Israele nella UE?

Personalmente non sarei d’accordo, vorrebbe dire accentuare – come se non fosse già abbastanza – la distanza dell’Europa dal resto del mondo. Allora meglio l’idea di Giorgio La Pira – ne sono testimone diretto – che voleva andare oltre. Proponeva un invito dell’Europa ad ambedue le parti, Israele e il futuro Stato Palestinese, ad entrare nell’Unione. Oggi, però, come gli amici di Marnetto penso che Israele non accetterebbe mai, almeno finché continuerà a pensarsi, anche tra quelli del Medio Oriente, il “popolo eletto”. (nandocan)

di Massimo Marnetto

Lo so che è un sogno, ma voglio dirlo lo stesso: vorrei che l’Europa offrisse a Israele di entrare nella UE, in cambio di una pace immediata e del riconoscimento dello Stato di Palestina. Così, l’unico paese democratico dell’area avrebbe finalmente la sensazione di essere inserito in un contesto affine per cultura.

Il processo di ingresso sarebbe cadenzato da fasi, nelle quali verrebbe chiesto a Tel Aviv di alzare i suoi standard di uguaglianza nei confronti delle minoranze; avviare un processo di giustizia riparativa per condonare gli insediamenti illegali in Cisgiordania con risarcimenti in infrastrutture a favore dei palestinesi; di procedere alla laicità dello Stato.

Una pazzia? Forse, ma la UE deve osare e inventare nuove soluzioni per risolvere questa crisi. Che la riguarda più di quanto un mar Mediterraneo possa farla ritenere a distanza di sicurezza da questo conflitto. Israele non accetterebbe mai, mi dicono amici che stimo, ma io non lo credo. Bisognerebbe concordare bene il percorso e le clausole, ma io penso che i primi a sentirsi europei siano proprio gli israeliani.


  • Sulla valutazione dei magistrati
    Si vuole introdurre la valutazione della Magistratura? Bene, allora li si faccia anche per gli altri poteri dello Stato. Per il Parlamento vedrei bene l’adozione del ‘’criterio di laboriosità’’: un quinto degli onorevoli e senatori più assenteisti nel biennio vengono sostituiti con elezioni suppletive programmate.
  • ‘Peggio del presente, a Gaza, c’è solo il futuro’: Eric Salerno
    Altri ostaggi sono tornati a casa, tutti sembra, in relativamente buone condizioni di salute anche se traumatizzati dal rapimento e dalla prigionia nelle mani degli uomini di Hamas. In Israele manifestazioni di giusta felicità miste a paura per quello che è accaduto il 7 ottobre e per quello che potrebbe ancora succedere. Centinaia di video passano di mano in mano. In Israele e fuori.
  • La differenza
    È infatti enorme la differenza tra la guerra e la pace. E la tragedia è proprio questa, che la guerra si concede una pausa per riprendere ancora più incondizionata di prima. E ciò perché questa non è neanche degna di essere chiamata guerra, perché le guerre si fanno per ottenere qualcosa, che è la posta in gioco della guerra. Invece questa è una guerra che ha per fine la negazione reciproca dell’esistenza dell’altro. E attraverso un rovesciamento di ciò, nella costruzione di una umana convivenza tra i membri del popolo palestinese e i cittadini ebrei dello Stato di Israele, che può istituirsi, non una tregua, ma la pace
  • Scendere
    Mi tocca difendere il Ministro Lollobrigida, perché la sua richiesta di fermata del treno in ritardo, per proseguire in auto, era motivata da un interesse pubblico istituzionale, prevalente su quello privato degli altri passeggeri. Ovvero la sua presenza come Ministro – cioè a nome dello Stato – a Caivano, per inaugurare un parco ad alto valore simbolico, come riscatto di un territorio abbandonato al degrado e alla criminalità. (Marnetto)
  • La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con Israele
    La feroce rappresaglia di Israele nella striscia di Gaza, accompagnata da un’ aggressiva reazione dei coloni nella Giordania occupata, rischia ora di compromettere, a vantaggio di Hamas, anche il fragile compromesso con i paesi arabi moderati, avviato col “patto di Abramo” e la compiaciuta assistenza degli Stati uniti. La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con Israele.I Paesi arabi moderati, gli alleati di sempre, il lato debole della geopolitica americana prigioniera di Netanyahu in Medio Oriente. Prima tra tutti la Giordania. Re Abdullah II di fronte alla devastante reazione israeliana ai massacri di Hamas, sta per rivedere la trentennale ‘pacificazione’ con Tel Aviv, ma anche le relazioni privilegiate con Washington
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