Reader’s 1-2 ottobre 2022. Rassegna web

“A prescindere”, diceva Totò. Che le annessioni ad uno Stato avversario vengano considerate “farsa” non sorprende nessuno, che queste siano credibili o meno. Vale per i referendum della Russia nel Donbass come per i plebisciti che consacrarono l’adesione delle regioni italiane, a cominciare da quelle borboniche, al Regno di Sardegna. Oggi, però, chiedere un controllo internazionale è sempre possibile.

Ma davvero qualcuno pensa, non solo negli Stati uniti, ma soprattutto in Europa dove più si pagano le conseguenze di questa guerra per procura, che dopo un relativo successo della controffensiva ucraina il governo russo avrebbe detto: “ci ritiriamo, scusate il disturbo, non avevamo previsto che l’invio delle armi occidentali avrebbe fatto la differenza”? Come riferisce oggi Ennio Remondino sul suo Remocontro: “Kiev rispetti la volontà popolare, cessi il fuoco e torni al tavolo del negoziato, noi siamo prontiha invece dichiarato Putin al termine della cerimonia di annessione. Ma “con Putin Presidente negoziato impossibile”, ha risposto 18 ore fa Zelensky.

Del resto, questo era stato detto anche in Occidente al momento di decidere sugli aiuti militari all’Ucraina: l’obiettivo di questi ultimi doveva essere quello di mettere Zelensky in grado di negoziare da posizione di parità, dando per scontata l’improbabilità di una completa marcia indietro dall’invasione. Che cosa si aspetta allora in Europa per avviare un tentativo serio di mediazione che metta alla prova Putin e il mondo al riparo da una probabile escalation nucleare?(nandocan)

La nuova ‘cortina di acciaio’ tra Russia e Occidente oltre il Donbass

di Ennio Remondino

Al Cremlino la cerimonia di annessione dei territori del Donbass alla Federazione russa. La politica come recita dopo una consultazione definita «farsa» da tutti i Paesi occidentali svolta sotto il rigido controllo delle truppe di occupazione. Ma c’è ben altro attorno e dietro.

Putin con i governatori del neo Donbass russo

Tra l’apparire e l’essere

«Non vogliamo un ritorno all’Urss» promette Putin ma in molti invece lo vorrebbero. «Kiev rispetti la volontà popolare, cessi il fuoco e torni al tavolo del negoziato, noi siamo pronti» ha scandito in finale di celebrazione. Una volontà di attenuare il conflitto che per Mosca, sul piano militare è a rischio disastro?

L’Occidente nemico

Il capo del Cremlino si è poi rivolto all’Occidente: «Ha cercato e sta cercando una nuova occasione per indebolire e distruggere la Russia, sono ossessionati dall’esistenza di un Paese così grande che ha riconquistato il suo posto nel mondo dopo i tragici anni ‘90, quando nel Paese la gente moriva di fame».

L’espansionismo della Nato

Quello dell’Occidente secondo Putin «è un delirio, un inganno vero e proprio; le promesse di non espansione della Nato erano menzogne. Con queste regole false la Russia non ha intenzione di vivere. Ci vogliono ridurre a una colonia: non ci parlino di democrazia». E infine la frase definitiva: «La fine dell’egemonia occidentale è irreversibile».

Arma nucleare e ‘sabotatori anglosassoni’

Sulla possibilità di fare ricorso alla arma nucleare, il presidente russo ha ricordato che «sono stati gli Usa a sganciarla, per due volte, in Giappone: loro hanno creato il precedente». E poi un accenno alle falle che hanno colpito il gasdotto Nord Stream: «È chiaro a tutti a chi conviene il sabotaggio», e poi un’accusa più precisa con promessa di riscontri: «Gli anglosassoni dietro le esplosioni» con Londra nel mirino.

Carta di Laura Canali

La guerra del Baltico

«Il sabotaggio dei gasdotti Nord Stream 1 e 2 nei pressi dell’isola di Bornholm (Danimarca), di cui è ancora ignoto il responsabile, è solo l’ultimo esempio di violento disaccoppiamento delle sfere di influenza nello spazio terracqueo tra Artico e Baltico», sottolinea Limes.

Geopolitica

Norvegia, Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia [sulla carta di Laura Canali arancione] sono i paesi della Nato − o in procinto di farne parte – a condividere i confini con la Federazione Russa [viola]. Dunque a temere azioni militari dirette o non lineari (ibride) sul proprio territorio. Le tre piccole repubbliche baltiche (Estonia, Lettonia, Lituania) temono più di altri l’assertività di Mosca, pur ospitando rispettivamente a Tapa, Ādaži e Rukla basi di pertinenza Nato [stelle azzurre].

