Reader’s – 1 giugno 2023 (speciale)

Il mio ricordo di don Lorenzo Milani nel centenario della nascita

Non un profilo biografico, ce ne sono tanti in giro. Quello che segue è un un ricordo personale di due incontri con lui e di una stagione straordinaria e indimenticabile della città in cui sono cresciuto (nandocan)

A Barbiana (e Firenze) con don Milani

Per un giornalista alle prime armi come ero io nella Firenze dei primi anni sessanta non era facile farsi ricevere a Barbiana da don Lorenzo Milani, in quella parrocchietta sperduta del Mugello dove era stato confinato dalla Curia arcivescovile. Per riuscirci avrei dovuto accettare di essere “processato” davanti alla classe dei suoi ragazzi, in rappresentanza di tutta la mia corporazione di pennivendoli.

E così avvenne, con qualche disagio da parte mia ma anche il premio di un’esperienza indimenticabile, quella di  testimone diretto della straordinaria complicità che legava il priore a quei ragazzi così diversi da lui per educazione e provenienza sociale. E della feroce determinazione che quello straordinario maestro poneva nel far crescere nelle menti di quei piccoli montanari l’orgoglio della propria dignità. Così ogni settimana faceva salire lassù, uno per volta, politici, scienziati, artisti, militaristi, antimilitaristi, nobildonne, stranieri, protestanti per darli in pasto alla curiosità e al desiderio di conoscere dei suoi alunni.

Dopo l’uscita del primo libro

Ricordo anche un altro incontro, precedente, con don Milani.  Giugno 1959, due anni dopo l’uscita del primo libro, “Esperienze pastorali”, quello che gli era costato (felix culpa) il trasferimento punitivo dalla Pieve di San Donato a Calenzano a una parrocchietta sperduta nell’Alto Mugello, che diventerà famosa nel mondo come la scuola di Barbiana.

Alcune pagine “rivoluzionarie” di quel libro ci erano state lette in classe, al liceo Dante di Firenze, dal nostro professore di religione, don Raffaele Bensi, prima che il libro uscisse. Don Bensi era anche il direttore spirituale di Lorenzo, come lo era di Giorgio La Pira e di molti giovani cattolici della mia generazione, tra cui Tiziano Terzani e il sottoscritto.

Nella Firenze di quegli anni: con Balducci, La Pira, Turoldo

Ma veniamo a quella riunione improvvisata del 22 giugno 1959. Rivedo ancora la scena, nella penombra estiva di un antico palazzo di via Capponi, dove  “Testimonianze”, la rivista fondata da Padre Ernesto Balducci, aveva  la sua redazione, al centro della città. A poche centinaia di metri, in via Venezia, era la cella conventuale in cui viveva il sindaco Giorgio La Pira, che nelle sue passeggiatine serali spesso si affacciava a salutarci con frasi come questa: “Signori, va tutto bene. Diceva mio nonno: il Papa fa gli ultimi sforzi per essere re”.  

La Firenze di quegli anni era davvero un laboratorio di novità politiche e culturali, oltre che religiose. A duecento metri da noi, nella chiesa dell’Annunziata, predicava David Maria Turoldo, religioso e poeta. Un poco più lontano, la chiesa dell’Isolotto aveva da poco un parroco “sovversivo”, don Enzo Mazzi, che nel sessantotto verrà sospeso e costretto insieme con la sua comunità a celebrare messa in piazza.

Pane al pane, senza prudenza

Per il cardinale Ottaviani e il suo amico arcivescovo di Firenze, monsignor Florit, così come per il direttore della “Nazione”, Enrico Mattei, eravamo i “comunistelli di sagrestia”. Una frase “volgare e qualunquista”, la definirà poi don Milani. “Comunistelli”, figuriamoci. Con Papa Pio XII felicemente regnante, era già eversivo non confondersi con i clericali e gli integralisti, non pensare al PCI come al demonio. Denunciare, come faceva don Milani, i compromessi della Chiesa con il capitalismo e stare dalla parte dei preti operai – don Bruno Borghi, a Firenze, era allora il primo in Italia – bastava a mettersi sotto tiro.

Ma “la famiglia cristiana dell’operaio e del contadino – scriveva il priore di Barbiana nel ’58 a un amico milanese – ha bisogno di un prete povero, giusto, onesto, distaccato dal denaro e dalla potenza, dalla Confida, dal governo, capace di dire pane al pane senza prudenza, senza educazione, senza pietà, senza tatto, senza politica, così come sapevano fare i profeti o Giovanni Battista”.

Solo i dieci comandamenti

I profeti e il Battista. Già perché la spiritualità cristiana dell’ebreo Lorenzo Milani sapeva molto di Vecchio Testamento. “La religione per me – scriveva nel ’61 a Elena Brambilla, un’altra dei suoi amici milanesi – consiste solo nell’osservare i 10 comandamenti e confessarsi presto quando non si sono osservati. Tutto il resto o son balle o appartiene a un livello che non è per me e che certo non serve ai poveri”. La verità è che tra i cosiddetti cattolici del dissenso, che si ispiravano alle novità teologiche di oltralpe, ai De Lubac, Danielou, Chenu, Teilhard de Chardin, quella di don Milani era una figura molto particolare, quasi ostentatamente semplice e gelosa della propria diversità.

