Reader’s – 13 marzo 2023

Se son rose…

Mi ero perfino iscritto all’improbabile gruppo Fb “Elly Schlein presidente del consiglio”. Se son rose fioriranno, pensavo. E questo è oggi anche il commento prudente dell’elettore di sinistra dopo anni di esilio volontario dal partito renziano e definitivamente deluso dalla “cotta” politica di Enrico Letta per Mario Draghi. Il successo della Schlein alle primarie si deve, io credo, oltre che alla novità e alla coerenza della sua storia personale, alla trasparente sincerità dei propositi per un ritorno a sinistra con un programma preciso di impegni concreti.

Ma certo chiarezza e decisione sono relativamente più facili oggi stando all’opposizione di un governo di destra che ieri a far parte di una maggioranza composita, per di più quasi commissariata dall’Unione europea, come la precedente. Ragione per cui la verifica si dovrà fare per ora, oltre che sul modo di stare all’opposizione ( ma è già qualcosa a confronto con l’inesistenza di oggi), anche sul modo di stare al governo del partito e delle tante amministrazioni locali in cui il Pd guida ancora la maggioranza.

Che peso avranno il parere e il voto degli iscritti sulle scelte politiche del Nazareno o degli amministratori locali? Quanti saranno d’ora in poi i soci sulla carta che disertano il dibattito nelle sezioni ma si mobilitano, quando serve, al cenno di un capo corrente? Quando e come si cambierà lo statuto veltroniano che ha consentito a Matteo Renzi una trasfusione di sangue nel PD così modificando la base a sua immagine e somiglianza”?

Dal jobs act alla riforma della scuola, dalla riforma della Rai alla peggiore di tutte, il disegno di legge Renzi Boschi per la revisione costituzionale, prima che gli elettori sono stati fatti scappare gli iscritti, spesso anche i più impegnati. Quanti e quali altri ne abbiano preso il posto in questi anni è più difficile sapere. Anche per questo Elly Schlein ha fatto riaprire le iscrizioni.

Diecimila in pochi giorni è notizia di oggi. E per quanto mi riguarda, vedremo. (nandocan)


Tornare

di Massimo Marnetto

Come un fulmine, dalla Nuvola esce la Schlein. E fa il botto, prendendosi il PD che aveva occupato, con l’idea di riformarlo. C’è desiderio di un Giubileo del perdono e della speranza per rilanciare il partito ed Elly ne eroga con generosità.

Si avverte che la Segretaria non viene dalle prove di fedeltà giovanili dei portaborse: ha lo spessore di studi solidi, esperienze politico-amministrative importanti e persino ideali netti, quella roba che nel PD è fuori corso da tempo, nel nome dell’insana propensione di cercare voti al centro.

Per non guastare la festa non scomunica i renziani del Jobs Act, ma arruola Bonaccini come Presidente per portar via la mucca dal corridoio. Dà il preavviso di sfratto a cacicchi e capibastone, che la applaudono per mimetizzarsi subito nel nuovo.

Riuscirà la cura? C’è da augurarselo. Ma un partito così atrofizzato dall’autoreferenzialità ha bisogno di una lunga riabilitazione per riprendere ad occuparsi di giustizia sociale. Cioè, per tornare ad essere di sinistra.


Papa Francesco, 10 anni in viaggio per rinnovare il cristianesimo

Un Papa della preghiera, della pace, della libertà. In 10 anni di pontificato Bergoglio ha pienamente restaurato la chiesa cattolica con una modernizzazione fondata sulla fede. A partire dalla quale propone un ecumenismo capace di emarginare i fondamentalismi e riunire le grandi religioni monoteiste nel credo di un solo Dio. Il suo ruolo nelle crisi del mondo.

