Rappresaglia di Mosca all’attentato al ponte di Crimea. Ucraina senza luce e presto al gelo
Almeno dieci civili ucraini uccisi e circa sessanta feriti nel corso degli attacchi con missili e droni lanciati in mattinata dalla Russia in 14 regioni dell’Ucraina. A Kiev 10 le esplosioni secondo la Tass. L’ultimo attacco russo contro la capitale ucraina risale al 26 giugno scorso.
Undici importanti infrastrutture in otto regioni ucraine e a Kiev sono state danneggiate, e parte delle regioni è senza elettricità.
Risposta all’attacco al ponte Kerc
Il 9-10 ottobre le Forze armate di Mosca hanno lanciato una serie di attacchi missilistici in tutta l’Ucraina, compresa la capitale Kiev. Il Consiglio di sicurezza della Russia si riunisce per stabilire il grado di reazione all’atto di sabotaggio ucraino e coordinare la prossima fase bellica. Il ponte di Crimea era stato espressamente indicato da Putin come una “linea rossa invalicabile“.
Attacco diretto alla Russia
Il presidente russo Putin aveva definito l’attacco al ponte di Kerč’ come «atto terroristico per distruggere le infrastrutture di importanza critica della Russia». La stampa americana riporta che dietro all’attacco al viadotto più lungo d’Europa (18,1 km) vi siano i servizi speciali ucraini, sebbene nessuno abbia avanzato ufficiali rivendicazioni, rilancia Limes.
Il consigliere personale del presidente dell’Ucraina Zelensky, ha scritto su Twitter: «La Crimea, il ponte, l’inizio. Tutto ciò che è illegale deve essere distrutto».
Estremismi rischiosi
Rispondendo a una domanda sul potenziale impiego dell’arma atomica – ovvero se la dottrina nucleare russa disponga l’uso della Bomba in risposta a un atto di sabotaggio – il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov è stato lapidario: «No, la formulazione della domanda è completamente sbagliata».
Risposta ‘convenzionale’, almeno per ora
Proprio l’esclusione della Bomba, sempre più invocata dalle frange moscovite più radicali, valutazione di analisti di cose militari, imporrebbe a Putin di ricorrere a una rappresaglia maggiormente estesa. La pioggia di missili non risparmia alcuna regione ucraina: dalla capitale Kiev (culla della Rus’) alla città portuale di Odessa (perla “russa” del Mar Nero), dalla russofona Kharkiv alla più nazionalista e mitteleuropea Leopoli.
Almeno tre missili da crociera
La portata della rappresaglia russa è sottolineata dal fatto che almeno tre missili da crociera abbiano sorvolato i cieli della neutrale Moldova, causando la protesta del governo di Chișinău . Il fatto che proiettili ad alta carica esplosiva abbiano trasvolato sopra il deposito di munizioni di Cobasna – il più grande dell’Europa centro-orientale con oltre 20 mila tonnellate di materiale bellico in larga misura scaduto – costituisce motivo di apprensione per le autorità moldave, che temono irreparabili incidenti.
Recrudesceza militare
La rappresaglia della Russia sembra l’avvio di una prossima recrudescenza del conflitto armato, segnala ancora Limes. In particolare Mosca potrebbe procedere con due nuovi approcci, la distruzione degli impianti elettrici del paese aggredito e il bersagliamento dei centri decisionali. L’offensiva missilistica di queste ore sembra mirare proprio alle infrastrutture elettriche dell’Ucraina alle porte della stagione fredda.
Ucraina al gelo e al buio
Spegnere la luce a tutto il territorio ucraino è un modo per annunciare l’arrivo del ‘generale Inverno’ e cercare di piegare la volontà di resistenza della nazione invasa. I disagi colpirebbero in prima luogo la popolazione civile, che presto potrebbe ritrovarsi impossibilitata a riscaldare i palazzi delle grandi città a causa dell’interruzione dei flussi di gas russo.
Bersagli spionistici
Il fatto che un missile abbia colpito a Kiev un centro della Sbu, l’intelligence ucraina rivela un temuto cambio di rotta russo. Per ora i palazzi dei dicasteri e della presidenza non erano stati toccati dalle offensive russe, ma le cose potrebbero cambiare, nel momento in cui Zelensky ha firmato il «decreto presidenziale 679/2022» per vietare espressamente ogni trattativa con la Russia per un cessate-il-fuoco.
La personalizzazione del conflitto affosserebbe i tentativi per una tregua e allungherebbe sine die la guerra, la preoccupata valutazione politico diplomatica.
Bielorussia direttamente in guerra
Nel frattempo, il presidente della Bielorussia (Lukashenko)ha annunciato la creazione di un gruppo congiunto di Forze armate russe-bielorusse, preludio a una maggiore integrazione dell’Unione statale. La Russia vuole amplificare gli effetti della “mobilitazione parziale”, attesi nei primi mesi del 2023, affidando un ruolo ausiliario ma attivo alla Bielorussia.
