Rassegna web di nandocan magazine
La Costituzione è antifascista. E l’Italia?
Come spesso accade la reazione degli antifascisti ai commenti di due esponenti di primissimo piano della maggioranza come il Presidente del Senato La Russa e il presidente del Consiglio Meloni sulla strage delle Fosse Ardeatine in seguito all’attentato partigiano di via Rasella trascura di citarne i riferimenti dando a torto per scontata sia la conoscenza degli avvenimenti che l’antifascismo dei più.
Ricordo allora che la prima aveva condannato la strage di 338 persone uccise solo perchė “italiani” mentre il secondo, in un podcast del quotidiano Libero, aveva sostenuto che l’attentato di via Rasella (seguito dall’eccidio delle Fosse Ardeatine, ndr) “non è stato una delle pagine più gloriose della Resistenza partigiana: hanno ammazzato una banda musicale di semi pensionati altoatesini, non si capiva bene se tedeschi o italiani, sapendo il rischio di rappresaglia» al quale esponevano i cittadini. Antifascisti, detenuti politici, e non solo, aveva elencato La Russa: «Pure fascisti, statisticamente ce ne sarà stato qualcuno», e pertanto, aveva concluso per giustificare l’uscita della premier, “se li devi racchiudere tutti dici “italiani”.
Una falsificazione della storia
Dunque una falsificazione della storia che giustifica ampiamente il coro di reazioni antifasciste a una vergognosa sottovalutazione del ruolo avuto dalla Resistenza partigiana nella Costituzione della Repubblica. A cominciare dall’ ANPI, l’associazione partigiana, che ha definito ieri quelle di La Russa “parole indegne per l’alta carica che ricopre». Giustificata ma, mi permetto di aggiungere subito dopo, insufficiente.
Perché, se è certo che i due personaggi in questione dimenticano che la Costituzione su cui pure hanno giurato è una costituzione dichiaratamente antifascista, dobbiamo anche chiederci se e in quale misura l’Italia è ancora consapevolmente un Paese antifascista.
Calamandrei

Non scorderò mai le parole udite in gioventù a Firenze dalla voce del più autorevole dei Costituenti, Piero Calamandrei, che parlando ai “Sabati dello Studente” deplorava l’assenza dall’insegnamento scolastico di quanto pure era accaduto pochi decenni prima. Un’assenza documentata, del resto, anche dai sondaggi sul grado di conoscenza di quella storia pubblicati più di recente.
Ignoranza diffusa non solo dei nomi e degli avvenimenti ma anche e soprattutto dei disvalori che hanno caratterizzato ideologicamente il fascismo durante il ventennio e ricompaiono ancora, qui come altrove, sotto altre forme. La denuncia dei quali rappresenterebbe la migliore risposta a quanti oggi comodamente ironizzano su ogni riferimento al fascismo “morto e sepolto”.
Ecco perché abbiamo il dovere dI chiederci non già se abbiamo una Costituzione antifascista, ma in quale misura continuerà ad esserlo l’Italia se continueremo a sottovalutare non solo il risultato delle recenti elezioni politiche ma anche la mancata partecipazione al voto di quattro italiani su dieci. E a dimenticare che alla crescita delle disuguaglianze favorita da questa maggioranza di destra e da questo governo potrà porre rimedio soltanto il ritorno a sinistra di una forte opposizione popolare e unitaria. (nandocan)
Deficienza artificiale
di Massimo Marnetto
Chat-ILR (Ignazio La Russa), parlami di Via Rasella.
”I partigiani hanno fatto un attentato a una banda musicale nazista di Bolzano di quasi pensionati delle SS., abbreviazione di Suoniamo Serenate. Gli antifascisti romani – disturbati dall’invadente musica altoatesina – hanno ammazzato quasi tutta la banda. I nazifascsti invece volevano continuare a suonare e così hanno fucilato 335 antifascisti. Da quel 25 Aprile la musica è cambiata, ma Chat-ILR ha sempre vive quelle serenate”.