Papa Francesco

di Livio Zanotti

Il Papa del popolo, della pace, della giustizia è “un pastore al quale piace l’odore delle pecore, cosi che appena può va ad annusarle da vicino”, ha detto un vescovo argentino, commentando i 40 viaggi compiuti per visitare 59 paesi nei suoi primi 10 anni di pontificato. Il giudizio lo ritrae a corpo intero. Per sottolinearne, malgrado il fisico logorato dall’età, il vigore dell’esercizio di governo. Il cui instancabile dinamismo è riuscito a terremotare anche nello stesso Vaticano inveterati comportamenti personali, ritualità di dottrina, relazioni di potere temporale logorate, in qualche caso marcite e tuttavia coriacee. Mentre extra moenia, profeta di un solo Dio, ha rianimato il dialogo con le altre confessioni monoteiste, incidendo sugli equilibri della politica mondiale, alle radici delle drammatiche crisi che ci angosciano tutti. L’eccezionalità del personaggio, perseverante, audace, di austere abitudini, ha provocato generale sorpresa, ampia ammirazione, senza che siano mancate esplicite contrarietà, non solo nella Curia costretta a rinunce sgradite.

Non tutti i cardinali che lo hanno eletto nel conclave tornerebbero a farlo

Il gesuita argentino giunto dalla “fine del mondo”, come si annunciò egli stesso alla folla clamante di piazza San Pietro, non è più il già influente “provinciale” della Compagnia restìo alla facile esternazione e ai rischi a suo parere innecessari. Neppure l’arcivescovo di Buenos Aires talvolta perfino brusco, sebbene sempre attento alle vicende della politica. Il suo papato non è salvo da critiche, avversari e qualche acerrimo nemico. Non tutti i cardinali che lo hanno eletto nel conclave del 13 marzo 2013 tornerebbero a farlo. E’ ormai noto e accettato, con soddisfazione o acrimonia.

E’ il primo papa latinoamericano, il primo dell’intemerato Ordine fondato da Ignazio da Loyola, il primo a rifiutarsi di prendere alloggio nella storica residenza del Palazzo Apostolico (mille stanze), per preferirgli una camera da letto, uno studiolo, un bagno e un cucinino a Santa Marta, la casa-albergo sul lato opposto della città vaticana. Il primo che dell’opzione per i poveri ha fatto una scelta di vita e un atto della sua teologia.

La residenza apostolica di Santa Marta

L’opera di ammodernamento

Ma non emergono argomenti dicibili, rilevanti, non pregiudiziali, tali da disconoscere la solida coerenza e il respiro che in prospettiva ha l’opera di ammodernamento da lui svolta finora. Sono episodici anche quando tutt’altro che trascurabili gli errori compiuti, amplificati dal suo temperamento decisionista (del resto è il re di un’istituzione monarchica, con un miliardo e mezzo di fedeli), oltre che dall’entità degli interessi in contrasto. Spiegabili nella terribile complessità delle questioni in gioco e comunque puntualmente corretti: le ingenti e gravissime irregolarità riscontrate nelle precedenti amministrazioni dell’Istituto per le Opere di Religione (IOR), la banca centrale della Santa Sede, divenuta rifugio e snodo di operazioni illecite cui erano interessati anche pezzi della criminalità organizzata; gli intrecci gerarchici dell’omosessualità diffusa nella Chiesa, i suoi eccessi e gli scandali internazionalmente clamorosi con le pesantissime conseguenze tanto giudiziarie quanto economiche che ne sono derivate.

Un’elezione da pronto soccorso

Niente affatto casuale, poiché rappresentava una scelta già ponderata in precedenti conclavi, la sua è stata nondimeno un’elezione da pronto soccorso. Vale rammentarlo, per valutarne interamente la portata. Da due decenni il cristianesimo vedeva modificare passivamente la sua geografia nel mondo sconvolto da mutamenti epocali, tuttora in pieno svolgimento. Improvvise e senza precedenti, a fine febbraio 2013 le dimissioni di Benedetto XVI precipitano la Chiesa in una consapevolezza ormai impossibile da dissimulare. Il clima contaminato dai sospetti fin dagli anni della guerra fredda, in un oscuro crescendo ha provocato in Vaticano insieme a conflitti teologici e politici, lotte intestine di basso potere anche cruente, affarismo, tradimenti che per più d’un osservatore rievocavano vicende da corti medievali. Alle quali il raffinato intellettuale Joseph Ratzinger, crociato della fede non da battaglia campale, ha sentito di non saper opporsi con la necessaria energia.

