Reader’s – 11 luglio 2022

PNRR+R. Ecco Massimo Marnetto che oggi ci vuol parlare di “euro-competenze”. In che senso, scusa? . “L’incompetenza interna crea il bisogno di consulenza esterna. Nella Pubblica Amministrazione – soprattutto Regioni e Comuni del Mezzogiorno – questa situazione è molto frequente, tanto da aver provocato la dipendenza da studi ”satellite” per le prestazioni più complesse. Il PNRR ha reso ancor più evidente queste lacune della PA, soprattutto la mancanza di personale che sappia progettare, mettere a bando, monitorare e rendicontare un’opera con criteri europei”.

Vaste programme, direbbe De Gaulle. “Che una struttura pubblica si rivolga a un professionista una tantum per servizi specifici e circoscritti è fisiologico. Ma se la necessità di prestazioni complesse è costante, quella competenza va internalizzata. Cioè va assunto chi la sappia svolgere, per ridurre il costo – altissimo – di professionisti esterni”.

E invece che si fa? “Invece ci troviamo con intere Direzioni di programmazione comunitaria che supervisionano, coordinano e ottimizzano, ma non sanno interfacciarsi con l’Europa. E se non ci fosse lo studio convenzionato a mandare avanti la baracca – magari sfruttando neolaureati pseudo liberi professionisti al chiodo – si fermerebbe tutto”.

Ma in pratica che cosa proponi di fare? “ Al PNRR manca un’altra ”R”: riorganizzazione. Che dovrebbe prevedere l’inserimento di ”euro-competenze” interne alla PA e stipendi adeguati alla qualità richiesta”.


Crisi Sri Lanka, assaggio di uno squilibrio geopolitico globale

di Piero Orteca (Remocontro)

Assalto alla residenza presidenziale da parte di un popolo affamato e infuriato, e il presidente Gotabaya Rajapaksa si salva fuggendo. Governi che non riescono a domare la crisi economica che segue la pandemia a colpi di inflazione, tra disperazione e rabbia la rivolta della popolazione in preda alla paura, e interi Paesi che letteralmente si disgregano.

People talk and gesture at a conference room in the President’s palace, in Colombo, Sri Lanka, 10 July 2022

Tra Paese reale e Paese legale

Lo Sri Lanka, l’esotica isola delle spezie, in questi giorni è diventata una specie di “cavia” di ciò che potrebbe succedere, da un giorno all’altro, in almeno metà del pianeta. Il Paese reale (gli affamatissimi cittadini), messo spalle al muro, ha semplicemente dato l’assalto al Paese “legale”. Cioè, al Palazzo, tanto per capirci. La folla inferocita ha devastato la casa del Presidente della Repubblica, Gotabaya Rajapaksa, e ha dato la caccia al Primo Ministro, Ramil Wickemesinghe. Scene dantesche, insomma. Ma se andiamo ad analizzare le vere origini del collasso sociale e istituzionale, troviamo una costante che ci preoccupa: quando la curva del reddito scende, sotto la soglia di sopravvivenza, allora il popolo diventa capace di tutto.

Soglia di sopravvivenza

La classe dirigente dello Sri Lanka ha fatto scelte infelici, mettendo in crisi un Paese bellissimo, un vero tempio della natura. Si sono caricati di debiti “per fare bella figura” e rafforzare un consenso di cui, per la verità, avevano bisogno solo per mostrarsi all’estero “rispettosi delle regole”. Se no, non gli avrebbero prestato i soldi. Così hanno programmato infrastrutture e altri progetti faraonici. E soprattutto si sono comprati la benevolenza dei cingalesi, abbassando le tasse a casaccio. Ma siccome la fortuna è cieca, ma la scalogna ci vede benissimo, sull’isola si è concentrata la tempesta perfetta fatta di pandemia, shock economico post-pandemico e danni collaterali della sciagurata invasione russa dell’Ucraina.