Allarme pensioni anche in Spagna mentre in Francia è rivolta aperta
Piero Orteca su Remocontro

Pandemia finanziaria da ‘virus pensionistico’, dalla Francia ora alla Spagna dilaga a macchia d’olio in tutta l’Europa.
Anche in Spagna il sistema pensionistico è allo scasso e della Francia sappiamo tutti e ancora molto ne vedremo. L’anno scorso il Regno Unito, che ha visto i suoi Fondi-pensione danzare pericolosamente sull’orlo di un vulcano, ha dovuto cacciare in tutta fretta l’improvvida premier Liz Trus.
Deficit dei bilanci previdenziali
Deficit dei bilanci previdenziali stringe i governi alla gola. E non ci sono più soldi che bastino, per tenere in piedi sistemi concepiti in altre situazioni economiche e di vita. Sistemi che ora rischiano di crollare di schianto, sotto la spinta di prestazioni diventate insostenibili. Ha cominciato l’anno scorso il Regno Unito, che ha visto i suoi Fondi-pensione danzare pericolosamente sull’orlo di un vulcano. Il terremoto finanziario è costato la poltrona alla premier, Liz Truss, e al suo Cancelliere dello Scacchiere, Kwasi Kwarteng. E le turbolenze non sono finite, perché, proprio ieri, la Banca d’Inghilterra ha chiesto ai Fondi ‘di raddoppiare le riserve di liquidità’, temendo altri rovinosi scompensi nel settore pensionistico.
Macron e la riforma col trucco
Un paio di settimane fa, invece, è toccato (e ancora tocca) a Macron, vedere la Francia messa a ferro e fuoco, per una riforma previdenziale fatta ‘col trucco’, per decreto e con una fiducia ottenuta in maniera risicata. Macron ha deciso di alzare di due anni (da 62 a 64) l’età per potere andare in quiescenza, scatenando la furia popolare. Che sta scuotendo l’Esagono dalle fondamenta e fa presagire scenari da conflitto sociale sessantottino. Adesso, però, è il turno della Spagna a dovere affrontare lo spinosissimo tema, che sembra più complesso di un ‘cubo di Rubik’.
Spagna, riforma della riforma
Domani, in Parlamento, arriva il decreto sulla ‘riforma della riforma’. Visto che l’impianto legislativo del 2013, sta sbarellando tutti i conti dello Stato, il premier socialista Pedro Sanchez e il suo Ministro, Josè Luis Escrivà cercano la soluzione garantendo che i diritti acquisiti non si toccano. Quindi, chi paga? Aumenterà progressivamente la quota contributiva di chi comincia a lavorare ora, mentre i dipendenti più anziani dovrebbero passarla abbastanza liscia. Secondo El Pais, la coalizione di centro-sinistra può contare su almeno 180 voti, sufficienti a battere l’opposizione dei Popolari, di Vox e di Ciudadanos. Il problema, però, è il ‘dopo’.
Ma dopo? Ancora la politica
Con una disoccupazione e un’inflazione che si mantengono alte e la rapida perdita del potere d’acquisto dei salari, la scelta di penalizzare proprio i giovani potrebbe essere pagata rovinosamente in termini di consensi. Su questo puntano le destre, quando accusano Sanchez di chiudere gli occhi davanti al macigno della previdenza e di scaricare, molto semplicemente, il problema sulle spalle delle future generazioni. La questione, comunque e a scanso di equivoci, interessa tutta l’Europa e, prima o dopo, dovrà essere radicalmente affrontata da ogni Paese.
Previdenza e welfare
I sistemi previdenziali e, più in generale, i vari settori del welfare, sono stati concepiti in altre epoche. Quando c’erano disponibilità di bilancio più ampie e nel momento in cui le aspettative di vita erano più basse. Oggi si vive di più e si continua a percepire la pensione fino a tarda età, mentre la ciclicità delle crisi finanziarie, alterando il rapporto tra domanda e offerta, deprime le economie. E meno occupati vuol dire meno contributi, per mantenere la platea, sempre più larga, dei pensionati.
