Reader’s – 1 maggio 2023

Rassegna web di nandocan magazine


Ho provato la ChattGPT

La curiosità, come sapete, è una delle qualità che si richiedono a un giornalista e quindi mi perdonerete se questa mattina, avendo ricevuto per email l’invito a provare l’ultima trovata dell’I.A. o CHAT GPT che dir si voglia, non ho resistito alla tentazione di provarla. Chiedimi qualsiasi cosa, ha proposto la app “Nova” e io ho chiesto: “Scrivimi un articolo divertente sulla vita di Alessandro Manzoni e su cosa potrebbe averlo indotto a scrivere “I promessi sposi”. Pochi istanti di attesa e la app ha cominciato a rovesciare alla velocità di un’esperto dattilografo l’articolo che segue:

Su Manzoni e i Promessi sposi

“Cari amici e lettori appassionati di storia e di letteratura, oggi vogliamo svelarvi uno dei misteri più intriganti della letteratura italiana: come e perché Alessandro Manzoni abbia scritto il celebre romanzo “I promessi sposi”? Potrebbe sembrare una questione noiosa e di nicchia, ma vi garantiamo che la storia che ci apprestiamo a raccontarvi è tanto bizzarra quanto divertente.

Ma andiamo per ordine. Alessandro Manzoni (1785-1873) è stato uno dei grandi scrittori italiani dell’Ottocento, celebre soprattutto per il suo romanzo storico “I promessi sposi”. Ma che cosa potrebbe aver spinto un uomo colto e raffinato come lui a scrivere una storia così corposa e talvolta un po’ noiosa sui contadini lombardi del Seicento?

La risposta, come spesso accade, è sorprendente e un po’ farsesca. Si dice infatti che Manzoni abbia cominciato a scrivere “I promessi sposi” per una ragione molto prosaica: per vincere una scommessa! Sì, avete capito bene. Sembrerebbe che il nostro buon Alessandro fosse un grande amante delle scommesse e dei giochi di prestigio, e che un giorno si sia trovato a discutere con alcuni amici del fatto che sarebbe stato impossibile scrivere un romanzo storico completamente originale e inedito sulla vita dei contadini lombardi.

Manzoni, che era conoscitore della sua terra e della sua storia come pochi, decise di prendersi la scommessa e di dimostrare ai suoi amici che sbagliavano. E così cominciò a scrivere quella che sarebbe diventata una delle opere più importanti e influenti della letteratura italiana. Ovviamente, la verità potrebbe essere un po’ diversa da questa versione romanzesca. Ma immaginare Manzoni intento a scrivere in gran segreto, mentre meditava vendette contro i suoi amici increduli, è troppo divertente per non condividerlo con voi.

Ma tornando a “I promessi sposi”, sappiate che il romanzo di Manzoni racconta la storia di Renzo e Lucia, una coppia di giovani promessi sposi che si scontrano con le ingiustizie e le prepotenze dei potenti dell’epoca, in particolare del temuto Don Rodrigo. La narrazione è caratterizzata da brani di grande suggestione, come la descrizione della pestilenza a Milano, e da momenti di grande tensione, fino alla conclusione che tutti conoscono.

Il romanzo, uscito inizialmente a puntate su un giornale, conquistò presto il pubblico italiano e diventò un simbolo dell’identità nazionale e dell’impegno civile. Ancora oggi, a oltre duecento anni dalla sua pubblicazione, “I promessi sposi” resta una delle opere più amate e studiate della letteratura italiana.

E quindi, cari amici, l’avventura di Alessandro Manzoni e le sue motivazioni poco ortodosse per scrivere questo grande classico della letteratura italiana ci dicono molto sulla creatività e sulle passioni che spingono gli scrittori a creare e a spingersi oltre i limiti del possibile.

E ci ricorda che, a volte, le scommesse più incredibili possono portare alle imprese più grandi e memorabili. Anche se ci vogliono decenni per realizzare l’impresa!”

