Reader’s – 16 marzo 2023

Quel giorno in via dei Volsci

Peppino Scarfone su Facebook

Il 16.3.78 fu rapito Moro.

Io ero in un appartamento in Piazza dei Re di Roma.

Il mio amico S. entrò nella mia stanza con una radio da cui proveniva la notizia.

Era così inverosimile che cercai di immaginare come avesse fatto a imbastire quello scherzo, era un burlone.

L’incredulità durò pochissimo; il suo sgomento era reale.

Uscii per andare all’Università.

In piazzale della Minerva alla Sapienza ( il cuore dell’Università ) parlava Scalzone.

Arrivò la polizia e sgombro’ senza tanti preamboli.

Forse per la prima volta non aveva atteso la chiamata del Rettore.

Andai nell’adiacente S.Lorenzo, quartiere allora popolare, dove in via dei Volsci c’era la radio del movimento.

Le sirene della polizia che attraversava il quartiere erano continue.

Fino a quel giorno era inusuale.

Iniziò un serrato confronto-scontro tra l’ala cosiddetta ” creativa” ( alla quale facevo riferimento) e l’ala militarista.

Fu una giornata nefasta.

Il movimento era finito.


La maggioranza del mondo che non pensa occidentale e la titolarità della pace

Michele Marsonet su Remocontro

Quella cinese non voleva essere una vera proposta di pace: quella la decidono le parti in guerra. Ma era il prologo, le condizioni da cui partire per iniziare a parlarne. Mosca s’è complimentata, e persino Zelensky ha apprezzato, ognuno cercando nei principi citati quelli di sua maggior convenienza. Comunque un possibile punto di partenza. Ma poi arriva il No netto da parte Statunitense che si scopre ufficialmente parte belligerante a morti altrui, con l’Europa a traino, senza neppure porsi in dovere del dubbio rispetto ad altri interessi strategici Usa anti cinesi noti anche ai bambini.
A ‘bocce ferme’ un utile riassunto critico di Michele Marsonet,

Le paci delle vaghezze intelligenti

Molti si chiedono quale sia il significato del piano di pace che la Repubblica Popolare Cinese ha proposto per risolvere il conflitto ucraino. La domanda è legittima, poiché tale piano è estremamente/volutamente vago, e parte delle posizioni dei contendenti, gli invasori russi e gli ucraini invasi.
Sul campo nessuno, almeno finora, sembra disposto a fare concessioni. Vladimir Putin continua a considerare l’Ucraina uno Stato fasullo, che non ha alle spalle una sua vera storia ed esiste politicamente e militarmente solo grazie al sostegno occidentale (e americano in primis).
Mentre Volodymyr Zelensky continua a sognare una vittoria totale assai difficile da conseguire. Parla di liberazione del Donbass e della Crimea, e ha recentemente proposto di ridare alla Russia l’antico nome di ‘Moscovia’. Lasciando intendere che non vuole soltanto la vittoria militare, ma anche la dissoluzione della Federazione Russa.

Pericolosi desideri di rimbalzo

Tale desiderio è in piena sintonia con le tesi di alcuni ‘think tank’ polacchi vicini agli Usa, che sostengono apertamente la necessità, per conseguire la pace, di frantumare l’attuale Federazione Russa, trasformandola in una pluralità di Stati più piccoli, indipendenti e non legati da alcun patto federativo.
In tali condizioni il vaghissimo piano di Pechino serve a poco perché, per l’appunto, non considera le reali posizioni dei contendenti. Serve però alla Repubblica Popolare per dimostrare la sua presenza e il suo interesse per la soluzione della guerra. E serve anche a Putin perché il piano non menziona mai la Russia come Paese invasore, pur sottolineando che il diritto internazionale va rispettato.

