da Remocontro
A Granada Zelensky chiede nuove forniture di armi ma l’Europa frena. E dopo il ribaltone al Congresso Usa sugli aiuti, il grande freddo contagia anche l’Italia. Controffensiva lenta, recessione e arsenali vuoti: l’appoggio italiano non è più scontato. Meloni: il nostro impegno non è illimitato. Germania rimanda l’invio di missili a Kiev, già preoccupata dai dubbi statunitensi. Mentre la destra tutta Nato, in vigilia elettorale ci ripensa

Il grande freddo sulla guerra
La Cpe, il nuovo forum europeo proposto dalla Francia per inglobare i paesi confinanti non Ue, giunta alla terza edizione (dopo Praga e Chisinau), a Granada zoppica, avverte quasi troppo buona Anna Maria Merlo sul Manifesto. l leader dell’Azerbaijan Ilhan Aliyev non è venuto ed è saltato l’incontro con l’armeno Nikol Pashinyan, e per la seconda volta, Erdogan evita di partecipare alla Cpe. Il nuovo focolaio di guerra in Nagorno-Karabakh si aggiunge all’intensificarsi dei bombardamenti in Ucraina. Volodymyr Zelensky, destabilizzato da quelle che ha definito «voci discordanti molto strane negli Usa in un periodo di elezioni difficile», è venuto a Granada per un’«assistenza militare supplementare Ue, nella difesa aerea». Ma alla fine se ne andrà a mani vuote.
La guerra russo-americana in Ucraina
Borrell, il molto discusso ‘ministro esteri Ue’, confessa: «l’Europa non può sostituire il sostegno Usa all’Ucraina». Non c’è più solo l’Ungheria a frenare: prima ancora della conferma della svolta pro-russa in Slovacchia, la Polonia oscilla a ridosso delle elezioni, altri stati esprimono dubbi per gli alti costi. OLO Macron insiste: «L’Europa non ha il diritto di essere stanca». Ma l’Italia sulla soglia della recessione e di un bilancio a perdere, stanca lo è. Incontro Meloni-Zelensky e il presidente ucraino ha poi raccontato che la discussione era sull’ottavo pacchetto di aiuti italiani. Ma alla fine non solo non ci sono state le foto ricordo e le comparsate fianco a fianco di un tempo. La premier ha anche evitato dichiarazioni fragorose o troppo impegnative, rileva Andrea Colombo.
Problemi ministeriali di armi e soldi
Il ‘pacchetto’ di aiuti italiani. Lo annuncia Tajani invece di Crosetto, che ‘prende atto’, salvo poi precisare che l’Italia ha già dato «moltissimo -e che- non esiste molto ulteriore spazio». «La richiesta di aiuti da parte ucraina è continua ma bisogna verificare ciò che noi siamo in grado di dare». Le spese militari erano già aumentate prima della guerra, con il conflitto si sono impennate, e con l’obbligo di rimpiazzare i mezzi inviati all’Ucraina cresceranno ancora. La stessa Meloni, dopo aver ribadito l’appoggio all’Ucraina, aggiunge un significativo«compatibilmente con le richieste che arrivano e con la necessità di non sguarnire la nostra sicurezza». La preoccupazione per un’opinione pubblica europea e italiana sempre meno disposte a rendersi la vita difficile per supportare Kiev c’entra di sicuro parecchio, specialmente in questa lunghissima fase pre-elettorale, sottolinea il Manifesto.
La guerra sta sfiancando l’Europa
La guerra russo americana in Ucraina all’origine delle attuali difficoltà che flagellano tutta l’Ue, Italia compresa. Il ministro dell’Economia Giorgetti lo afferma chiaramente: «Il prezzo maggiore, economicamente, lo stiamo pagando noi». «La guerra ha generato un’esplosione di costi energetici, che si è riflessa in un’inflazione trasferita poi su tutti i settori. Ciò ha generato una politica monetaria restrittiva per combattere l’inflazione, l’aumento di tassi interesse che sta generando un processo recessivo».
Quando (oltre il come) finirà
La speranza, o l’illusione, che la controffensiva ucraina potesse essere decisiva si è dimostrata illusoria. La guerra invece potrebbe rivelarsi lunga: non si tratta dunque di stringere i denti per un ultimo sforzo ma di prepararsi a una resistenza difficile e di lunga durata. «Quanto le economie europee possano reggere un altro anno o peggio di guerra è a dir poco incerto», annota ancora Colombo. Con possibili problemi politici nella maggioranza sulla guerra che finora Meloni versione ‘Americana’ aveva tenuto a bada.
Si è aperto un ciclo elettorale in cui la destra nazionalista e sovranista sente di avere forti chances solo se cavalca la frustrazione alimentata dagli effetti della guerra stessa. Ma ora i problemi maggiori arrivano proprio dal fronte Usa, come ci racconterà tra poco Piero Orteca.
- Sulla valutazione dei magistratiSi vuole introdurre la valutazione della Magistratura? Bene, allora li si faccia anche per gli altri poteri dello Stato. Per il Parlamento vedrei bene l’adozione del ‘’criterio di laboriosità’’: un quinto degli onorevoli e senatori più assenteisti nel biennio vengono sostituiti con elezioni suppletive programmate.
- ‘Peggio del presente, a Gaza, c’è solo il futuro’: Eric SalernoAltri ostaggi sono tornati a casa, tutti sembra, in relativamente buone condizioni di salute anche se traumatizzati dal rapimento e dalla prigionia nelle mani degli uomini di Hamas. In Israele manifestazioni di giusta felicità miste a paura per quello che è accaduto il 7 ottobre e per quello che potrebbe ancora succedere. Centinaia di video passano di mano in mano. In Israele e fuori.
- La differenzaÈ infatti enorme la differenza tra la guerra e la pace. E la tragedia è proprio questa, che la guerra si concede una pausa per riprendere ancora più incondizionata di prima. E ciò perché questa non è neanche degna di essere chiamata guerra, perché le guerre si fanno per ottenere qualcosa, che è la posta in gioco della guerra. Invece questa è una guerra che ha per fine la negazione reciproca dell’esistenza dell’altro. E attraverso un rovesciamento di ciò, nella costruzione di una umana convivenza tra i membri del popolo palestinese e i cittadini ebrei dello Stato di Israele, che può istituirsi, non una tregua, ma la pace
- ScendereMi tocca difendere il Ministro Lollobrigida, perché la sua richiesta di fermata del treno in ritardo, per proseguire in auto, era motivata da un interesse pubblico istituzionale, prevalente su quello privato degli altri passeggeri. Ovvero la sua presenza come Ministro – cioè a nome dello Stato – a Caivano, per inaugurare un parco ad alto valore simbolico, come riscatto di un territorio abbandonato al degrado e alla criminalità. (Marnetto)
- La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con IsraeleLa feroce rappresaglia di Israele nella striscia di Gaza, accompagnata da un’ aggressiva reazione dei coloni nella Giordania occupata, rischia ora di compromettere, a vantaggio di Hamas, anche il fragile compromesso con i paesi arabi moderati, avviato col “patto di Abramo” e la compiaciuta assistenza degli Stati uniti. La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con Israele.I Paesi arabi moderati, gli alleati di sempre, il lato debole della geopolitica americana prigioniera di Netanyahu in Medio Oriente. Prima tra tutti la Giordania. Re Abdullah II di fronte alla devastante reazione israeliana ai massacri di Hamas, sta per rivedere la trentennale ‘pacificazione’ con Tel Aviv, ma anche le relazioni privilegiate con Washington