Reader’s – 12 settembre 2022. Rassegna web

patriota è chi paga le tasse

Lo sciroppo del taglio alle tasse

di Massimo Marnetto

Dove vanno a finire i programmi dei partiti? Chi ne controlla l’attuazione dopo le elezioni? Servono o sono usa e getta? Il passato ci dice che dopo le elezioni i programmi finiscono al macero, perché le cose da fare vengono imposte dalla realtà. Che da noi è la perenne emergenza provocata da chi non ha cultura di programmazione, attuazione, controllo e assegnazione delle responsabilità.

Non ce l’ho con i politici, ma con noi elettori.

Che ci accontentiamo delle promesse senza chiederne né costi, né coperture. Così la campagna elettorale diventa una fiera con i vari imbonitori che vendono lo stesso sciroppo miracoloso: il taglio delle tasse. Poi succede che mancano case popolari, asili nido e i figli non trovano un lavoro vero. Insomma, lo sciroppo non funziona. E chi rimane fregato, mette il broncio alla politica e non va più a votare…”perché tanto è tutto uno schifo, signora mia”.


INVITO AL VOTO

Gaetano Azzariti, costituzionalista:

“Questa volta non potremo dire: io non lo sapevo. La volontà di stravolgere il nostro assetto costituzionale è stata dichiarata ad alta voce, è stata scritta nei programmi dei partiti politici. Presidenzialismo e autonomia differenziata sono i due obiettivi principali. Il 25 settembre andremo a votare, anche e soprattutto su questo. Non possiamo voltarci dall’altra parte”.


India e Cina annunciano la fine del conflitto nell’Himalaya. Nemico comune in vista?

di  Michele Marsonet (Remocontro)

Sembrava la vigilia della guerra aperta e ora, a sorpresa, è scoppiata la pace, ci stupisce Marsonet. Partiamo dalla ‘quasi guerra’ precedente. Cina e India condividono un confine di 3.488 chilometri nell’Himalaya, per il quale hanno combattuto un breve ma sanguinoso conflitto nel 1962. Da allora esibizioni militari contrapposte esibite mentre per fortuna gli scontri militari di frontiera, obbligatoriamente disarmati, si risolvono a cazzotti. Ora, a stupire il mondo, la pace inattesa, o forse un nuovo nemico comune contro cui allearsi.

Sorprese di pace (o cambio di nemici)

Ha destato una certa sorpresa l’annuncio del ministero degli Esteri indiano, poi confermato da Pechino, che le truppe indiane e cinesi si ritireranno entro il 12 settembre dall’area contesa di Gogra-Hot Springs. L’area si trova nella regione indiana del Ladakh, ma Pechino l’ha sempre rivendicata come propria.
Il territorio è situato nell’Himalaya occidentale, e da anni è teatro di scontri sanguinosi tra gli eserciti dei due Paesi. Scontri combattuti all’arma bianca, spesso con bastoni e mazze ferrate, per la proibizione di utilizzare armi da fuoco.
Molti i caduti da entrambe le parti, anche se Pechino e New Delhi hanno sempre rifiutato di fornire cifre precise al riguardo. Uno dei tanti segnali che rimarcano la storica ostilità tra i due colossi asiatici.

Le nuove alleanze dell’India

Importante notare che la notizia indica un probabile riposizionamento dell’India nello scenario internazionale. Sin dai tempi di Nehru e Mao Zedong i due Paesi sono stati avversari, con gli indiani sempre vicini ai russi per contrastare il potente vicino.
Ora il premier nazionalista indù Narendra Modi sta cambiando strategia. Il lungo stato di semi-guerra con Pechino gli sembra meno importante della possibilità di isolare l’Occidente mediante il rafforzamento dell’Alleanza BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica), strategia che stanno mettendo in pratica Vladimir Putin e Xi Jinping.

Alleanze incrociate e contrapposte

E’ pur vero che, contemporaneamente, la Federazione Indiana fa parte dell’alleanza informale “QUAD” (Dialogo quadrilaterale di sicurezza) assieme a Stati Uniti, Giappone e Australia, fondata nel 2017 per frenare l’espansionismo cinese nell’area dell’Indo-Pacifico.
Tuttavia i rapporti non ottimali con Joe Biden (mentre erano buoni quelli con Donald Trump), e la diffusa percezione dell’attuale debolezza occidentale, spingono il premier indiano a battere altre strade.