La maggioranza di mondo che non pensa occidentale

Alcuni sostengono che un piano di pace vago è pur sempre meglio di niente, ed è anche vero che nessun altro piano è stato presentato. Resta però il problema di capire quali siano i veri interessi cinesi.
In realtà la Repubblica Popolare è riuscita a conseguire un grande successo diplomatico facendo riavvicinare due nemici storici come l’Arabia Saudita sunnita e l’Iran sciita, attraendoli entrambi nella sua sfera d’influenza e staccando la prima dagli Stati Uniti. Ha quindi interesse a mantenere forti legami con Mosca, poiché questo le consente di perseguire quel nuovo ordine mondiale che tanto Putin quanto Xi Jinping hanno in testa

La questione planetaria dell’Impero americano

Si tratta di un ordine che prevede il ridimensionamento dell’influenza Usa nel mondo, o addirittura la loro espulsione dall’area del Pacifico. Di qui i frequenti paragoni tra l’Ucraina e Taiwan. Quindi il piano di pace cinese serve a ‘marcare il territorio’, e pure a mostrare che il ruolo di Pechino è ormai centrale in ogni scacchiere della politica internazionale.


La lotta di classe è finita?

Gilberto Squizzato su Facebook

LA LOTTA DI CLASSE È FINITA, come un patetico retaggio del passato.

Sicuri?

Guardate alla riforma fiscale che la destra al governo ha messo in cantiere. Non è forse espressione della lotta dei garantiti delle classi più alte e benestanti contro le classi più povere, sotto l’ala protettiva di Meloni, Salvini e C?

Confindustria e associazioni di categoria approvano il progetto, i sindacati (tutti) la respingono.

Se non la chiamiamo lotta di classe come la definiremo? Gentile e garbata controversia interclassista sulla distribuzione delle ricchezze attraverso la ricalibrazione del carico fiscale?


  • Sulla valutazione dei magistrati
    Si vuole introdurre la valutazione della Magistratura? Bene, allora li si faccia anche per gli altri poteri dello Stato. Per il Parlamento vedrei bene l’adozione del ‘’criterio di laboriosità’’: un quinto degli onorevoli e senatori più assenteisti nel biennio vengono sostituiti con elezioni suppletive programmate.
  • ‘Peggio del presente, a Gaza, c’è solo il futuro’: Eric Salerno
    Altri ostaggi sono tornati a casa, tutti sembra, in relativamente buone condizioni di salute anche se traumatizzati dal rapimento e dalla prigionia nelle mani degli uomini di Hamas. In Israele manifestazioni di giusta felicità miste a paura per quello che è accaduto il 7 ottobre e per quello che potrebbe ancora succedere. Centinaia di video passano di mano in mano. In Israele e fuori.
  • La differenza
    È infatti enorme la differenza tra la guerra e la pace. E la tragedia è proprio questa, che la guerra si concede una pausa per riprendere ancora più incondizionata di prima. E ciò perché questa non è neanche degna di essere chiamata guerra, perché le guerre si fanno per ottenere qualcosa, che è la posta in gioco della guerra. Invece questa è una guerra che ha per fine la negazione reciproca dell’esistenza dell’altro. E attraverso un rovesciamento di ciò, nella costruzione di una umana convivenza tra i membri del popolo palestinese e i cittadini ebrei dello Stato di Israele, che può istituirsi, non una tregua, ma la pace
  • Scendere
    Mi tocca difendere il Ministro Lollobrigida, perché la sua richiesta di fermata del treno in ritardo, per proseguire in auto, era motivata da un interesse pubblico istituzionale, prevalente su quello privato degli altri passeggeri. Ovvero la sua presenza come Ministro – cioè a nome dello Stato – a Caivano, per inaugurare un parco ad alto valore simbolico, come riscatto di un territorio abbandonato al degrado e alla criminalità. (Marnetto)
  • La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con Israele
    La feroce rappresaglia di Israele nella striscia di Gaza, accompagnata da un’ aggressiva reazione dei coloni nella Giordania occupata, rischia ora di compromettere, a vantaggio di Hamas, anche il fragile compromesso con i paesi arabi moderati, avviato col “patto di Abramo” e la compiaciuta assistenza degli Stati uniti. La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con Israele.I Paesi arabi moderati, gli alleati di sempre, il lato debole della geopolitica americana prigioniera di Netanyahu in Medio Oriente. Prima tra tutti la Giordania. Re Abdullah II di fronte alla devastante reazione israeliana ai massacri di Hamas, sta per rivedere la trentennale ‘pacificazione’ con Tel Aviv, ma anche le relazioni privilegiate con Washington
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