Equità tra generazioni
In fondo, per tornare al dilemma che sta alla base di un corretto sviluppo di un moderno sistema previdenziale, si tratta di bilanciare dignitosamente le pensioni per i lavoratori che si sono già ritirati, garantire una sorta di equità intergenerazionale e preoccuparsi, costantemente, della sostenibilità finanziaria. Ogni Paese, poi, si orienta lungo il sentiero economicamente (e politicamente) più congeniale. Considerando queste premesse, però, bisogna dire che la strada scelta dalla Spagna è piena di fossi.
Spagna ultra generosa
Non c’è un settore privato integrativo, gli importi sono ultragenerosi (l’80 per cento dell’ultimo stipendio) e il debito pubblico viaggia intorno al 120 per cento del Pil. Inoltre, la Commissione di Bruxelles si deve ancora ufficialmente esprimere sul nuovo decreto, mentre l’Agenzia spagnola di sorveglianza fiscale (Airef) ha già detto che la ‘reforma milagrosa’ scasserà i conti.
Speriamo solo che vada un po’ meglio a noi, quando (presto) toccherà anche all’Italia mettere mano a questo dente cariato.
- Sulla valutazione dei magistratiSi vuole introdurre la valutazione della Magistratura? Bene, allora li si faccia anche per gli altri poteri dello Stato. Per il Parlamento vedrei bene l’adozione del ‘’criterio di laboriosità’’: un quinto degli onorevoli e senatori più assenteisti nel biennio vengono sostituiti con elezioni suppletive programmate.
- ‘Peggio del presente, a Gaza, c’è solo il futuro’: Eric SalernoAltri ostaggi sono tornati a casa, tutti sembra, in relativamente buone condizioni di salute anche se traumatizzati dal rapimento e dalla prigionia nelle mani degli uomini di Hamas. In Israele manifestazioni di giusta felicità miste a paura per quello che è accaduto il 7 ottobre e per quello che potrebbe ancora succedere. Centinaia di video passano di mano in mano. In Israele e fuori.
- La differenzaÈ infatti enorme la differenza tra la guerra e la pace. E la tragedia è proprio questa, che la guerra si concede una pausa per riprendere ancora più incondizionata di prima. E ciò perché questa non è neanche degna di essere chiamata guerra, perché le guerre si fanno per ottenere qualcosa, che è la posta in gioco della guerra. Invece questa è una guerra che ha per fine la negazione reciproca dell’esistenza dell’altro. E attraverso un rovesciamento di ciò, nella costruzione di una umana convivenza tra i membri del popolo palestinese e i cittadini ebrei dello Stato di Israele, che può istituirsi, non una tregua, ma la pace
- ScendereMi tocca difendere il Ministro Lollobrigida, perché la sua richiesta di fermata del treno in ritardo, per proseguire in auto, era motivata da un interesse pubblico istituzionale, prevalente su quello privato degli altri passeggeri. Ovvero la sua presenza come Ministro – cioè a nome dello Stato – a Caivano, per inaugurare un parco ad alto valore simbolico, come riscatto di un territorio abbandonato al degrado e alla criminalità. (Marnetto)
- La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con IsraeleLa feroce rappresaglia di Israele nella striscia di Gaza, accompagnata da un’ aggressiva reazione dei coloni nella Giordania occupata, rischia ora di compromettere, a vantaggio di Hamas, anche il fragile compromesso con i paesi arabi moderati, avviato col “patto di Abramo” e la compiaciuta assistenza degli Stati uniti. La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con Israele.I Paesi arabi moderati, gli alleati di sempre, il lato debole della geopolitica americana prigioniera di Netanyahu in Medio Oriente. Prima tra tutti la Giordania. Re Abdullah II di fronte alla devastante reazione israeliana ai massacri di Hamas, sta per rivedere la trentennale ‘pacificazione’ con Tel Aviv, ma anche le relazioni privilegiate con Washington