Fiori bianchi alla Segre
di Massimo Marnetto
In Senato, si sente il peso dell’intensità del discorso della Segre, che ha vissuto la negazione e poi l’affermazione di libertà e uguaglianza. Non altrettanto si può dire delle parole di La Russa, neo Presidente del Senato. Che ha il salotto pieno di ritratti del duce, ma poi si spertica in un intervento di pacificazione ambidestra. Che non ha presa perché non poggia su una conversione sofferta, ma usa un frasi-detersivo. Per togliersi le macchie di nero e autocertificarsi ”Presidente di tutti”.
Con tanto di fiori bianchi alla Segre, che aveva appena citato Matteotti – protomartire dell’antifascismo . Ammazzato a bastonate su ordine del duce – sempre quello delle statuette in salotto – per aver denunciato la violenza delle sue squadracce proprio in Parlamento. Per carità, non voglio ignorare il conato democratico di La Russa, ma per prenderlo in considerazione aspetto che pubblichi la foto del suo salotto ”ripulito”.
Uscire dal tempo delle radicalizzazioni. L’auspicio di Civiltà Cattolica ai partiti
“Ci voleva La Civiltà Cattolica per riuscire a fare i conti con i voli poco intellegibili della politica italiana”. Così l’amico e collega Riccardo Cristiano, già “vaticanista” della RAI, introduce un breve saggio della prestigiosa rivista dei Gesuiti sulla politica italiana. Gli ricorda la favola della rana che “dà un passaggio allo scorpione per attraversare indenne il fiume e poi viene trafitta, a discapito d’entrambi.
Dal governo gialloverde a quello giallorosso, fino a Draghi”, quest’ultimo nel ruolo di rana. “Uscire dal tempo delle radicalizzazioni” sarebbe invece la “vera medicina per una democrazia che ci riguarda tutti”. Forse, commento io, se questo bastasse a sciogliere il nodo principale della politica neoliberista di questi anni, Draghi compreso: la crescita delle disuguaglianze.
Non è così. Un grande economista come Thomas Piketty ha storicamente provato che quella per l’eguaglianza è “una lotta che può essere vinta, e nella quale ci sono sempre varie traiettorie possibili”. Ma che queste “dipendono dalla mobilitazione, dalle lotte e da ciò che si apprende dalle lotte precedenti” (nandocan)

di Riccardo Cristiano | 13/10/2022 –
Le stoccate ci sono per tutti, delicate ma non certo irrilevanti. Vediamone alcune parti, importanti. Si legge sui 5 Stelle: “Per il Movimento 5 Stelle decimato, dopo l’uscita di Luigi Di Maio e della sua corrente – l’ultima di una lunga serie di defezioni – distinguersi dal governo era ormai l’ultima possibilità per trovare una propria identità, dopo che i quattro anni al potere con tutti i suoi precedenti avversari politici avevano corroso l’immagine di novità che comunicava”.
Un altro protagonista della fine prematura del governo Draghi: “Salvini aveva bisogno di ricostruire il suo spazio politico che veniva occupato da Fratelli d’Italia, l’unica forza politica che non aveva dato il suo appoggio al governo di unità nazionale e si era tenuta le mani libere per criticarne, quando era opportuno, l’azione o appoggiarla quando le misure proposte si ritenevano più convenienti al loro elettorato di riferimento”. E ovviamente il terzo protagonista della crisi, Berlusconi: “Forza Italia è stata posta di fronte a una scelta: assecondare la crisi di governo per seguire i suoi due alleati storici (Fratelli d’Italia e Lega), oppure contrastarla e avviare una nuova strategia politica centrista. Le energie per la seconda opzione sarebbero state probabilmente troppo dispendiose per Silvio Berlusconi, il quale, quindi, non ha distrutto il patto storico che trent’anni prima aveva fondato”.
È finito così un governo che dava fiducia agli italiani: “Oltretutto, il presidente del Consiglio, da un lato, vantava un forte riconoscimento da parte degli italiani a luglio 2022 (secondo i sondaggi, Draghi era gradito al 60% della popolazione, e anche il governo da lui guidato raggiungeva il 58%: percentuali molto alte in un tempo di crisi); dall’altro lato, egli era garante di affidabilità verso i partner europei, vista la sua ottima reputazione, guadagnata come governatore della Banca centrale europea e conservata nel periodo di governo, tanto da ricevere a New York, il 19 settembre 2022, il premio della Appeal of Conscience Foundation come migliore statista dell’anno”.