Pandemia, economia, guerra

A questo punto, le decisioni prese per “vincere” le elezioni nel 2019, in primis tagliare le tasse, si sono rivelate un boomerang. Lo Stato è quasi andato in bancarotta. Il coronavirus ha poi congelato i flussi turistici, provocando un crollo delle entrate di valuta pregiata. Tra le altre cose, credendo di fare una riforma-pilota “avanzatissima”, il governo ha ottusamente messo al bando l’utilizzo dei fertilizzanti, in un Paese che ha già gravi problemi di autosufficienza alimentare. Così facendo, ha praticamente distrutto l’agricoltura e le rese per ettaro sono diminuite della metà. Non occorre essere economisti per capire che i prezzi di alcuni prodotti dei campi sono aumentati del doppio. Stiamo parlando solo di inflazione “domestica”. C’è poi quella che arriva dall’estero per importazioni di energia, materie prime, semilavorati, beni di consumo e beni durevoli. Insomma, un massacro.

L’inflazione che uccide

L’inflazione “ufficiale” è arrivata intorno al 40%. Ma quella reale dev’essere astronomica. Il problema, adesso, è che lo Sri Lanka è stato dichiarato tecnicamente in default, perché non è riuscito a ripagare le obbligazioni assunte con i creditori. Ha bisogno urgente di dollari e per questo, come avviene nella più pura delle prassi che impongono i mercati, sarà necessario bussare alla porta del Fondo monetario internazionale. Lo Sri Lanca ha bisogno urgente di 7 miliardi di dollari. Niente, quando si pensa a quanto si spende per le guerre nel pianeta. Eppure, per un bambino, morire di fame è altrettanto inaccettabile quanto morire per una bomba. In passato, Cina, India e Stati Uniti, in forme diverse, sono stati vicini allo Sri Lanka. Ovviamente, per questioni strategiche, geopolitiche e anche economiche.

Le convenienza geopolitiche

Per un certo periodo, durante la Presidenza Bush, gli americani sono stati presenti anche come consiglieri militari. Ma il governo di Colombo ha sempre giocato su più tavoli, preferendo una sorta di non allineamento. Così, dopo la guerra civile con i Tamil, ha avuto rapporti con Nuova Delhi e, soprattutto, con Pechino. I cinesi, però, secondo il sito di analisi strategica “Stratofor”, in questa fase hanno un po’ mollato. Dopo aver prestato 6.5 miliardi di dollari ai cingalesi, li rivogliono indietro. Per ora si sono presi un porto commerciale. Il Paese è stato praticamente abbandonato a se stesso e l’Occidente, per aiutarlo, adesso pretende “garanzie“. Peggio del modello Grecia per capirci, perché gli ispettori del Fondo monetario internazionale, sono più intransigenti della “trojka” europea. A chiacchiere, si parla di “ristrutturazione” (o cancellazione?) del debito. Bisogna vedere quale dei creditori si sacrificherà.

Se si vota con lo stomaco

Nikita Kruscev, che era un vecchio animale politico, diceva ai suoi collaboratori di non preoccuparsi di ciò che pensava la gente. “Tanto, poi, alla fine, votano tutti con lo stomaco”. Beh, se però la politica si parla addosso e fa battaglie solo sui grandi ideali, dimenticandosi di pane e companatico, alla fine della strada c’è sempre uno Sri Lanka che li aspetta.


Maschi e femmine: due nature inconciliabili?

Queste semplici riflessioni del filosofo Giovanni Lamagna sui grandi temi filosofici o psicologici della convivenza umana, sono svolte sempre con garbo e molta ( qualcuno dice troppa) spontaneità anche quando, soprattuto in materia di sesso o di genere, possono imbarazzare o contrariare qualcuno in nome della morale comune. Opinabili come tutte le considerazioni espresse nel blog, chiunque è libero di criticarle usando la stessa serietà e lo stesso garbo (nandocan)

di Giovanni Lamagna

La storia – ci piaccia o no – almeno fino ad ora ci ha consegnato – a me pare – queste due immagini di femmina e di maschio, che saranno pure stereotipate, ma hanno comunque un fondo (e forse più che un fondo) di verità.