Esercitazioni militari con Pechino e Mosca

Così si spiega anche la partecipazione di un contingente di New Delhi alle manovre militari “Vostok 2022”, organizzate da Putin nell’Estremo Oriente russo con la partecipazione di truppe di Cina, Bielorussia, Algeria, Armenia e altri Paesi (tra cui una piccola rappresentanza della Corea del Nord).
Il fatto che le due nazioni più popolose del mondo raggiungano un accordo per far cessare le ostilità che durano da decenni è di per sé molto significativo, e conferma che si potrebbe presto passare a un ordine mondiale diverso dal precedente, che era sostanzialmente a guida americana.

Washington, Londra e Tokio

Scontata la preoccupazione di Washington, Londra, Tokyo e delle principali capitali occidentali per la piega che stanno prendendo gli avvenimenti, anche se finora non si registrano reazioni ufficiali. Tranne le proteste giapponesi poiché le manovre hanno sfiorato le isole settentrionali dell’arcipelago nipponico.
Sarà ora interessante vedere se ci saranno reazioni nella stessa Federazione Indiana per il riposizionamento nello scacchiere internazionale. Il partito indù di Modi domina il Parlamento di New Delhi, ed è improbabile che i laici del Partito del Congresso di Rajiv Gandhi possano contestare concretamente le decisioni del premier.


  • La differenza
    È infatti enorme la differenza tra la guerra e la pace. E la tragedia è proprio questa, che la guerra si concede una pausa per riprendere ancora più incondizionata di prima. E ciò perché questa non è neanche degna di essere chiamata guerra, perché le guerre si fanno per ottenere qualcosa, che è la posta in gioco della guerra. Invece questa è una guerra che ha per fine la negazione reciproca dell’esistenza dell’altro. E attraverso un rovesciamento di ciò, nella costruzione di una umana convivenza tra i membri del popolo palestinese e i cittadini ebrei dello Stato di Israele, che può istituirsi, non una tregua, ma la pace
  • Scendere
    Mi tocca difendere il Ministro Lollobrigida, perché la sua richiesta di fermata del treno in ritardo, per proseguire in auto, era motivata da un interesse pubblico istituzionale, prevalente su quello privato degli altri passeggeri. Ovvero la sua presenza come Ministro – cioè a nome dello Stato – a Caivano, per inaugurare un parco ad alto valore simbolico, come riscatto di un territorio abbandonato al degrado e alla criminalità. (Marnetto)
  • La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con Israele
    La feroce rappresaglia di Israele nella striscia di Gaza, accompagnata da un’ aggressiva reazione dei coloni nella Giordania occupata, rischia ora di compromettere, a vantaggio di Hamas, anche il fragile compromesso con i paesi arabi moderati, avviato col “patto di Abramo” e la compiaciuta assistenza degli Stati uniti. La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con Israele.I Paesi arabi moderati, gli alleati di sempre, il lato debole della geopolitica americana prigioniera di Netanyahu in Medio Oriente. Prima tra tutti la Giordania. Re Abdullah II di fronte alla devastante reazione israeliana ai massacri di Hamas, sta per rivedere la trentennale ‘pacificazione’ con Tel Aviv, ma anche le relazioni privilegiate con Washington
  • Professione reporter dopo il 7 ottobre. I dubbi di Eric Salerno (e non soltanto)
    Come è stata l’informazione dal 7 ottobre a oggi, ossia da quando i palestinesi –‘militanti di Hamas’, ‘terroristi’, ‘nazisti’, ‘criminali di guerra’, ‘partigiani’, ‘combattenti per la libertà’ o altri termini scelti da chi giudicava e raccontava – hanno dato l’assalto a Israele? Cosa sono oggi i giornalisti o fotografi ‘embedded’? Cosa rappresentano i palestinesi arabi che lavorano per i grandi media; giovani o meno che raccontano da Gaza? E la stampa israeliana? Quella italiana?
  • Pazzo
    Guardo l’Argentina e penso all’Italia. Nella nazione del Sud America la povertà si è talmente diffusa da risucchiare nell’angoscia metà della popolazione. I poveri prima smettono di votare (astensione), dopo scelgono il ”pazzo” più distruttivo del sistema che li ha affamati.  E questo processo è più rapido se c’è l’elezione diretta del presidente (o del premier). (Marnetto)

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