L’astensione è ovviamente il primo tema di approfondimento del lungo testo, e contiene affermazioni largamente condivise da molti: “Per molti cittadini è stato difficile comprendere le motivazioni che hanno portato a chiudere l’esperienza di un governo che era stato capace di condurre con efficacia il programma concordato e costruito dalle diverse componenti che lo sostenevano. Sebbene le prospettive per il 2023 non siano altrettanto rosee, in base alle stime del Fondo mondiale internazionale, il Pil italiano nel 2022 crescerà del 3%, un aumento maggiore rispetto alle principali economie dell’eurozona”.
Ma è a chi si è legato al governo, cioè al Pd, che viene rivolto il ragionamento che mi ha colpito di più. Si parte dalla ricostruzione della ricerca di accordi, divisioni, fratture, impossibilità di fare altro che subire la campagna elettorale. La ricostruzione è vivida, i fatti noti ai lettori. Ma è il punto d’arrivo dell’analisi, che coinvolge ovviamente il Terzo Polo, a dire una cosa importante sul Pd.
“Negli ultimi tempi si è schiacciato su una proposta tecnocratica (che si potrebbe tradurre nello slogan «Noi sappiamo governare meglio degli altri») e liberal-radicale (incentrata sulla rivendicazione dei diritti civili). Una proposta che molto probabilmente non attrae né coinvolge la maggioranza degli italiani. Una scarsa visione prospettica gli ha impedito di alzare lo sguardo, ed è rimasto schiacciato dai diretti concorrenti. Il giorno seguente il risultato elettorale Letta ha annunciato un nuovo Congresso per cercare una vocazione per il futuro”. Questo mi sembra un punto cruciale: la cultura liberal-radicale manca della capacità di “alzare lo sguardo”.
La conclusione contiene due punti di rilievo: il primo riguarda il governo Draghi: “Il governo dimissionario non ha proceduto per moto inerziale. La sua azione politica ha potuto continuare a delineare alcuni aspetti del percorso di «ricostruzione» che era stato immaginato per l’Italia con il sostegno dell’Unione europea. La maggiore crescita economica che si è avuta nel 2022 lascerà una cifra tra i 9 e i 10 miliardi di euro da spendere, che il nuovo governo potrà utilizzare per affrontare i rincari dovuti alla crisi energetica, prima di iniziare a mettere mano alla legge di bilancio, che sarà il primo vero banco di prova della nuova maggioranza”.
Infine l’auspicio, che spiega tutto, al di là dei punti di vista che possono indurre a sentirsi più vicini a un’area che all’altra: “L’auspicio è che, dopo l’unità nazionale, si riesca a vivere uno stile di moderazione tra le forze politiche, in modo che si possano evitare le radicalizzazioni e trovare vie di mediazione alla ricerca del bene comune”. Evitare le radicalizzazioni, la vera medicina per una democrazia che in quanto tale ci riguarda tutti.
In Iran la protesta si estende al settore petrolifero e diventa rivolta

Vittorio Da Rold su Remocontro
In Iran l’onda di proteste si estende al mondo del lavoro e molte categorie, dagli studenti ai lavoratori dei bazar, insegnanti, avvocati, operai di fabbrica e del settore petrolifero. In alcune città ci sono stati raduni di protesta e tentativi di manifestazione. Più di 120 persone incriminate, vanta l’Autorità giudiziaria sperando di far paura. Il nemico esterno, l’eterna evocazione dei vertici. Repressioni sempre più dure del regime teocratico che scatena le diverse polizie. Sarebbero 201 i morti, tra i quali 23 minori di 18 anni, nelle 3 settimane di proteste in Iran documentate dall’Iran Human Rights
Nel nome di Mahsa Amini è quasi rivoluzione
Le proteste in corso in Iran per la morte della 22enne curda Mahsa Amini si allargano anche al vitale settore petrolifero. Gli addetti della raffineria di Abadan hanno iniziato una protesta che all’inizio pareva una vertenza puramente sindacale ma poi i video trasmessi sulla rete, nonostante i consueti tentativi di oscurare da parte delle autorità, hanno mostrato slogan politici di insofferenza contro l’attuale dirigenza iraniana. Un salto di qualità delle proteste in corso da giorni nelle strade iraniane. Poi sono stati arrestati 11 lavoratori nel petrochimico di Assaluyeh, quindi si può dire che il fronte delle proteste estese al mondo del lavoro è ormai aperto in Iran.