La femmina è tendenzialmente stanziale e fedele e desidera un compagno che diventi come lei stanziale e fedele.

Però le piace (spesso e paradossalmente) cercarlo tra i maschi cacciatori e infedeli.

Il maschio è tendenzialmente cacciatore e infedele, ma vuole (spesso e paradossalmente) come compagna di vita una femmina stanziale e fedele.

Anche se poi in cuor suo desidererà sempre, dal punto di vista sessuale, la “femmina puttana”, a sua volta cacciatrice e infedele.

Come mettere d’accordo questo guazzabuglio di desideri ed esigenze così diversi, anzi decisamente opposti?

Come superare queste diverse e speculari scissioni, che caratterizzano generalmente, almeno sui grandi numeri, sia il maschio che la femmina?

Riusciremo mai – sia noi maschi che le donne – a integrare le due correnti – quella della tenerezza e quella della sensualità – di cui parla Freud a proposito dell’uomo civilizzato, considerandole due correnti in perenne e strutturale conflitto tra di loro?


  • La differenza
    È infatti enorme la differenza tra la guerra e la pace. E la tragedia è proprio questa, che la guerra si concede una pausa per riprendere ancora più incondizionata di prima. E ciò perché questa non è neanche degna di essere chiamata guerra, perché le guerre si fanno per ottenere qualcosa, che è la posta in gioco della guerra. Invece questa è una guerra che ha per fine la negazione reciproca dell’esistenza dell’altro. E attraverso un rovesciamento di ciò, nella costruzione di una umana convivenza tra i membri del popolo palestinese e i cittadini ebrei dello Stato di Israele, che può istituirsi, non una tregua, ma la pace
  • Scendere
    Mi tocca difendere il Ministro Lollobrigida, perché la sua richiesta di fermata del treno in ritardo, per proseguire in auto, era motivata da un interesse pubblico istituzionale, prevalente su quello privato degli altri passeggeri. Ovvero la sua presenza come Ministro – cioè a nome dello Stato – a Caivano, per inaugurare un parco ad alto valore simbolico, come riscatto di un territorio abbandonato al degrado e alla criminalità. (Marnetto)
  • La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con Israele
    La feroce rappresaglia di Israele nella striscia di Gaza, accompagnata da un’ aggressiva reazione dei coloni nella Giordania occupata, rischia ora di compromettere, a vantaggio di Hamas, anche il fragile compromesso con i paesi arabi moderati, avviato col “patto di Abramo” e la compiaciuta assistenza degli Stati uniti. La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con Israele.I Paesi arabi moderati, gli alleati di sempre, il lato debole della geopolitica americana prigioniera di Netanyahu in Medio Oriente. Prima tra tutti la Giordania. Re Abdullah II di fronte alla devastante reazione israeliana ai massacri di Hamas, sta per rivedere la trentennale ‘pacificazione’ con Tel Aviv, ma anche le relazioni privilegiate con Washington
  • Professione reporter dopo il 7 ottobre. I dubbi di Eric Salerno (e non soltanto)
    Come è stata l’informazione dal 7 ottobre a oggi, ossia da quando i palestinesi –‘militanti di Hamas’, ‘terroristi’, ‘nazisti’, ‘criminali di guerra’, ‘partigiani’, ‘combattenti per la libertà’ o altri termini scelti da chi giudicava e raccontava – hanno dato l’assalto a Israele? Cosa sono oggi i giornalisti o fotografi ‘embedded’? Cosa rappresentano i palestinesi arabi che lavorano per i grandi media; giovani o meno che raccontano da Gaza? E la stampa israeliana? Quella italiana?
  • Pazzo
    Guardo l’Argentina e penso all’Italia. Nella nazione del Sud America la povertà si è talmente diffusa da risucchiare nell’angoscia metà della popolazione. I poveri prima smettono di votare (astensione), dopo scelgono il ”pazzo” più distruttivo del sistema che li ha affamati.  E questo processo è più rapido se c’è l’elezione diretta del presidente (o del premier). (Marnetto)
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