Joseph Ratzinger e Bergoglio

Chiese o sette evangeliche

Giunto dalla “fine del mondo”, per Bergoglio è stata una scelta naturale volgere le spalle a quel panorama di miserie di cui era informato senza averne diretta conoscenza, per dedicarsi a una ricostruzione spirituale e terrena cominciando dal proprio sapere. Lascia il tormentato continente latinoamericano, convenzionalmente ritenuto il più cattolico del pianeta, in crisi di fede. Vent’anni prima, secondo dati di Latinobarometro, vi si dichiarava cattolico l’81 per cento degli abitanti (totale, Caraibi inclusi: 470 milioni circa); nel 2013 (550 milioni circa), la percentuale è scesa al 60, in paesi come Cile e Perù si aggira sul 45 per cento, in Brasile la diminuzione è ancora maggiore. Sono le chiese evangeliche (spesso vere e proprie sette, finanziate da quelle maggiori degli Stati Uniti) che vanno erodendo credenti a quelle cattoliche. La loro avanzata coincide con il relativo avanzare delle disuguaglianze sociali e la relativa riduzione del livello medio d’istruzione.

Il no alla teologia della liberazione

Di Bergoglio mi aveva parlato una volta, molto prima che divenisse vescovo, un altro profeta: il sacerdote e cattedratico peruviano Gustavo Gutierrez, teologo e medico, considerato uno dei massimi esponenti della Teologia della Liberazione. A lungo emarginato dall’alta gerarchia, già oltre i novant’anni, Francesco lo ha poi ricevuto in Vaticano per riconoscere la limpidezza della sua fede e la scelta condivisa di camminare accanto agli ultimi. Senza però alcun riconoscimento della Teologia della Liberazione. Che, contrariamente a qualche periodica e malevola insinuazione, questo Papa respinge. Ed è quanto mi spiegò Gutierrez, che conosco da quasi cinquant’anni: un riferimento centrale nel pensiero di Bergoglio è il filosofo del diritto Alberto Methol Ferrè, uruguayano, di recente scomparso, un umanista con tratti esistenzialisti, ma cattolico modernista estraneo alla contrapposizione di classe, così come -ovviamente- lo è Francesco.

Piazza San Pietro gremita

Il papa della pace è anche quello della libertà

Per loro Dio vive nel popolo. Sensibili dunque all’opposizione masse-elites. Da qui la vicinanza al peronismo attribuita a Bergoglio, ma alla antropologia (spesso più declamata che praticata) non all’erratico processo storico del movimento. Poiché nella sua pastorale c’è in primo luogo l’ecumenismo, che è l’opposto del nazionalismo. Ed è ciò che spiega come abbia visitato quasi per intero il Sudamerica tranne la regione platense, la sua Argentina e i fratelli dell’Uruguay (per i quali tutti confessa profonda nostalgia, ma anche qui: in essenza nostalgia della gente, delle strade, della polvere respirata fin dall’infanzia…). Disposto tuttavia a soffrirne ancora la mancanza e mantenersene lontano pur di evitare qualsiasi rischio di vedersi strumentalizzato da una parte politica. Analoga e ancor più marcata si intuisce che sia la motivazione riguardo al Venezuela di Nicolàs Maduro. Il papa della pace è anche quello della libertà, disposto ad andare ad inginocchiarsi fino a Mosca, ma solo se Putin sospende la guerra in Ucraina.