Accoglienza sì, ma non troppo

Si sono affrettate a bloccare le frontiere per impedire l’afflusso di migliaia di cittadini russi in fuga dalla mobilitazione decisa dal presidente Putin, sebbene in possesso di visti validi in tutto lo spazio Schengen. Il timore di Tallinn e Riga è che l’accoglienza di disertori russi possa rivoluzionare i rapporti demografici e interetnici interni con rischi per la sicurezza. Un quarto della popolazione di Estonia e Lettonia è infatti di origini russe.

Finlandia nella Nato e altre minacce alla Russia

«L’ingresso della Finlandia nella Nato – non ancora formalizzato – angustia parecchio la Federazione Russa», sottolinea Mirko Mussetti. Il confine tra i due paesi costituisce il tratto terrestre più lungo della cortina di acciaio, ora potenzialmente militarizzabile dagli Stati Uniti. Il superamento finlandese dello status di paese neutrale impensierisce Mosca anche per l’isolamento della penisola di Kola, dove sorge la più grande città del mondo a nord del Circolo polare artico: Murmansk. Il capoluogo affacciato sul Mare di Barents ospita installazioni di sottomarini nucleari, ordigni atomici e basi navali/aeree da cui partono incursioni per testare le difese dell’Alleanza Atlantica.

Le isole norvegesi Svalbard

«Le Isole Svalbard, appartenenti alla Norvegia, giocano un ruolo fondamentale nel contenimento della proiezione artica della Russia. Mentre le isole Bornholm (Danimarca), Öland e Gotland (Svezia) costituiscono la “collana di perle” baltica [rosso] per strangolare l’exclave russa di Kaliningrad, incastonata tra Polonia e Lituania. Anche in quest’area sono frequenti le incursioni aeronavali russe [frecce nere]».

Polonia eterna nemica russa 

La Polonia bastione nordico dell’Alleanza Atlantica e principale alleato degli Stati Uniti nel fronte antirusso. Varsavia ha un peso notevole nella contesa tra Washington e Mosca anche per il ruolo che può avere nel controllo della Bielorussia e dell’Ucraina, attualmente contese in maniera diversa [linee oblique giallo-verdi].

Il grande paese baltico ospita numerose basi militari a uso degli Stati Uniti. Tra queste spicca Redzikowo, sede dello scudo missilistico della Nato Aegis Ashore.


L’inflazione al 10,9% mette in ginocchio la Germania. Popolazioni in piazza in Francia e a Praga

Piero Orteca su Remocontro

A Berlino l’aumento dei prezzi ha toccato il 10,9%, un livello che non si conosceva da settant’anni. Eurozona verso il 9,7. 2023 con la Germania in recessione, e il resto d’Europa?
A Praga, nella piazza San Venceslao della rivolta storica, 100mila persone a protestare per la crisi che sta colpendo duramente le condizioni di vita.
Manifestazioni anche in Germania, Mecklenburg e Pomerania, nelle quali si chiedeva l’apertura del gasdotto Nord Stream 2 ora fatto saltare.
New York Times: «Le proteste di Praga segnalano un inverno travagliato in vista per l’Europa».

Francia e Germania ancora bastioni d’Europa?

Se anche i Paesi che storicamente sono sempre stati i bastioni dell’Unione Europea vanno alla deriva, allora il futuro è proprio cupo. Ieri le piazze di decine di città francesi ribollivano. Centinaia di migliaia di persone hanno protestato contro il governo della signora Bonne e del Presidente Macron, incapace di arginare il caro-vita. Nel mirino dei manifestanti anche la severa riforma pensionistica messa in cantiere contro i lavoratori transalpini. Ma la notizia più impressionante, arrivata ieri, ha riguardato la Germania. Il dato sull’inflazione tedesca è stato, per i mercati, un colpo di cannone alla tempia.

Inflazione tedesca da paura

Dunque, a Berlino l’aumento dei prezzi ha toccato il 10,9%, un livello che non si conosceva da settant’anni. In un mese è aumentato di un’enormità, di circa 2,1% e testimonia l’incapacità del governo di gestire la crisi. Non solo, per colpa della Germania l’inflazione ‘armonizzata’ dell’Eurozona oggi potrebbe arrivare al 9,7%, costringendo la Banca centrale europea a politiche di stretta monetaria più aggressive. Questo nuocerebbe a Paesi, come l’Italia, che hanno grandi debiti pubblici e necessità di spingere sull’acceleratore della crescita.