Ucraina, i rischi della vittoria americana
Massimo Nava su Remocontro
«Il XXI secolo è stato una lunga catastrofe per la politica estera degli Stati Uniti. Una serie di interventi militari falliti ha dilapidato la reputazione del Paese». Gli analisti di Foreign Policy ripresi dal Corriere della Sera sono piuttosto brutali, ma basterà ricordare gli interventi in Afghanistan e Irak (e la favola delle armi di distruzioni di massa che non c’erano) per concludere che il giudizio non sia dettato da anti americanismo ideologico, sottolinea Massimo Nava.
Ma questa volta – segnala Foreign Policy – qualcun altro fa la parte dell’invasore straniero sconsiderato, mentre gli Stati Uniti permettono alla vittima di resistere.
Stati Uniti della parte dei buoni, se i buoni non esagerano
«Washington sta scegliendo i suoi alleati in modo intelligente e sta lavorando a stretto contatto con loro. Invece di ripetere errori strategici, l’amministrazione Biden li sta evitando, perseguendo un approccio diverso. Senza l’aiuto sostanziale dei suoi amici, l’Ucraina non avrebbe potuto raggiungere i risultati ottenuti».
Gli errori russi favoriti
Il contrasto con la situazione in Russia è sorprendente. La leadership del presidente Putin è indebolita, il morale delle forze è basso e le sanzioni stanno colpendo anche la macchina militare russa. La chiamata dei riservisti è impopolare. Il Donbas è ora il campo in cui le democrazie occidentali e le autocrazie orientali si scontrano sul futuro della politica mondiale, con altri Paesi che aspettano in disparte di vedere chi vince.
Successo Usa, ma a quale prezzo ?
«Un successo – secondo la rivista americana – consentirebbe di voltare pagina su uno dei periodi più deprimenti della storia della politica estera degli Stati Uniti».
Ma siamo sicuri che la strategia sarà davvero vincente? E quanto potrebbe costare la vittoria? Per ora, dobbiamo constatare la distruzione dell’Ucraina e i costi enormi (fino a mille miliardi) per la ricostruzione, le perdite militari e le migliaia di vittime civili, la ricaduta delle sanzioni sulle economie mondiali, il rischio di ripercussioni politiche e sociali (sopratutto in Europa) e non ultimo il rischio che Putin decida per l’opzione più distruttiva, l’uso del nucleare. Occorre inoltre considerare che – dopo i referendum farsa – qualsiasi tipo di attacco sul Donbass sarebbe considerato dal Cremlino un attacco diretto al territorio della Russia.
Le tre opzioni di Putin
Putin ha tre opzioni. Potrebbe uscire dal conflitto, facendo arrabbiare i falchi russi. Potrebbe mobilitare tutte le risorse nazionali, facendo arrabbiare la maggioranza silenziosa. Potrebbe spezzare la determinazione dell’Ucraina con armi nucleari, facendo arrabbiare il mondo. Tutte opzioni pessime, quindi sta cercando di prendere tempo fino a quando il sostegno occidentale a Kiev non vacillerà: chi dice “non sto bluffando” sta bluffando.
Lezioni della storia
Sarà utile tuttavia che gli Stati Uniti – notano ancora gli analisti di Foreign Policy – facciano tesoro delle lezioni della Storia, recente e sopratutto passata, anche nel caso di una netta vittoria. Se è vero che Putin è in un vicolo cieco, c’è il rischio che ci si trovi in compagnia, tanto più che una politica più lungimirante da parte dell’Occidente, come ammonivano Henry Kissinger e molti altri analisi non sospettabili di giudizi filo russi, avrebbe potuto evitare la guerra, risparmiando all’Ucraina le vaste distruzioni subite per mano russa. A proposito di allargamento della Nato, una vasta gamma di esperti di politica estera aveva ripetutamente avvertito che questa politica avrebbe prodotto problemi.
Vittoria in una guerra che si poteva evitare
«Ottenere una vittoria in una guerra che si sarebbe potuta evitare non è un buon argomento per ripetere lo stesso errore. E’ rischioso ignorare ciò che altre grandi potenze, a torto o a ragione, considerano interessi vitali».
Quali sono i passi da evitare per evitare che i frutti della vittoria vengano sprecati? Dopo tutto, l’ultima volta che gli Stati Uniti hanno ottenuto una grande vittoria geostrategica – il crollo pacifico dell’impero sovietico – hanno ceduto al tipo di arroganza contro cui Pericle aveva messo in guardia gli ateniesi e «hanno sprecato l’opportunità di costruire un mondo più duraturo e pacifico».
Il complesso militare industriale Usa
«Avendo tratto profitto dalla guerra, il complesso militare-industriale avrà molti altri milioni da spendere per convincere gli americani che si può essere al sicuro solo presidiando il mondo. Con la Russia fortemente ridimensionata e una recessione economica incombente, le attuali promesse di aumentare le capacità di difesa europee perderanno vigore e gli alleati americani della NATO torneranno a fare affidamento sullo Zio Sam per la protezione».
