di Massimo Marnetto
Aspetto un amico vicino a Campo de’ Fiori. C’è un anziano negoziante fuori dal suo negozio, con sull’insegna un cognome ebraico. Attacco bottone e gli chiedo che aria tira nella comunità romana sul conflitto. ”Siamo tutti in lutto per la guerra e preoccupati per gli ostaggi. In più, si è alzato un antisemitismo da tempi bui”. Ma torto e ragione sono divisi o mischiati? ”Lo stato di Israele è come un bambino picchiato da piccolo, che si è dovuto adeguare alla legge del più forte contro chi voleva farlo sparire. Ma ha sbagliato meno dei palestinesi, che hanno rifiutato occasioni d’oro per avere uno stato e vivere in pace”. E i coloni che rubano la terra con la forza? Sospira come si fa davanti a una balla, Poi fa una ricostruzione storica molto di parte per dimostrare che i coloni non rubano, ma ”contendono” terra in una sezione della Cisgiordania non assegnata a uno dei due stati.
Continua la sua spiegazione condannando hamas (e gli dico che qui concordo) e i terroristi ”che voi avete finanziato da anni”. Voi chi? lo interrompo. ”L’Italia, che da decenni invia fondi ai palestinesi, senza controllare se vengono usati veramente per spese sociali o vanno per armamenti o ai capi corrotti”. Ma lei si sente più italiano o israeliano? Si rattrista ma non rompe la cordialità del dialogo:”Io sono e mi sento italianissimo e romanissimo (5 generazioni!); ma noi ebrei abbiamo una patria civile e una spirituale, Israele. E vogliamo solo vivere in pace”. Arriva il mio amico, ci salutiamo stringendoci la mano con l’energia e il sorriso scaldati dall’ascolto reciproco. Parlarsi fa bene. Comunque.
- Sulla valutazione dei magistratiSi vuole introdurre la valutazione della Magistratura? Bene, allora li si faccia anche per gli altri poteri dello Stato. Per il Parlamento vedrei bene l’adozione del ‘’criterio di laboriosità’’: un quinto degli onorevoli e senatori più assenteisti nel biennio vengono sostituiti con elezioni suppletive programmate.
- ‘Peggio del presente, a Gaza, c’è solo il futuro’: Eric SalernoAltri ostaggi sono tornati a casa, tutti sembra, in relativamente buone condizioni di salute anche se traumatizzati dal rapimento e dalla prigionia nelle mani degli uomini di Hamas. In Israele manifestazioni di giusta felicità miste a paura per quello che è accaduto il 7 ottobre e per quello che potrebbe ancora succedere. Centinaia di video passano di mano in mano. In Israele e fuori.
- La differenzaÈ infatti enorme la differenza tra la guerra e la pace. E la tragedia è proprio questa, che la guerra si concede una pausa per riprendere ancora più incondizionata di prima. E ciò perché questa non è neanche degna di essere chiamata guerra, perché le guerre si fanno per ottenere qualcosa, che è la posta in gioco della guerra. Invece questa è una guerra che ha per fine la negazione reciproca dell’esistenza dell’altro. E attraverso un rovesciamento di ciò, nella costruzione di una umana convivenza tra i membri del popolo palestinese e i cittadini ebrei dello Stato di Israele, che può istituirsi, non una tregua, ma la pace
- ScendereMi tocca difendere il Ministro Lollobrigida, perché la sua richiesta di fermata del treno in ritardo, per proseguire in auto, era motivata da un interesse pubblico istituzionale, prevalente su quello privato degli altri passeggeri. Ovvero la sua presenza come Ministro – cioè a nome dello Stato – a Caivano, per inaugurare un parco ad alto valore simbolico, come riscatto di un territorio abbandonato al degrado e alla criminalità. (Marnetto)
- La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con IsraeleLa feroce rappresaglia di Israele nella striscia di Gaza, accompagnata da un’ aggressiva reazione dei coloni nella Giordania occupata, rischia ora di compromettere, a vantaggio di Hamas, anche il fragile compromesso con i paesi arabi moderati, avviato col “patto di Abramo” e la compiaciuta assistenza degli Stati uniti. La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con Israele.I Paesi arabi moderati, gli alleati di sempre, il lato debole della geopolitica americana prigioniera di Netanyahu in Medio Oriente. Prima tra tutti la Giordania. Re Abdullah II di fronte alla devastante reazione israeliana ai massacri di Hamas, sta per rivedere la trentennale ‘pacificazione’ con Tel Aviv, ma anche le relazioni privilegiate con Washington