Scholz anti solidale a rischio suicidio

Invece, il cancelliere Scholz sta attuando una politica finanziaria che è tutto il contrario di quello che richiederebbe un elementare principio di solidarietà europea. Se Trump diceva “America first”, Scholz ribadisce “la Germania prima di tutto”. Non c’è grande differenza. Solo che, nonostante i suoi tentativi, sta distruggendo lo stesso l’industria tedesca. Ora, per mettere una pezza ha varato un fondo per un “tetto al prezzo dell’energia”. Costo 200 miliardi, a debito naturalmente.

Germania presto in recessione

Il Financial Times scrive che i prezzi dell’energia, su anno, sono aumentati del 44% (35,6% solo ad agosto) e quelli dei generi alimentari quasi del 20%. Le previsioni economiche degli istituti specializzati sembrano una lotteria. L’anno prossimo in Germania sarà recessione. Nel migliore dei casi, intorno allo 0,5% e nel peggiore, fino a un catastrofico meno 7% del Pil. Torsten Schmidt (Leibnitz Institute) dice che l’unica cosa da fare è incrociare le dita: perché se avremo un inverno freddo e mancherà il gas le imprese dovranno chiudere a raffica.

Praga di nuovo in piazza San Venceslao

Intanto, anche Praga torna a essere una città in rivolta. Niente a che vedere col 1968, per carità, ma il fatto che piazza San Venceslao sia tornata a stiparsi di manifestanti fa una certa impressione. Tanto che, dall’altro lato dell’Atlantico, persino il New York Times si è immediatamente interessato alla massiccia protesta sociale. “Le proteste di Praga segnalano un inverno travagliato in vista per l’Europa”, è il titolo del quotidiano americano, che poi dice come decine di migliaia di persone (secondo alcune stime 100 mila) siano scese in strada a protestare, spinte dalla crisi energetica e dall’aumento dei prezzi “che sta colpendo i Paesi di tutto il Vecchio continente”.

Contagi da protesta

Il NYT, ecco spiegata la preoccupazione, prevede che la situazione sociale, che ha indotto i manifestanti a chiedere le immediate dimissioni del governo, possa degenerare anche in altri Stati. Nei cortei si sono issate bandiere ceche e gridati slogan come “vergogna, vergogna” oppure “prima la Repubblica Ceca”. Il problema è che la folla inferocita non si muove secondo un percorso “ideologico”, ma raccoglie una massa poderosa e critica di “antisistema” trasversali. Nel fiume della protesta, nota il New York Times, c’erano gruppi di estrema destra, guidati dal populista Ladislav Vrabel, esponenti del Partito comunista, cellule di arrabbiati antieuropeisti e una miscellanea di “antagoniti”, tra i quali anche molti “no-vax”.

Antagonisti di mestiere ma non soltanto

Attenzione, però. La maggioranza era composta da gente comune, famiglie che, semplicemente, data la gravità della situazione economica, non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese. La Repubblica Ceca ha avuto un crollo verticale negli standard di vita. Gli anni della pandemia sono stati durissimi e poi l’invasione russa dell’Ucraina è stata la botta finale. Ma nonostante ciò, il governo di Praga pensava di avere il controllo della situazione. E si sbagliava. Come ha ammesso Thomas Pojar, consigliere del premier Petr Fiala, la prima manifestazione di protesta, che avrebbe dovuto svolgersi a Praga, era stata sottovalutata dalle autorità centrali. Pensavano di vedere solo 500 persone e se ne sono ritrovate invece davanti oltre 70 mila. Adesso il numero è cresciuto e pure i problemi, mentre le risorse per risolverli non si trovano.

Contro le sanzioni alla Russia

Spesso al centro delle rivendicazioni c’è la storia delle sanzioni alla Russia, che cominciano ad essere mal digerite. Nelle ultime settimane, si erano svolte manifestazioni di piazza anche in Germania, specie in Mecklenburg e in Pomerania, nelle quali si chiedeva l’apertura del gasdotto Nord Stream 2. Poi misteriosamente sabotato. La verità, comunque, è che non si protesta per convinzioni ideologiche, ma più prosaicamente per “fame” o, meglio, per disagio sociale. “Secondo alcuni analisti – scrive il NYT – i prezzi commerciali dell’elettricità, nella Repubblica Ceca, sono più che raddoppiati rispetto allo scorso anno. Circa il 10-15% delle famiglie è stato colpito duramente, dice una ricerca dell’Istituto Stem di Praga, che consiglia il governo. Anche la classe media sta iniziando a sentirsi in difficoltà, con il suo reddito disponibile in calo del 50% rispetto allo scorso anno”.