Lontano da ogni fondamentalismo

Il suo “chi sono io per giudicare?” testimonia una disposizione umana a osservare con sguardo amorevole le contraddizioni altrui, è un’esperienza estetica non una rinuncia etica. Vale per la riconciliazione della Chiesa con la scienza dei nostri tempi (a cui lascia la ricerca del come riservandosi il perché), per il rispetto delle diverse sessualità, per la comunione ai divorziati, per il sacramento come spazio sociale condivisibile con l’autorità giudiziaria civile. Confida nel senso di unità della comunione e le attribuisce valore universale. Capace di salvare anche la natura, alla cui difesa ha dedicato una delle sue più potenti encicliche, “Laudato si”. Tanto più in quest’epoca percorsa da un sentimento identitario tanto dichiarato ed esteso quanto spesso fine a se stesso, più esteriorità che intima convinzione. Al centro della sua rivendicazione di libertà c’è un cristianesimo allontanato da ogni fondamentalismo, aperto all’accoglienza d’ogni essere umano di buona volontà. Chiede di essere a sua volta accolto tra costoro quando dice e ripete “pregate per me”.

http://www.ildiavolononmuoremai.it


‘No, non è la BBC, sembra la Rai la Rai TiVi’. Censura al conduttore critico col governo ed è rivolta contro i vertici tv servili

Ennio Remondino su Remocontro

Gran Bretagna, non solo Boris Johnson e partito Conservatore. Rivolta di calciatori e telecronisti contro la Bbc che ha cacciato l’ex bomber per le critiche alla legge anti-migranti.

Zittito lui, zitti noi: tutti con Lineker

«Lo sport è la continuazione della politica con altri mezzi», l’ironia di Leonardo Clausi sul Manifesto. I fatti noti: Gary Lineker, ex stella del calcio di club e nazionale nonché il più longevo presentatore di ‘Match of the Day’, il novantesimo minuto britannico, è stato indotto a fare «un passo indietro» dalla Bbc per una dichiarazione ovvia fatta passare come controversa. «Lineker, personalità squisita e liberale, in un tweet di martedì alla galassia dei suoi seguaci aveva detto che la ministra dell’Interno Braverman che presentava ‘la nuova, tossica e disumana legislazione sui migranti del governo Sunak’, «usava un linguaggio che non è dissimile da quello usato dalla Germania negli anni Trenta». Nazista forse no, la ministra conservatrice, ma fascistella molto probabilmente si. Capita anche in Italia.

Il governo protesta e la BBC agli ordini

La Bbc ha risposto immediatamente sospendendo Gary Lineker perché il criticare la politica sulla migrazione del governo lo vuole «reo di aver violato le adamantine norme di imparzialità dell’emittente sempre in prima linea nel custodire i nostri valori occidentali e faro dei perseguitati di tutto il mondo». Sparata demagogica e fuori misura soltanto l’aver pensato a simile risposta. Risultati immediato e a catena. In solidarietà col collega (chi sa se sarebbe accaduto in Rai?) una quantità di altri commentatori hanno rinunciato loro stessi ad apparire e la seguitissima copertura serale delle partite del servizio pubblico televisivo nazionale rischiava di diventare una sobria faccenda di immagini mute, «un film senza sonoro».

In solidarietà con il collega censurato, alcuni calciatori hanno addirittura annunciato che non si faranno intervistare dalla Bbc liberticida. E l’affaire Lineker, ‘boicottaggio nel nome della libertà di parola, diventa un ‘mediadramma’.

Lineker esempio e bersaglio

Da giorni continua la successione di dichiarazioni di solidarietà o critiche, a seconda degli schieramenti politici. Che probabilmente lascerà il servizio pubblico al servizio di qualche concorrente privato cui non importa un fico delle sue opinioni umanitarie. Molto critico della Bbc il Labour di Starmer, naturalmente, e sdegnata la replica di Braverman, la ministra, che ha definito il commento di Lineker un insulto agli ebrei solo dopo che un sopravvissuto alla Shoah le aveva rivolto la stessa accusa. “Solidarietà al compagno Lineker, che non ha fatto altro che dire ‘il re (non Charles) è nudo! “ è la battura a sinistra dei tories londinesi, sempre più tristi.

Ma di fatto questa storia getta nuova luce su uno dei maggiori equivoci del liberalismo europeo, ovvero la vantata e molto supposta imparzialità della Bbc.

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