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******Beh, può capitare di leggere di peggio ma….giudicate voi! Cambio genere e chiedo: “ Scrivimi un breve saggio che spieghi perché i governi italiani non fanno una lotta efficace all’evasione fiscale”. Ancora pochi istanti ed ecco la frittata:

Sulle tasse in Italia

“La lotta all’evasione fiscale è stata a lungo un obiettivo dichiarato da parte dei governi italiani, ma la realtà è che questo problema è ancora diffuso e poco contrastato. Ci sono diversi fattori che contribuiscono alla mancanza di una vera lotta all’evasione fiscale in Italia.

Uno dei motivi principali è la presenza di un’elevata burocrazia e di un sistema fiscale complesso e poco trasparente. Questo crea un ambiente favorevole all’evasione fiscale, in cui i contribuenti possono facilmente nascondere o minimizzare il proprio reddito.

Inoltre, l’Italia è stata tradizionalmente un paese in cui l’economia sommersa ha avuto un peso significativo. Ci sono settori dell’economia, come l’edilizia o il lavoro domestico, in cui è diffuso l’uso di lavoro in nero o la mancata dichiarazione dei redditi. In questo contesto, la lotta all’evasione fiscale può essere vista come un ostacolo alla produttività economica, che ostacola la creazione di lavoro e l’espansione delle attività.

Un altro fattore che ostacola la lotta all’evasione fiscale in Italia è la pervasiva corruzione presente all’interno della politica. Le connessioni tra gli uomini d’affari, la politica e la criminalità organizzata creano un ambiente ostile alla trasparenza e all’attuazione di controlli.

Inoltre, la mancanza di rispetto per la legge e per le regole è spesso vista come una sorta di spirito nazionale in Italia, che viene talvolta difesa persino dai leader politici. L’evasione fiscale, quindi, può essere vista come un atto di sfida alla legge e ai governi, che va a rafforzare l’impressione di una cultura del “farla franca”.

In definitiva, la lotta all’evasione fiscale richiede un’azione coordinata e costante di tutte le parti interessate, dal governo alle aziende ai contribuenti stessi. I governi italiani devono riconoscere l’importanza di questa lotta, anche a fronte dei vincoli imposti dall’economia globale e dalle istituzioni europee. Solo così sarà possibile sconfiggere l’evasione fiscale e costruire un sistema fiscale più equo e trasparente.

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Fine dell’articolo. Alla curiosità subentra l’interrogativo angoscioso: conoscendoli, credete che nessuno degli editori italiani sarà tentato di sostituire in tutto o in parte la redazione con un’app del genere? (nandocan)


Dal barbiere, meglio che nelle arene della tv

Antonio Cipriani su Remocontro

Il barbiere, gentile e anarchico, di tanto in tanto accende il dibattito. Dopo aver passato la fase malinconica e aver bofonchiato filosofie incomprensibili, spennellando i visi per una barba all’antica o tagliando capelli con spirito ardito, è entrato nel periodo della primavera degli incontri e delle constatazioni neanche sempre amichevoli del modo che ha il pensiero comune di costruire castelli di ipotesi avventate. Per lo più ipotesi critiche che, basandosi su assunti scarsi o per sentito dire, giungono a una definizione del reale strampalata.

Tipo? Quando il barbiere si avventura sui tornanti impervi della filosofia come maestra di vita, il caso vuole che a farsi accorciare i baffoni alla Stalin ci sia sempre qualche oppositore culturale che poco ama i comizi d’amore e d’anarchia. Ieri mattina, l’uomo del “tipo” era il professor Moscadello, docente di matematica e poeta insignito di prestigiosi premi in giro per il paese.