Un salto di qualità
Insomma l’onda di proteste nella repubblica islamica dell’Iran fa un salto di qualità e si estende al mondo del lavoro. La rivolta del bazar e del mondo economico nel 1979 contro lo shah fu uno dei momenti di svolta che portò alla vittoria dell’ayatollah Khomeini (che era in esilio in Francia). In alcune città ci sono stati raduni di protesta e tentativi di manifestazione, malgrado le autorità abbiano oscurato internet in diverse zone del Paese. Per gli esperti si tratta di un importante allargamento della protesta seguita alla morte della giovane Mahsa Amini. Dopo l’arresto da parte della polizia morale perché non indossava correttamente il velo.
Bruxelles oltre l’Ucraina
Anche da Bruxelles ci sono novità da registrare nell’atteggiamento della Commissione europea verso le proteste in corso da giorni nel paese mediorientale. «Credo sia arrivato il momento di sanzionare le persone responsabili” della repressione delle donne iraniane e della violazione dei loro diritti». Lo ha detto la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, parlando alla Conferenza degli ambasciatori. «Le violenze scioccanti inflitte al popolo iraniano non possono rimanere senza risposta e dobbiamo lavorare insieme sulle sanzioni», ha evidenziato.
La risposta dell’Iran
«Ci sono due pesi e due misure in Occidente. Perché il confronto con le rivolte è una buona azione nei Paesi europei, ma è considerata una repressione in Iran». Lo ha twittato il ministro degli Esteri Hossein Amirabdollahian, dopo la conversazione telefonica con il suo omologo francese Catherine Colonna. Aggiungendo: «Non permetteremo a nessuna parte dall’interno o dall’esterno dell’Iran di prendere di mira la sicurezza nazionale del Paese».
Repressione selvaggia
Più di 120 persone sono state incriminate, vanta la stessa autorità giudiziaria. Di «60 persone a Teheran e di altre 65 nella provincia meridionale di Hormozgan, arrestate durante i recenti disordini», scrive Mizan Online, il sito web della magistratura iraniana. Quanto al numero dei morti, secondo l’ONG Iran Human Rights dall’inizio delle proteste contro il regime iraniano sarebbero state uccise almeno 201 persone, tra i quali 23 minori di 18 anni.
Segnali di problemi interni al regime
La rivolta popolare e segnali di un crescente malumore all’interno delle forze di sicurezza. Dal fronte della opposizione interna curda la notizia di bombardamenti dei Guardiani della Rivoluzione nel Kurdistan iracheno, dove si sono rifugiati i leader dell’opposizione curdo-iraniana. Corruzione sistemica del regime a favore di affiliati e organizzazioni del potere. Anche così la Repubblica Islamica avrebbe svuotato le casse dello stato, oltre alle sanzioni occidentali che potrebbero venir superate solo con un nuovo accordo sul nucleare civile. Su questo si sta trattando e contrattando facendo leva proprio sul fronte petrolifero e sulla maggiore richiesta occidentale in chiave anti russa.
Tentativi di mediazione
I giornali riformisti iraniani chiedono la fine degli arresti pretestuosi di giovani e studenti e l’Ayatollah Khamenei tenta di placare i manifestanti, segnala Farian Sabahi sul Manifesto. Per calmare le acque, in occasione dell’anniversario della nascita del profeta Mohammed e di una ricorrenza sciita, il leader supremo Khamenei ha concesso la grazia, o ridotto la pena, a 1.862 persone condannate per vari crimini. «Che fine fanno i personaggi di spicco al tempo del presidente riformatore Muhammad Khatami (1997-2005). Dove sono finiti ex ministri, ex deputati, esponenti del clero sciita che, a suo tempo, osarono dire che l’Islam è compatibile con la democrazia, seppur a certe condizioni?»
«Qualcuno vive nel Regno Unito, qualcun altro negli Usa: le preferenze di quella che è stata, a lungo, la nomenclatura di Teheran vanno a quei Paesi con cui i vertici iraniani attuali non sono in buoni rapporti».
L’importanza di avere un ideale dell’Io.

di Giovanni Lamagna
Sono fermamente convinto che, nella vita, sia molto importante avere un Ideale dell’Io. Camminare avendo continuamente davanti agli occhi il nostro Ideale dell’Io, cioè quello che – tenuto conto delle nostre risorse (limitate e non infinite) e delle esperienze già fatte – vogliamo diventare, aspiriamo a diventare. E’ molto importante, quindi, mettere a fuoco – appena la nostra crescita umana ce lo consente – il nostro Ideale dell’Io; per due ragioni principali.