Rischio collasso del ‘Sistema Paese’

Non c’è bisogno di ricordare che l’alto costo dell’energia finisce, poi, per trasmettersi, attraverso la catena produttiva, sui costi finali dei beni realizzati. Inoltre rende molto più difficile il controllo dell’inflazione, che viaggia intorno al 17,2%. Prezzi altissimi, ma economia quasi incartapecorita, dato che il Pil alla fine dell’anno dovrebbe salire di un modesto 2% e la disoccupazione restare bassissima (2,2%), segnale di un mercato del lavoro collassato e di un sistema-paese sull’orlo della recessione.


Col mandato ”ripetibile”

DARIO FRANCESCHINI MINISTRO BENI CULTURALI

di Luciano Pienza (da Facebook)

A mio modo di vedere, in un tempo veloce come il nostro, non hanno più senso le lunghissime carriere da parlamentare. Quella è roba che andava bene quando le radio funzionavano a valvole e i bambini eravamo noi.

Per esempio, Fassino e Franceschini

Prendiamo i principali esponenti del centrosinistra. Ne porto a esempio due: se non erro, Piero Fassino è stato eletto in Veneto per la settima legislatura (chissà se a Torino si sarebbe garantito il seggio?) mentre Dario Franceschini è stato eletto a Napoli, lontano dalla sua Ferrara, per la sesta legislatura.
Al di là delle qualità individuali e al di là di tutto, si tratta di persone che hanno trascorso tanti e tanti anni in una dimensione di enorme privilegio. Persone che, nel tempo, hanno guardato la realtà sociale da una distanza sempre più siderale.

Nessun big all’uninominale

Quanto sono rappresentativi oggi questi politici di lungo corso? Quanta parte della società sceglie effettivamente di rinnovare il loro mandato nelle principali assemblee rappresentative? A queste domande non vi è risposta già che nessuno dei principali esponenti del centrosinistra si è misurato all’uninominale.

Ecco, lontano da ogni sirena demagogica, io credo che anche questo sia un elemento sul quale si dovrebbe ragionare per ricostituire su basi rinnovate. (da Facebook))


La diversità dei caratteri rende impossibile il rapporto tra due persone?

di Giovanni Lamagna

Alla mia veneranda età sento di poter dire, con giustificata presunzione, che, quando il rapporto tra due persone non va bene o addirittura si rompe, ciò non è dovuto alla diversità dei loro caratteri. La diversità dei caratteri non è mai il vero problema nei rapporti. Anzi essa – in genere, quasi sempre – costituisce una fonte di ricchezza dei rapporti. Nella diversità le persone si arricchiscono, completano: l’una dona all’altra quello che le manca e viceversa.

Interessi, valori e stili di vita

Il vero problema nei rapporti è dato piuttosto dalla differenza di interessi e, soprattutto, di valori, di stili di vita. Tanto è vero che ci sono persone che hanno caratteri molto simili, ma che non vanno per niente d’accordo, perché troppo diversi sono i loro valori, i loro interessi e, per conseguenza, i loro stili di vita.

Mentre ci sono persone che hanno caratteri molto diversi (una più estroversa, l’altra più introversa, una più attiva e dinamica, l’altra più riflessiva e flemmatica, una più istintiva e impulsiva, l’altra più meditativa e contemplativa…), ma che vanno perfettamente d’accordo perché hanno un sistema di valori di riferimento che le fa tranquillamente camminare insieme, sulla stessa strada, sia pure con modalità e ritmi diversi.


  • Migranti: dall’emergenza alla gestione
    ”Vuoi venire in Europa senza venderti tutto per pagare i trafficanti e rischiare la vita? C’è un modo legale per farlo: formazione europea gratuita in patria, esperienze stagionali in un paese UE, trasformazione dei soggiorni temporanei in permanenti. Contatta l’Agenzia Europea per l’Ingresso Legale.”
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    Considero Napolitano un mediocre uomo politico. Sdogana l’arroganza a sinistra (poi seguito da D’Alema). Inizia a cercare i voti a destra (poi seguito da Renzi). Forza il concetto di surroga ”tecnica” della politica con Monti (poi seguito da Mattarella con Draghi).
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    Piero Orteca su Remocontro Un rincitrullito o un bandito, ovviamente ipotetici? ‘Blacks for Trump’, sbandierano i neri che sostengono Trump. E siccome le cattive notizie non arrivano mai da sole, nel mazzo dei più sorprendenti sostenitori del noto suprematista bianco, anche gli ispanici tra i possibili/probabili nuovi elettori che stanno gonfiando, a dismisura i sondaggi … Leggi tutto
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