Se voglio conoscere la storia ascolto Mieli, se voglio orientarmi nella letteratura sento Concita, se devo farmi i capelli vengo qui, mica vado in latteria o mi presento da Vespa…

Raccogliendo il guanto della sfida, il barbiere ha chiosato con il suo fare alla Bakunin: e infatti conosci la storia di Mieli, i libroni di Concita e la politica attraverso la narrazione di Vespa. Mentre noi qui, su queste scomode poltrone, senza neanche riflettori e cerone sul viso, ragioniamo della vita, della realtà, della bellezza della poesia di Chlebnikov che mai ti racconteranno in tv, delle opere magnifiche che celebrano la nostra creatività e che mediaticamente non esistono.
Anzi, mediaticamente sono “di nicchia”, per sottintendere che non hanno il successo di tante robe brutte propinate nei salotti buoni.

Siamo sulla soglia. Vediamo passare il mondo, ne afferriamo circostanze, cerchiamo di non perdere il nostro ruolo di interpretanti gettati nella storia con un pizzico, manco tanto eh, di senso critico, di poesia, di voglia di cambiare il mondo.
O quel che si può, dove poggiamo i piedi, dove facciamo arte, cultura, chiacchiere, dove facciamo vino buono, cose belle e celebriamo l’incontro come forma semplice ed efficace di vita.

Infatti, è quello che sospettavo. Il prof baffuto non arretra di un millimetro.

Gli sconfitti della storia, parolone che hai usato tu, hanno sempre mille buone ragioni per godersi la sconfitta. Oggi, nell’attesa di un mondo migliore – sempre riciclando parole tue – vogliamo celebrare un qualche libriccino di poesie e disegni prodotto in trenta copie?

Sì, meglio. Se abbiamo ancora la capacità di cogliere, fuori dal clamore del marketing, che sia bello, che le poesie sappiano emozionare, che i disegni siano magnifici.

Cala il silenzio nella barberia. Questi dibattiti sono il sale della vita.


La psicoterapia è solo un lavoro di ricostruzione storica?

di Giovanni Lamagna

Massimo Recalcati ci ricorda che “Lacan parla dell’analisi come di una ricostruzione storica” (da “La luce delle stelle morte; Feltrinelli 2022; pag. 115). E, indubbiamente, certamente è così: l’analisi è uno sguardo a ritroso sul nostro passato, un ripercorrere la trama della nostra vita. Non è però – come lo stesso Recalcati ci fa notare – un semplice “ricordare”, un mettere insieme, un ricomporre frammenti del passato. Che avrebbe poco senso e soprattutto non avrebbe alcun effetto terapeutico. Bensì è il tentativo di ritrovare in questo lavoro di memoria un filo rosso tra i fatti ricordati e quindi un senso, un significato, una direzione di marcia.

Per verificare dove si sono annidati gli intoppi, gli ostacoli che hanno intralciato e, in qualche caso, bloccato, ostruito del tutto, il fluire sereno, se non proprio felice, della nostra esistenza. Per provare a sbloccare, a disostruire questi grumi di cupezza e infelicità e dare alla nostra vita una nuova direzione, un nuovo slancio. Senza questo lavoro di “ricostruzione storica” non sarebbe possibile alcun rilancio, nessuna ripartenza. Ma senza rilancio e senza ripartenza la ricostruzione storica resterebbe fine a sé stessa, non avrebbe alcuna utilità terapeutica per la nostra vita.

Vedere, giudicare e agire

Qui mi sovviene la profonda saggezza di un motto che ha segnato la mia adolescenza, quando frequentavo la Parrocchia e l’Azione cattolica: “Vedere, giudicare e agire”. E mi vien voglia di applicarlo a quello che considero il percorso tipo, ideale di una psicoterapia.

“Vedere” in psicoterapia significa fare memoria storica della propria vita; andare a recuperare anche i ricordi rimossi, laddove evidentemente si annidavano sofferenze che ancora oggi possono rappresentare ferite non rimarginate.

“Giudicare” equivale a capire, comprendere (io non userei più oggi il termine “giudicare”), le ragioni di quelle sofferenze, i fattori che le hanno determinate e che evidentemente ancora perdurano, se continuano a farci star male.