Un incontro difficile

Le difficoltà di quell’incontro nel palazzo di via Capponi si spiegavano anche così. Ma ecco come lo raccontò il giorno dopo lo stesso don Milani in una lettera a Elena Brambilla del 23 giugno 1959. “Ieri ero a Firenze per accompagnare i ragazzi agli esami. Mentre aspettavo che uscissero mi si sono avvicinati due giovani che non conoscevo pregandomi di seguirli in una loro saletta dove in breve tempo hanno radunato un bel gruppo di giovani studenti loro pari e un sacerdote che conoscevo solo dagli scritti: il padre Balducci. Sono state due ore di inferno per me e per loro. Si parlava due lingue: per me era lo stesso che essere all’estero, ma all’estero senza lingua! E sono cattolici ferventi anzi eroici (la loro rivista si chiama “Testimonianze”) e sono per di più ferventi ammiratori e propagatori del mio libro”.

Ricordo una frase

A quasi sessant’anni di distanza, di  quell’incontro improvvisato non ricordo molto, ma mi rimase impressa una frase: “Io i miei ragazzi li amo fino al limite del sesto comandamento”. Sì, proprio quello che nella Bibbia è tradotto con “Non commettere adulterio” e nel catechismo, assai più genericamente,“non commettere atti impuri”. Che una frase come quella potesse essere allora causa di turbamento era ed è comprensibile.

Per qualcuno anche oggi dopo che gli scandali dei sacerdoti pedofili si sono moltiplicati. Ma nel linguaggio volutamente provocatorio di don Milani non solo l’obbedienza – come nella sua famosa lettera ai cappellani militari –  ma anche la prudenza “non è più una virtù”. E lui non riesce neppure a concepire in quel suo popolo di montanari  “un amore disinteressato e universale, di quelli di cui si sente parlare sui libri di ascetica” (lettera a Elena Brambilla del 20.6.1961).

“Io i miei figlioli li amo”

Scrivendo a Giorgio Pecorini, il giornalista con cui a quel tempo anche noi di Testimonianze eravamo in rapporto, don Lorenzo narra di due preti che gli avevano domandato se il suo scopo nel far scuola “fosse di portarli alla Chiesa o no” e cosa altro gli “potesse interessare al mondo nel far scuola se non questo”.  “E io – commenta – come potevo spiegare a loro così pii e così puliti che io i miei figlioli li amo, che ho perso la testa per loro, che non vivo che per farli crescere, per farli aprire, per farli sbocciare, per farli fruttare?”.

Che in quel “perdere la testa” ci fosse anche qualcosa di sensuale, di castamente “socratico”, forse non è da escludere. D’altronde non era infrequente tra i sacerdoti che si dedicavano alla direzione spirituale dei ragazzi, a cominciare dallo stesso don Bensi. Da qui ad accostarlo, come ha fatto qualche improvvisato biografo qualche anno fa, al protagonista di un romanzo piccante, per non dire porno, ci corre. Omnia munda mundis. (nandocan)


  • Migranti: dall’emergenza alla gestione
    ”Vuoi venire in Europa senza venderti tutto per pagare i trafficanti e rischiare la vita? C’è un modo legale per farlo: formazione europea gratuita in patria, esperienze stagionali in un paese UE, trasformazione dei soggiorni temporanei in permanenti. Contatta l’Agenzia Europea per l’Ingresso Legale.”
  • Il “migliore”
    Considero Napolitano un mediocre uomo politico. Sdogana l’arroganza a sinistra (poi seguito da D’Alema). Inizia a cercare i voti a destra (poi seguito da Renzi). Forza il concetto di surroga ”tecnica” della politica con Monti (poi seguito da Mattarella con Draghi).
  • America in confusione dietro Biden, con Trump che ‘pesca’ elettori afro-americani e ispanici
    Piero Orteca su Remocontro Un rincitrullito o un bandito, ovviamente ipotetici? ‘Blacks for Trump’, sbandierano i neri che sostengono Trump. E siccome le cattive notizie non arrivano mai da sole, nel mazzo dei più sorprendenti sostenitori del noto suprematista bianco, anche gli ispanici tra i possibili/probabili nuovi elettori che stanno gonfiando, a dismisura i sondaggi … Leggi tutto
  • Addio a Napolitano, dal Pci al Colle. Il primo presidente eletto due volte
    on Giorgio Napolitano se ne va il primo comunista al Quirinale, e il primo presidente della Repubblica ri-eletto per un secondo mandato, che poi, però, eserciterà per meno di due anni, prima di lasciare. Fu una dei prfotagonisti simbolo dell’eurocomunismo, la dottrina che Enrico Berlinguer fece sua negli anni Settanta, pur essendo Napolitano, da leader degli ex “amendoliani”, formalmente un avversario interno.
  • Ci pensa Giorgia
    di Massimo Marnetto Lampedusa: finta la scena (campo profughi ripulito per l’occasione); finto l’impegno europeo (redistribuzione su base volontaria, cioè briciole); finte le soluzioni nazionali proposte (più carcere, meno integrazione); vera invece l’esasperazione degli isolani che denunciano la truffa mediatica. Ma Lei tira dritto. Se la linea ‘’ci pensa Giorgia’’ si afferma, presto vedremo la … Leggi tutto
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: