto ad accettare ogni forma di ingiustizia e il coraggio come arma necessaria per contribuire a cambiare il mondo intero.

La sua eredità resterà intatta per generazioni e per questo lo omaggiamo, anche in questa giornata a lui dedicata, per tenere viva l’attenzione sui diritti umani nel mondo e fare sempre passi in avanti, mai indietro, nella loro protezione e diffusione.

Grazie per aver scelto di essere al nostro fianco,

Laura Bonomi - Amnesty International Italia
Laura Bonomi
Direttrice Raccolta Fondi
Amnesty International – Sezione Italiana OdV

La vera natura di Draghi

di Massimo Marnetto

Politico o tecnico? La vera natura di Draghi uscirà presto allo scoperto. Se riuscirà ricomporre la spaccatura con Conte, si qualificherà un politico a tutto tondo. Se invece rifiuterà il faticoso compito, rimarrà un buon tecnico prestato alla politica, a riprova del fatto che l’autorevolezza – da sola – non basta a guidare il Paese.

A sua esimente si può addurre che la formula dell’ ”unità nazionale” non lo ha certo aiutato. Un aggregato di opposti con un margine di coesione vicino allo zero. Intendiamoci: le maggioranze disomogenee possono funzionare. Ma solo se precedute – com’è avvenuto in Germania – da mesi di trattative serrate per scrivere un programma chiaro e vincolante. Da noi invece si parte senza legare il carico e si perdono pezzi per strada.

Draghi non vive di politica, né sembra entusiasmarsi per il suo ruolo. Difficile, quindi, che dia il sangue per tenere in piedi il Governo. Si arriverà a un compromesso, ma di congedo. Forzando il concetto di ”ordinaria gestione” per mettere in sicurezza gli adempimenti improcrastinabili e nulla di più. Così l’effige di Draghi verrà posta nella apposita bacheca dei Tecnici della Repubblica insieme a quella di Monti, sezione ”Grandi Ustionati”.


Scricchiolii: Zelensky caccia il capo degli 007 e la procuratrice generale

da Remocontro

Il presidente ucraino spiega le ‘purghe’: «Prove documentate di sospetto tradimento». Potrebbero aver favorito l’avanzata dei russi. Primo segnali evidenti di fratture interne favorite dall’andamento ormai insostenibile del conflitto, e sulle soluzioni politiche tra guerra di logoramento e trattative.
L’ex capo delle spie ucraine sarebbe stato addirittura arrestato. Mentre vengono pubblicizzati «651 procedimenti criminali per tradimento e collaborazionismo. Accuse minacciosamente controvertibili e segnali pericolosi di resa dei conti interna al potere in Ucraina.

L’ex capo degli 007 ucraini arrestato

Zelensky, Bakanov e Venediktova

Il presidente Volodymyr Zelenskyy ha spiegato, in un discorso televisivo, le ragioni della rimozione di Ivan Bakanov dalle funzioni di capo della Sbu, i servizi segreti, e quella di Iryna Venediktova dalla carica di procuratore generale. Secondo quanto riporta l’agenzia ucraina Unian, l’ex capo del dipartimento principale della sicurezza (Sbu) è stato arrestato in Crimea dall’Ufficio investigativo statale, riporta il Corriere della Sera. «Questa persona è stata licenziata da me all’inizio dell’invasione su vasta scala e, come si può vedere, tale decisione era assolutamente giustificata», ha dichiarato il presidente ucraino.

Le prove di cosa e contro chi?

«Sono state raccolte prove sufficienti per la notifica, a questa persona, di sospetto tradimento. Tutte le sue azioni criminali sono documentate. Tutto ciò che ha fatto in questi mesi e anche prima riceverà un’adeguata valutazione legale». Zelensky ha poi aggiunto che «saranno ritenuti responsabili anche tutti coloro che assieme a lui facevano parte di un gruppo criminale che ha lavorato nell’interesse della Federazione russa». Il riferimento è al passaggio di informazioni segrete al nemico e ad altre forme di collaborazione coi servizi speciali russi.

Tutti collaborazionisti di Mosca?

Tra caccia alle streghe e resa dei conti. «Sono state prese decisioni anche nei confronti dei capi regionali del settore della sicurezza a Kherson e Kharkiv e della leadership del potere esecutivo», ha aggiunto Zelensky. «Saranno valutate le azioni specifiche e l’eventuale inerzia di ciascun funzionario nel campo della sicurezza e delle forze dell’ordine. Nel video il presidente ucraino segnala che a oggi sono stati avviati 651 procedimenti criminali per tradimento e collaborazionismo. «In particolare, oltre 60 impiegati dell’ufficio del procuratore e del servizio di sicurezza ucraino Sbu», ha precisato Zelensky, «sono rimasti nel territorio occupato e stanno lavorando contro il nostro Stato».