Dopo l’Ucraina non il resto del mondo
«Una vittoria in Ucraina non metterà gli Stati Uniti nella posizione di rimodellare l’ordine globale a loro piacimento. Questo obiettivo era fuori dalla loro portata all’apice del momento unipolare, e le condizioni generali sono meno favorevoli ora, data l’ascesa della Cina, la fragilità economica dell’Europa e l’atteggiamento ambivalente di molti Paesi in via di sviluppo nei confronti degli Stati Uniti. Se i politici americani vedono nella vittoria in Ucraina una nuova opportunità per una crociata liberale globale, sono destinati a fallire ancora una volta».
Superpotenza non per tutto
«Il potere militare degli Stati Uniti è stato uno strumento efficace quando gli Stati Uniti si sono opposti a un’aggressione illegittima, come nella Guerra del Golfo del 1991 o in Ucraina oggi. Ha fallito quando è stato usato per rovesciare governi stranieri e imporre la democrazia a colpi di pistola, e soprattutto quando sono mancati partner locali affidabili. La politica estera degli Stati Uniti ottiene maggiori risultati quando mette al primo posto la diplomazia. Al contrario, fallisce quando Washington negozia sulla base del “prendere o lasciare”, lanciando ultimatum, inasprendo le sanzioni e rifiutando compromessi reciprocamente vantaggiosi».
Le cose veramente importanti da fare
Comunque finisca la guerra, resta in vigore, secondo Stephen Walt, docente di relazioni internazionali all’Università di Harvard, la lista prioritaria di cose da fare: 1) evitare un cambiamento climatico catastrofico; 2) bilanciare e coinvolgere la Cina; 3) impedire all’Iran di ottenere la bomba; 4) preparare il mondo alla prossima pandemia. Per raggiungere questi obiettivi vitali sarà necessario «evitare crociate donchisciottesche.
Nessuno potrà impedire ai falchi ucraini di fare la festa della vittoria, ma è essenziale impedire loro di portare l’Occidente a ripetere gli errori del passato»
La guerra più feroce al mondo tra le trincee del lavoro: 2 milioni di morti ogni anno
di Ennio Remondino
Ogni anno nel mondo circa due milioni di persone muoiono a causa di un incidente sul lavoro o per malattia professionale, fra cui 12 000 minori. Su 250 milioni di infortuni 335 000 sono mortali : 170 000 nel settore agricolo, 55 000 nel settore minerario e 55 000 nelle costruzioni. Oltre 100 000 i decessi causati dall’amianto.
Solo in Italia si registrano circa un milione di incidenti sul lavoro ogni anno, di cui oltre 1 000 mortali. E il costo per la collettività supera i 28 miliardi di euro.
«Mio papà si chiamava Ottavio ma tutti lo chiamavano Remo, e anche da questo è nato ‘remocontro’. Mio papà è morto che io dovevo ancora compiere i nove anni e mia sorella 12. ‘Cause di lavoro’ all’Ilva genovese. Fatto personale. Scusate».
In Italia 677 morti sul lavoro in otto mesi, tre vittime al giorno
Mattarella: «Inaccettabile per un Paese moderno, non si può rischiare la vita per lavorare».
In Italia 20 mila morti sul lavoro negli ultimi 15 anni. Gli incidenti mortali sul lavoro in Italia, nei primi 8 mesi dell’anno, sono stati 677, con una media di quasi tre vittime al giorno. In totale, gli infortuni denunciati nel periodo gennaio-agosto sono 484.561 (cioè 2.019 al giorno), con un aumento del 38,7% rispetto ai 349.449 dei primi otto mesi del 2021. Le malattie professionali sono state 39.367 (+7,9%).
Storie di vite spezzate, di famiglie distrutte
E sui morti sul lavoro il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. «I numeri delle vittime degli incidenti sul lavoro, nonostante i numerosi provvedimenti normativi con i quali si è cercato, nel tempo, di prevenirli, sono allarmanti, drammatici. Raccontano storie di vite spezzate, di famiglie distrutte, di persone gravemente ferite, di uomini e donne che invocano giustizia. Persone che si appellano alle istituzioni, ai datori di lavoro, alla coscienza di chiunque sia nelle condizioni di rendere i luoghi di lavoro posti sicuri, in cui sia rispettata la dignità della persona».
Lavorare non può significare mettere a rischio la vita
«La sicurezza nei luoghi di lavoro non è stata una priorità per le forze politiche che si sono candidate a governare il nostro Paese: riferimenti alla sicurezza nei luoghi di lavoro scarsi e poco concreti, eccetto qualche raro proclama e nessuna strategia per dare una svolta a questo dramma ben noto», denuncia l’associazione della vittime sul lavoro.
Nuovo Parlamento, maggiore impegno
«Oggi vogliamo rivolgerci al Parlamento che sta per insediarsi e al Governo che sta nascendo: la sicurezza dei nostri lavoratori deve tornare ad essere una priorità per il nostro Paese, dobbiamo fermare a tutti i costi la strage che si sta consumando sotto i nostri occhi. Questa nuova legislatura ci dà la possibilità di iniziare un nuovo capitolo, forse nel momento in cui ce n’è più bisogno, ma abbiamo il dovere di agire subito».