“Agire” equivale a prendere una decisione, fare una scelta tra due alternative. Rimanere impantanati nelle sabbie mobili dei ricordi e della sofferenza vissuta un tempo. Oppure prendere atto del passato, accettarlo con tutte le sue ombre; per poi uscirne prendendo una strada diversa, dando una direzione nuova alla propria vita.

Riconvertirsi

Vedere e capire aiuta, ma da soli non bastano; occorre poi agire, decidere, convertirsi (per dirla in un linguaggio cristiano), riconvertirsi (per dirla con un linguaggio più laico). Se non si ha la forza, se non si trovano le energie, per compiere questo terzo passo, il lavoro dell’analisi rimane del tutto incompiuto, si riduce a vuota chiacchiera, ad uno sterile, addirittura masochistico, rimuginare fine a sé stesso.


  • Ci pensa Giorgia
    di Massimo Marnetto Lampedusa: finta la scena (campo profughi ripulito per l’occasione); finto l’impegno europeo (redistribuzione su base volontaria, cioè briciole); finte le soluzioni nazionali proposte (più carcere, meno integrazione); vera invece l’esasperazione degli isolani che denunciano la truffa mediatica. Ma Lei tira dritto. Se la linea ‘’ci pensa Giorgia’’ si afferma, presto vedremo la … Leggi tutto
  • Dopo lunga malattia
    DOPO LUNGA MALATTIA. L’ONU è morta, scrive oggi Massimo, il titolo al pezzo l’ho aggiunto io. La causa di morte era presente già alla sua nascita, col diritto di veto attribuito alle grandi potenze che l’hanno fondata. Raniero La Valle e tutti noi di Costituente Terra continuiamo ad essere convinti che la soluzione ci sia ma ci sarà solo il giorno in cui avverrà anche tra i popoli e gli Stati quel riconoscimento reciproco dei diritti di ognuno con l’abbandono delle logiche di dominio purtroppo ancora in vigore. Una costituzione per la Terra.
  • La difesa dei confini
    il Consiglio dei ministri di lunedì scorso ha inserito nel decreto-legge per gli aiuti al Mezzogiorno nuove norme di contrasto all’immigrazione, ciò che nel linguaggio di Giorgia Meloni significa “la difesa dei confini”. Finora si intendeva come difesa dei confini il contrasto alle invasioni armate. Le nuove misure decretate in Italia dal governo hanno anche un sapore razzista perché destinate a colpire soprattutto profughi di pelle scura, e bisogna stare attenti a questo in tempi in cui in Europa ci si scambia accuse di nazismo. Ma se la risposta alla tragedia dei migranti viene iscritta nel capitolo della difesa dei confini, è proprio l’istituto dei confini, celebrati finora come sacri e inviolabili, che bisogna riformare.
  • Manca il come
    Meloni ha invitato la Von der Lien a Lampedusa per giustificare  ‘’una missione europea per fermare gli sbarchi’’, ma manca il come. Si fermano i barchini in alto mare ordinando di tornare indietro? E se non lo fanno, si bloccano tra le onde finché non affondano? E se iniziano a moltiplicarsi i naufragi, come farà l’Italia a sventare le accuse di respingimento e omissione di soccorso in mare illegali? 
  • Kiev fa causa a Polonia, Ungheria e Slovacchia sul grano. All’Onu contro la Russia
    Il commercio del grano crea nuove tensioni politiche in Europa dell’est. Il ministro del Commercio ucraino ha annunciato ieri che Kiev farà causa a Polonia, Ungheria e Slovacchia per aver mantenuto il divieto di importazione ai cereali provenienti dall’Ucraina. Zelensky alle Nazioni unite: «Dateci più armi e rinnegate la Russia». Il partito repubblicano Usa si divide sui finanziamenti a Kiev
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