Dopo lunga malattia

L’ONU è morta, scrive oggi Massimo, il titolo al pezzo l’ho aggiunto io. La causa di morte era presente già alla sua nascita, col diritto di veto attribuito alle grandi potenze che l’hanno fondata. Raniero La Valle e tutti noi di Costituente Terra continuiamo ad essere convinti che la soluzione ci sia ma ci sarà solo il giorno in cui avverrà anche tra i popoli e gli Stati quel riconoscimento reciproco dei diritti di ognuno con l’abbandono delle logiche di dominio purtroppo ancora in vigore. Una costituzione per la Terra. Per ora mi pare che il mondo stia marciando decisamente in direzione opposta e il ruolo delle Nazioni Unite sembra ridotto a quello di un palcoscenico per il dispetto nei confronti dell’avversario.

Si legge oggi sul Manifesto che durante l’Assemblea Generale i telefonini sono stati trasformati in nuovi strumenti “diplomatici” per ignorare gli oppositori. Ieri l’ambasciatore russo si è concentrato sul suo mentre parlava Zelenskyj e l’ambasciatore ucraino ha fatto lo stesso mentre parlava il ministro degli esteri russo. Il giorno prima l’inviato russo lo aveva fatto durante il discorso di Zelensky e nella stessa circostanza il ministro degli Esteri iraniano era stato ripreso mentre guardava una partita di calcio sul telefono”. (nandocan)

di Massimo Marnetto

L’ONU è morta, ma nessuno ha il coraggio di constatarne il decesso. Le sedie vuote dell’ultima sessione danno il polso dell’irrilevanza che ormai grava sul consesso mondiale deputato a prevenire le guerre. Non ha funzionato la guida delle nazioni vincitrici del secondo conflitto mondiale. Dopo numerose manifestazioni d’impotenza, dovute per lo più dal diritto di veto dei membri permanenti, ormai si è diffusa la certezza che al Palazzo di Vetro si perda tempo. 

”Mai più guerre” fu il principio che la fece nascere dopo le macerie della seconda guerra mondiale, lo sterminio degli ebrei e la consapevolezza della distruzione atomica. Ora invece le grandi potenze si stanno stufando della pace: grandi masse votano i politici dionisiaci, che parlano di grandezza e gli arsenali tornano a riempirsi. Fermiamoci. Rilanciamo l’ONU con procedure più snelle e cessione di quote importanti di sovranità nazionali per renderla utile. La pace ha bisogno di un luogo per bilanciare le egemonie e curare le ingiustizie. Presto.


  • La differenza
    È infatti enorme la differenza tra la guerra e la pace. E la tragedia è proprio questa, che la guerra si concede una pausa per riprendere ancora più incondizionata di prima. E ciò perché questa non è neanche degna di essere chiamata guerra, perché le guerre si fanno per ottenere qualcosa, che è la posta in gioco della guerra. Invece questa è una guerra che ha per fine la negazione reciproca dell’esistenza dell’altro. E attraverso un rovesciamento di ciò, nella costruzione di una umana convivenza tra i membri del popolo palestinese e i cittadini ebrei dello Stato di Israele, che può istituirsi, non una tregua, ma la pace
  • Scendere
    Mi tocca difendere il Ministro Lollobrigida, perché la sua richiesta di fermata del treno in ritardo, per proseguire in auto, era motivata da un interesse pubblico istituzionale, prevalente su quello privato degli altri passeggeri. Ovvero la sua presenza come Ministro – cioè a nome dello Stato – a Caivano, per inaugurare un parco ad alto valore simbolico, come riscatto di un territorio abbandonato al degrado e alla criminalità. (Marnetto)
  • La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con Israele
    La feroce rappresaglia di Israele nella striscia di Gaza, accompagnata da un’ aggressiva reazione dei coloni nella Giordania occupata, rischia ora di compromettere, a vantaggio di Hamas, anche il fragile compromesso con i paesi arabi moderati, avviato col “patto di Abramo” e la compiaciuta assistenza degli Stati uniti. La Giordania ‘americana’ dice basta e potrebbe rompere con Israele.I Paesi arabi moderati, gli alleati di sempre, il lato debole della geopolitica americana prigioniera di Netanyahu in Medio Oriente. Prima tra tutti la Giordania. Re Abdullah II di fronte alla devastante reazione israeliana ai massacri di Hamas, sta per rivedere la trentennale ‘pacificazione’ con Tel Aviv, ma anche le relazioni privilegiate con Washington
  • Professione reporter dopo il 7 ottobre. I dubbi di Eric Salerno (e non soltanto)
    Come è stata l’informazione dal 7 ottobre a oggi, ossia da quando i palestinesi –‘militanti di Hamas’, ‘terroristi’, ‘nazisti’, ‘criminali di guerra’, ‘partigiani’, ‘combattenti per la libertà’ o altri termini scelti da chi giudicava e raccontava – hanno dato l’assalto a Israele? Cosa sono oggi i giornalisti o fotografi ‘embedded’? Cosa rappresentano i palestinesi arabi che lavorano per i grandi media; giovani o meno che raccontano da Gaza? E la stampa israeliana? Quella italiana?
  • Pazzo
    Guardo l’Argentina e penso all’Italia. Nella nazione del Sud America la povertà si è talmente diffusa da risucchiare nell’angoscia metà della popolazione. I poveri prima smettono di votare (astensione), dopo scelgono il ”pazzo” più distruttivo del sistema che li ha affamati.  E questo processo è più rapido se c’è l’elezione diretta del presidente (o del premier). (Marnetto)
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