Meditando Panikkar – 7 . “Il mistico non è insensibile al dolore umano, però è realista e non ammette la tragedia, soprattutto quella della morte...La morte è la fine temporale dell’individuo e l’immortalità è l’esperienza tempiterna di una vita che non muore – sempre che non pretendiamo di esserne i proprietari privati. L’esperienza dell’eternità in ogni momento temporale della nostra esistenza.” In queste pagine ho messo una serie di pensieri e massime che ho liberamente estratto dal libro di Raimon Panikkar “Mistica pienezza di vita”, dove per mistica si intende l’esperienza personale del mistero che avvolge tutti, credenti e non credenti.*

Far partecipare il corpo alla felicità dello spirito e associare lo spirito al piacere del corpo è un’arte mistica
Ogni uomo è potenzialmente un mistico in quanto ogni essere umano è capace di scoprire la realtà intera in ciascuna delle sue particelle. L’oggetto in quanto tale non sta in me. La sua conoscenza esige però di assimilarlo, cioè di convertirlo in soggetto e per questo bisogna anche amarlo. Un’esperienza corporale, mentale e spirituale – in unione advaita.
Nella realtà non vi è niente che prevale: non i sensi sull’uomo (materialismo), non la mente sui sensi, come voleva Platone, né la fede sull’intelletto come voleva una certa teologia medievale.
Una comunione mistica con tutta la realtà e in particolare con gli uomini, che non è comunità di idee o di ideali, ma comunione nell’esperienza della Vita. Per questo amore di Dio e amore del prossimo sono lo stesso amore.
Il fine proprio di ogni filosofo è l’intuizione “mistica” (Nietzsche).
La mistica ci dice che nella realtà c’è qualcosa che non è subordinato alla ragione e non è tenuto a rispettare il principio di non contraddizione. Un tocco (immediato) con tutta la realtà attraverso un’esperienza concreta, che può assumere varie forme.
La contemplazione del bello ci trasforma e divinizza. E’ un’esperienza mistica quando è il tocco completo con il reale. Far partecipare il corpo alla felicità dello spirito e associare lo spirito al piacere del corpo è un’arte mistica. Tuttavia chi ha più sviluppato il senso mistico gode di più, ma anche soffre di più.
Il fine proprio di ogni filosofo è l’intuizione “mistica” (Nietzsche). L’esperienza mistica abbraccia tanto la coscienza sensibile quanto quella intellettuale e spirituale in a-dualità armonica, sebbene in distinti gradi.
Chi conosce se stesso conosce tutte le cose (Meister Eckhart).
Conosci un te stesso che abbracci tutta la realtà. Chi conosce se stesso conosce tutte le cose (Meister Eckhart).
La conoscenza e l’amore sono inseparabili…La visione mistica comprende sia l’Altro (alter) sia Me Stesso, sia l’Umanità e la Terra sia il Divino. E’ l’esperienza cosmoteandrica. Il resto è riduzionismo.
Il mistico soffre per l’ingiustizia e cerca di porvi riparo…si coinvolge nelle faccende umane con serietà ma con serenità, quasi giocando; anche se il gioco è “di vita o di morte”. Il mistico scopre la relatività (la relazionalità) di tutto, è un realista, non un relativista. Il mistico non perde la pace, non spera in un’altra vita, ma spera in essa; vive, cioè, la Vita – anche se soffre di non poterla vivere in costante pienezza (mentre la temporalità lo domina).
L’esperienza dell’eternità in ogni momento temporale della nostra esistenza.
Il Buddha sorride; il taoista non accetta le regole del gioco sociale; il samnyāsin non offre il sacrificio né obbedisce alle norme della società, il santo è libero. Non possiamo negare né l’audacia né la pericolosità della via mistica. Senza purezza di cuore, insistiamo, la mistica può degenerare in anarchia – cessando quindi di essere mistica. La purezza di cuore, però, non è un “comandamento”, è una condizione. “I puri di cuore vedranno Dio”.
La religione è la coscienza di avere un legame e cioè la relazionalità del Corpo Mistico della realtà – la si chiami del Budda, di Cristo, karman o semplicemente solidarietà.
C’è un “regno”, una dimora interiore, nella quale la gioia è invincibile. Il mistico non è insensibile al dolore umano, però è realista e non ammette la tragedia, soprattutto quella della morte...La morte è la fine temporale dell’individuo e l’immortalità è l’esperienza tempiterna di una vita che non muore – sempre che non pretendiamo di esserne i proprietari privati. L’esperienza dell’eternità in ogni momento temporale della nostra esistenza.