di Antonio Cipriani, 28 agosto 2022 ( da Remocontro)
Ogni tanto scrivo dell’idea della soglia, del luogo d’incontro e di scambio tra dentro e fuori, tra mondi diversi, nel bilico di ciò che è possibile. Come attivista (ora che faccio l’oste libraio così mi sento, e a dire il vero mi sentivo così anche da giornalista…) penso che occorra sempre agire per fare del pensiero un’azione e, se possibile, aprire varchi e non chiudere, costruire ponti e non muri, realizzare spazi di dialogo e rispetto reciproco, di attenzione per l’altro, per la vita.
Insomma, parlando spesso di territorio e della comunità che lo abita, penso sia necessario sottolineare e coltivare quei valori, materiale e immateriale, che rendono fertile la cultura. Che la rendono profonda e non effimera, partecipata e non subita, agita e non mediatica. Per questo nell’odierno Polemos penso sia utile aggiungere a questi concetti l’idea necessaria dello spazio pubblico. Così, tanto per dare all’idea di comunità e di territorio una prospettiva più aperta, dialogante con la vita, orientata verso il bene comune.
In tempi di privatizzazione di luoghi, di icone, di clonazione dell’immaginario, occorre cambiare lo sguardo, è necessario ripensare le basi della democrazia. Riprendere a tessere la consapevolezza che ognuno di noi sia protagonista nella relazione con gli altri e nella realizzazione di modalità esistenziali comuni che tendano al bene e che agiscano, culturalmente, politicamente e socialmente, per realizzare uno spazio pubblico civile dove vivere.

Pensare ai luoghi dell’abitare come spazi pubblici di rispetto e cura, di etica e giustizia può essere rivoluzionario. Ma dobbiamo sottrarre la narrazione, tossica a dire il vero, dalle mani dei terribili semplificatori, delle autoproclamate élite che decennio dopo decennio mostrano come si possa distruggere la nostra società con ricette astratte per risolvere problemi complessi. Allo scopo di orientare il modo di pensare senza mai risolvere un problema reale.
Inutile fare esempi. Guardatevi intorno, fateci caso, mettete in moto il pensiero critico e gettate alle ortiche le voci flautate dei Dulcamara politici e mediatici. Finché siamo in tempo.
- Sulla valutazione dei magistratiSi vuole introdurre la valutazione della Magistratura? Bene, allora li si faccia anche per gli altri poteri dello Stato. Per il Parlamento vedrei bene l’adozione del ‘’criterio di laboriosità’’: un quinto degli onorevoli e senatori più assenteisti nel biennio vengono sostituiti con elezioni suppletive programmate.
- ‘Peggio del presente, a Gaza, c’è solo il futuro’: Eric SalernoAltri ostaggi sono tornati a casa, tutti sembra, in relativamente buone condizioni di salute anche se traumatizzati dal rapimento e dalla prigionia nelle mani degli uomini di Hamas. In Israele manifestazioni di giusta felicità miste a paura per quello che è accaduto il 7 ottobre e per quello che potrebbe ancora succedere. Centinaia di video passano di mano in mano. In Israele e fuori.
- La differenzaÈ infatti enorme la differenza tra la guerra e la pace. E la tragedia è proprio questa, che la guerra si concede una pausa per riprendere ancora più incondizionata di prima. E ciò perché questa non è neanche degna di essere chiamata guerra, perché le guerre si fanno per ottenere qualcosa, che è la posta in gioco della guerra. Invece questa è una guerra che ha per fine la negazione reciproca dell’esistenza dell’altro. E attraverso un rovesciamento di ciò, nella costruzione di una umana convivenza tra i membri del popolo palestinese e i cittadini ebrei dello Stato di Israele, che può istituirsi, non una tregua, ma la pace
- ScendereMi tocca difendere il Ministro Lollobrigida, perché la sua richiesta di fermata del treno in ritardo, per proseguire in auto, era motivata da un interesse pubblico istituzionale, prevalente su quello privato degli altri passeggeri. Ovvero la sua presenza come Ministro – cioè a nome dello Stato – a Caivano, per inaugurare un parco ad alto valore simbolico, come riscatto di un territorio abbandonato al degrado e alla criminalità. (Marnetto)
- La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con IsraeleLa feroce rappresaglia di Israele nella striscia di Gaza, accompagnata da un’ aggressiva reazione dei coloni nella Giordania occupata, rischia ora di compromettere, a vantaggio di Hamas, anche il fragile compromesso con i paesi arabi moderati, avviato col “patto di Abramo” e la compiaciuta assistenza degli Stati uniti. La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con Israele.I Paesi arabi moderati, gli alleati di sempre, il lato debole della geopolitica americana prigioniera di Netanyahu in Medio Oriente. Prima tra tutti la Giordania. Re Abdullah II di fronte alla devastante reazione israeliana ai massacri di Hamas, sta per rivedere la trentennale ‘pacificazione’ con Tel Aviv, ma anche le relazioni privilegiate con Washington