Alcuni dei fatti imputati

I dubbi di Zelensky diventano certezze con l’aiuto americano anche a mezzo stampa. il 3 marzo i russi conquistano la città di Kherson, sulla sponda destra dell’estuario del Dnipro, nell’Ucraina meridionale. Un colpo che i russi non avrebbero potuto mettere a segno se il ponte che si trova sul fiume che nasce dall’altopiano del Valdaj, nella Russia Occidentale, fosse stato fatto saltare in aria. Contravvenendo agli ordini arrivati direttamente da Zelensky, il generale Serhiy Kryvoruchk, capo del direttorato dello SBU, il Servizio di Sicurezza dell’Ucraina, ha ordinato ai suoi ufficiali di evacuare la città prima che le truppe russe riuscissero a prenderla d’assalto, riporta il sito di informazione ed approfondimento Usa “Politico”.

La spia che veniva dal nulla

Dalla presa di Kherson, la caccia alla spia è diventata una priorità per Zelensky. Ricerca che lo ha portato ad un nome ben preciso: Ivan Bakanov, capo dello SBU, suo amico di lunga data, che in passato ha gestito la sua società di intrattenimento e la sua campagna elettorale. Bakanov, 47 anni, è stato al fianco di Zelenskyy da quando quest’ultimo è passato dall’essere un comico ad essere un leader conosciuto in tutto il mondo. Quando Bakanov fu nominato capo dell’intelligence ucraina nel 2019, sono piovute critiche da parte dei parti dell’opposizione che si sono opposti alla scelta di affidare un incarico così delicato ad una persona con una scarsa esperienza nel settore come nel caso di Bakanov.


CLIMA. Guterres: «Rischio suicidio collettivo per l’umanità» (dal Manifesto)

“Gli incendi e le ondate di calore anomalo che devastano intere aree del mondo mostrano che l’umanità si trova di fronte al rischio di un «sui- cidio collettivo». A lanciare l’allarme clima in questi termini è stato il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres rivolto ai ministri di 40 paesi riuniti a Berlino per discutere della crisi climatica: «Metà dell’umanità si trova nella zona a rischio, a causa di inondazioni, siccità, fenomeni temporaleschi estremi e incendi. Nessuna nazione è immune. Eppure continuiamo ad alimentare la nostra dipendenza dai combustibili fossili». Per Guterres «abbiamo una scelta. Azione collettiva o suicidio collettivo. È nelle nostre mani”


  • La differenza
    È infatti enorme la differenza tra la guerra e la pace. E la tragedia è proprio questa, che la guerra si concede una pausa per riprendere ancora più incondizionata di prima. E ciò perché questa non è neanche degna di essere chiamata guerra, perché le guerre si fanno per ottenere qualcosa, che è la posta in gioco della guerra. Invece questa è una guerra che ha per fine la negazione reciproca dell’esistenza dell’altro. E attraverso un rovesciamento di ciò, nella costruzione di una umana convivenza tra i membri del popolo palestinese e i cittadini ebrei dello Stato di Israele, che può istituirsi, non una tregua, ma la pace
  • Scendere
    Mi tocca difendere il Ministro Lollobrigida, perché la sua richiesta di fermata del treno in ritardo, per proseguire in auto, era motivata da un interesse pubblico istituzionale, prevalente su quello privato degli altri passeggeri. Ovvero la sua presenza come Ministro – cioè a nome dello Stato – a Caivano, per inaugurare un parco ad alto valore simbolico, come riscatto di un territorio abbandonato al degrado e alla criminalità. (Marnetto)
  • La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con Israele
    La feroce rappresaglia di Israele nella striscia di Gaza, accompagnata da un’ aggressiva reazione dei coloni nella Giordania occupata, rischia ora di compromettere, a vantaggio di Hamas, anche il fragile compromesso con i paesi arabi moderati, avviato col “patto di Abramo” e la compiaciuta assistenza degli Stati uniti. La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con Israele.I Paesi arabi moderati, gli alleati di sempre, il lato debole della geopolitica americana prigioniera di Netanyahu in Medio Oriente. Prima tra tutti la Giordania. Re Abdullah II di fronte alla devastante reazione israeliana ai massacri di Hamas, sta per rivedere la trentennale ‘pacificazione’ con Tel Aviv, ma anche le relazioni privilegiate con Washington
  • Professione reporter dopo il 7 ottobre. I dubbi di Eric Salerno (e non soltanto)
    Come è stata l’informazione dal 7 ottobre a oggi, ossia da quando i palestinesi –‘militanti di Hamas’, ‘terroristi’, ‘nazisti’, ‘criminali di guerra’, ‘partigiani’, ‘combattenti per la libertà’ o altri termini scelti da chi giudicava e raccontava – hanno dato l’assalto a Israele? Cosa sono oggi i giornalisti o fotografi ‘embedded’? Cosa rappresentano i palestinesi arabi che lavorano per i grandi media; giovani o meno che raccontano da Gaza? E la stampa israeliana? Quella italiana?
  • Pazzo
    Guardo l’Argentina e penso all’Italia. Nella nazione del Sud America la povertà si è talmente diffusa da risucchiare nell’angoscia metà della popolazione. I poveri prima smettono di votare (astensione), dopo scelgono il ”pazzo” più distruttivo del sistema che li ha affamati.  E questo processo è più rapido se c’è l’elezione diretta del presidente (o del premier). (Marnetto)
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