- La prima: perché nel momento in cui cominceremo a farlo non saremo più soli; avremo almeno in parte risolto quello che Erich Fromm (ed io sono pienamente d’accordo con lui) considera il problema fondamentale dell’uomo, quello della solitudine. Perché saremo sempre in compagnia di una sorta di maestro che ci guida, quello che io sono solito chiamare “Maestro interiore”. L’Ideale dell’Io sarà il nostro bastone, il nostro vincastro, la nostra bussola, l’ancora a cui tenere legata la nostra barca, specie quando il mare nel quale navighiamo viene agitato dalla tempesta.
- La seconda ragione: perché, avendo davanti a noi questa sorta di guida, saremo stimolati a camminare, a non stare mai fermi per troppo tempo, se non il tempo necessario per riposare un po’. E, quindi, saremo spinti ad evolvere, a realizzare così ciò che in noi è solo potenziale e non ancora in atto. Cosa che non potrà fare, invece, chi rinuncia ad avere questa guida e ad affidarsi a lei; chi si accontenterà di una vita statica, routinaria, se non addirittura stagnante, incapace di proiettarsi verso il futuro, anzi spesso ripiegata nostalgicamente sul proprio passato.
Da queste poche riflessioni fin qui svolte, credo sia già sufficientemente chiaro che questa mia nozione di “Ideale dell’Io” sia da distinguere da (o da aggiungere a) quelle classiche freudiane di Es, Io e Super-io. E, comunque, fosse anche solo per un eccesso di chiarezza, ne sottolineerò ancora meglio la distinzione.
L’Ideale dell’Io è il potenziale dell’Io
L’Ideale dell’Io non è ovviamente l’Io (può essere persino pleonastico evidenziarlo) anche se non gli si contrappone e non è una sua antitesi. È il potenziale dell’Io, quello che l’Io è in potenza ma non è ancora in atto.Potremmo anche dire, utilizzando una terminologia lacaniana, che è il desiderio dell’Io, la sua vocazione più profonda. O, per usare un altro termine, più vicino alla psicologia junghiana, è il suo “daimon”.
L’Ideale dell’Io non è manco l’Es, ovviamente; anche se non gli si contrappone. L’Ideale dell’Io è, infatti, un’istanza di cui siamo almeno in parte consapevoli, mentre, come tutti sappiamo, l’Es è l’altro nome dell’inconscio. Allo stesso tempo, però, l’Ideale dell’Io non è del tutto altra cosa dall’Es, perché ci sono parti, componenti dell’Ideale dell’Io, che sono ancora inconsce. Che, quindi, fanno parte dell’Es, e affiorano solo un poco alla volta alla coscienza, man mano che l’Io andrà ad occupare spazi sempre più consistenti dell’Es (secondo la famosa espressione freudiana che “laddove c’è l’Es ci sarà l’Io”).
Tutt’altra cosa dal Super-io
Mentre invece, al contrario di quello che si potrebbe pensare, l’Ideale dell’Io è tutt’altra cosa dal Super-io. Il Super-io, per come lo aveva immaginato Freud, è una istanza tutta sociale e ben poco personale, anche se viene pienamente introiettata dal soggetto, dalla persona, dall’individuo. Il Super-io è dato dall’insieme di quelle norme che vengono imposte all’individuo, a ciascuno di noi, dal contesto familiare e sociale nel quale nasciamo, cresciamo e viviamo. La maggioranza di noi tende ad assumere tali norme in maniera (quasi) del tutto acritica e passiva; e ciò spesso è causa di sofferenza, perché tali norme molte volte si pongono in conflitto stridente con le spinte che vengono dalle pulsioni.
Il Super-io tende a deprimere le nostre potenzialità
L’Ideale dell’Io, invece, non nega per principio le pulsioni, non intende reprimerle e meno che mai rimuoverle; vuole anzi integrarle il più possibile nell’Io, compatibilmente coi limiti imposti dal principio di realtà. Il Super-io per sua natura è repressivo, capriccioso e autoritario. L’Ideale dell’Io per sua natura è espressivo, razionale e liberatorio. Il Super-io tende a deprimere le nostre potenzialità, in nome di una (presunta) morale superiore, quindi assoluta e vessatoria.
L’Ideale dell’Io, invece, tende ad esaltare e stimola a realizzare al massimo le nostre potenzialità. La sua morale è frutto di scelte autonome, libere, razionali, spesso anticonvenzionali, anticonformiste, che tengono conto del principio di realtà, ma anche di quello primario del piacere.
Il Super-io, invece, è per sua natura e definizione, dipendente, suddito, conformista, routinario, convenzionale. Succube del pensiero altrui, quasi sempre più realista del Re; e nemico del piacere.